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Alessandro Farnese, governatore del Belgio e III duca

A coronamento dei suoi straordinari successi militari lo zio Filippo II liberò il Castello di Piacenza dalla guarnigione spagnola

Alessandro Farnese nacque a Roma nel 1545, il giorno dopo la costituzione del ducato di Piacenza a Parma da parte del bisnonno papa Paolo III e, morendo il suo gemello Carlo (con il nome del nonno imperatore), fu destinato alla successione. Trascorse i suoi primi dieci anni a Parma, dopo la restituzione del ducato a Ottavio Farnese dopo il trattato di Gand del 1556, ed ebbe come precettori grandi esperti (i bolognesi Giovanni Aldrovandi e Francesco De Marchi, architetto militare al servizio della madre Margherita, Francesco Paciotto urbinate, al servizio del padre Ottavio), che stimolarono in lui l'interesse per l'arte militare e l'equitazione. A undici anni seguì la madre, certamente sottratto alla corte parmense come pegno della fedeltà farnesiana alla Spagna, a Bruxelles presso Filippo II e dopo la morte di Carlo V, seguì Filippo II a Valladolid, a Toledo e ad Alcala de Henares, sede dell'università, dove conobbe lo zio Don Giovanni d'Austria.

A vent'anni sposò Maria Daviz, figlia del re di Portogallo a Bruxelles, dove la madre Margherita (nata dalla figlia di un arazziere belga di Oudenarde e da Carlo V, cresciuta a Bruxelles alla corte degli Asburgo),  era stata nominata governatrice delle Fiandre dal 1555, poi si trasferì a Parma dove rimase cinque anni, per partecipare volontariamente nel 1571 alla spedizione della lega cristiana contro i turchi, raggiungendo lo zio don Giovanni a Napoli, distinguendosi poi nella furiosa battaglia per ardimento ed efficace tattica. Lo zio, nominato governatore delle Fiandre nel 1577, volle con sé come luogotenente il giovane principe di Parma e Piacenza, che subito si affermò con due vittorie strepitose a Gembloux e a Sichem; subito adottò la punizione capitale della guarnigione, ma  sua intenzione era di creare la psicologia della trattativa per il recupero alla religione cristiana delle venti province vallone e belghe, diventate protestanti come quelle del nord; egli, trilingue, conosceva bene la cultura e la popolazione fiamminga e usò la spada e la diplomazia con la stessa determinazione.  Don Giovanni d'Austria si ammalò di tifo e prima di morire elesse suo successore Alessandro (come peraltro appare nel primo dipinto della serie dei fasti in Palazzo Farnese a Piacenza), che divenne governatore nel 1578, a 33 anni.

Egli dovette comandare un esercito formato da diverse nazionalità europee e fronteggiare sia le richieste dei Valloni, che si erano arresi imponendo clausole difficili, sia l'esercito nemico, agguerrito e sostenuto da grandi capitali. Nel 1580 Filippo II, che si stava rinchiudendo nella penombra del monastero dell'Escorial e nelle sue gelosie, reincaricò la sorella Margherita non più capace di imporsi, lasciando ad Alessandro il comando militare, che con grande dignità rifiutò e che, dopo le dimissioni della madre da governatrice, ricevette il comando politico e militare. Egli rafforzò la sua armata fino all'ingaggio di 60.000 uomini, e iniziò il percorso vincente conquistando Tournai, Audenarde, Cambresis, Dunkerque, Maastrich, Bruges, Gand (la città natale di Carlo V) per arrivare nel 1585 ad Anversa, la capitale commerciale del Belgio e ultimo caposaldo sulla Schelda; celeberrima la costruzione del ponte fortificato su quel fiume per l'interruzione dei collegamenti.  A coronamento di questi straordinari successi lo zio Filippo II gli concesse l'ordine del Toson d'Oro e liberò il castello di Piacenza dalla guarnigione spagnola, essendo ormai garantita la fedeltà farnesiana; il papa gli concesse Lo stocco pontificio come Difensore della fede.

Appena dopo morirono i genitori e lo zio cardinale Alessandro e, divenuto duca, dovette subire le accuse per il folle e fallito tentativo di Filippo II di invadere l'Inghilterra con la cosiddetta Invincible Armada; essa era composta da galeoni e comandata dal più nobile di Spagna, che però non aveva mai navigato e che fu distrutta nella Manica dalle agili navi inglesi e olandesi.

Alessandro, sempre per gelosia del re e della corte di Madrid, fu distolto dal governo delle Fiandre e inviato in Francia contro Enrico IV ugonotto, che sconfisse più volte, finché, sofferente per idropisia e per i postumi di una grave ferita, morì ad Arras il 3 dicembre 1592. Il suo corpo imbalsamato attraversò l'Europa tra l'ammirazione e l'ossequio delle genti, per giungere nella steccata a Parma.

In questo contesto storico Alessandro Farnese governatore affidò a pittori fiamminghi e italiani numerosi ritratti non tanto per vanità, ma per manifestare il suo supremo ruolo di governatore, per indurre gli avversari al riconoscimento delle sue virtù e all'ossequio verso i suoi poteri; i suoi ritratti hanno quindi un prevalente significato eroico e politico, anche se il dinamico governatore-duca era insofferente alla prolungata immobilità della posa davanti al pittore. Rispetto ai tre ritratti giovanili di tre quarti paludati da giovane principe superprotetto per le aspettative di continuità dinastica (Mor, ritrattista olandese dell'imperatore e della regina d'Inghilterra nonché della madre Margherita, Coello, pittore preferito di Filippo II, la giovanissima cremonese Sofonisba Anguissola), quelli di Fiandra del valenciano Alonso Coello, il preferito di Filippo II, e di Otto e Gijsbert Vaenius, dei due Poubus, di Jean Baptiste Saive sono  sempre di tre quarti, ma con una marcata torsione del volto e con lo sguardo di forte intensità per il pathos guerriero. Il carattere somatico è ricorrente: fronte spaziosa, baffi appuntiti e barba curata, sguardo acuto, scorciato e talvolta terribile, armatura cesellata, da cui esce il colletto a lattuga conforme alla moda nobiliare spagnola, sciarpa e bastone del comando, epigrafi lapidarie di status: Principe di Parma e Piacenza, nipote di Carlo V, Governatore dei Paesi Bassi, finché diventano definitivamente Governatore del Belgio e III Duca di Parma e Piacenza. Ogni suo ritratto veniva prestamente inciso a bulino, spesso in controparte, e diffuso tra le popolazioni, per cui la sua fama era tanto estesa quanto temuta. Già dal 1581 uscirono edizioni in fiammingo e tedesco con i suoi diversi ritratti, con la narrazione delle imprese sue come Leone Belgico e con la descrizione grafica dei luoghi, delle battaglie e delle conquiste di città.

IL MONUMENTO EQUESTRE DEL MOCHI E I FASTI FARNESIANI

La mitografia di Alessandro Farnese iniziò subito, lui vivente, e continuò dagli inizi del Seicento a Roma con la statua marmorea  del Moschino e a Piacenza con il monumento equestre bronzeo di Francesco Mochi da Montevarchi, scultore pregiato rimasto a Piacenza dal 1612 al 1627 anni per compiere le fusioni nella fossa della casa di via Borghetto; lo eresse dopo la sperimentazione dello statico simmetrico monumento a Ranuccio, figlio di Alessandro e titolare del dono della Comunità di Piacenza. Il monumento ad Alessandro è un capolavoro assoluto dell'arte barocca (R. Wittkower) per la straordinaria e unica dinamicità e per la naturalezza realistica e riporta nei due bassorilievi proprio il capolavoro tecnico sulla Schelda e la trattativa con gli inglesi.

Ma la sequenza pittorica più vistosa per Alessandro fu quella dei dipinti in Palazzo Farnese a Piacenza (59 in tutto) inseriti nelle cornici a stucco al piano rialzato, esposti attualmente, eccettuati quelli inamovibili inseriti nelle pareti della Sala della Meridiana al Museo Archeologico di Napoli, qui a Piacenza ripresi in riproduzioni in bianco e nero. Alessandro segue nel tempo e precede per quantità i fasti del bisnonno Alessandro-Paolo III, effigiato a Roma nel Palazzo Farnese e nella Cancelleria, e qui a Piacenza soprattutto nell'alcova dipinta da Sebastiano Ricci.

Sui fasti farnesiani esiste una ricca bibliografia, a cui si rimanda volentieri, in cui si tratta anche delle medaglie e delle monete effigianti i Farnese e riproducenti le loro imprese letterarie, spesso attinte da Annibal Caro. Quello sulla medaglia di Alessandro in Fiandra è datata 1585 e riferita alla caduta di Maastrich, una delle ultime e più importanti città del Belgio riconquistato, ma coniata dopo la presa di Anversa: INVITUS INVITOS, cioè: non volendo lui (infierire) e non volendo loro (arrendersi). Riassume alla perfezione il culmine del percorso del grande duca e condottiero.

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Le immagini

- Incisione del ritratto di Alessandro Farnese con il collare del Toson d'Oro eseguito da Otto Vaenius (Van Veen), 1586

- Incisione del ritratto di Alessandro Farnese ripreso a quello di J. B. De Saive, 1587 ca.

- Incisione del ritratto di Alessandro Farnese eseguito da Otto Vaenius, con l'iperbolica allegoria del fulmine in mano come allusione alla discendenza da Giove per Alessandro Magno e con lo scudo stemmato, per un'edizione tedesca, fine sec. XVI

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