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“Altri passi”, una rete di riferimento contro le discriminazioni e violenze di genere nelle aree montane e collinari

Il progetto è rivolto in particolare modo ai medici generici, pediatri, farmacisti, ostetriche e assistenti sociali, che possono intercettare il disagio e fungere da raccordo con la rete di sostegno, promuovendo messaggi divulgativi di pari opportunità a prevenzione della violenza sulle donne

Nella mattinata di lunedì 23 settembre è stato presentato il progetto “Altri passi”, realizzato dal Centro Antiviolenza Telefono Rosa – Associazione “La città delle donne” con il coinvolgimento di Provincia e Comune di Piacenza, Azienda Usl, Associazione italiana Donne Medico di Piacenza, Ordine provinciale dei Medici Chirurghi e Odontoiatri, Federfarma e Coni provinciale. 

A illustrare i dettagli dell’iniziativa – che ha l’obiettivo di creare una rete di “punti focali” sul territorio provinciale, per intercettare in modo capillare ed efficace situazioni di disagio causate da discriminazioni, abusi o violenze di genere – sono stati l’assessore alle Pari Opportunità Federica Sgorbati e la presidente Donatella Scardi unitamente ai rappresentanti di alcune delle realtà coinvolte. 

«Per riprendere il titolo del progetto, questi sono grandi passi che vengono fatti sul nostro territorio, per intercettare il disagio e promuovere il sostegno» ha esordito l’assessore alle Pari Opportunità, Federica Sgorbati. «La formazione di personale è importantissima per far emergere casi di violenza in territori ancora più impegnativi rispetto alla città».

«Mi piace sottolineare la grande partecipazione che questo progetto ha avuto, da parte di tutte le numerose realtà coinvolte» ha continuato il presente di Telefono Rosa, Donatella Scardi. «La violenza di genere ha profonde radici nell’isolamento della donna, per cui avere personale di riferimento a cui potersi rivolgere è fondamentale: l’unico modo che abbiamo per contrastare questo retaggio è con la cultura e la formazione».

Attualmente sono circa 15 le persone formate: obiettivi specifici del progetto - che terminerà il 31 dicembre 2019 - sono quelli di formare personale stanziale sui territori collinari e montani piacentini, generalmente poco accessibili. Il progetto è rivolto in particolare modo ai medici generici, pediatri, farmacisti, ostetriche e assistenti sociali, che possono intercettare il disagio e fungere da raccordo con la rete di sostegno, promuovendo messaggi divulgativi di pari opportunità a prevenzione della violenza sulle donne. I primi momenti di formazione - gestita da operatrici esperte che già da anni operano presso il Centro antiviolenza in particolare nell'ambito della formazione esterna ed organizzazione e gestione di eventi formativi/informativi - sono già stati svolti a Bobbio e Morfasso; sono attualmente in corso a Lugagnano e Bettola per poi spostarsi a Pianello, Gragnano e Rivergaro.

«L’isolamento crea difficoltà a trovare soluzioni, soprattutto con idee preconcette che viziano il rapporto con la violenza di genere sia nell’adolescenza che in età avanzata» ha continuato Annamaria Andena, presidente dell’associazione Donne Medico italiane di Piacenza e rappresentante dell’Ausl cittadina.

«Anche l’ambito sportivo può dare il suo contributo in questa lotta: il movimento femminile piacentino ha numeri importanti e in continua crescita. Il nostro compito sarà quello di amplificare la conoscenza di questa iniziativa attraverso le società sportive, che saranno il nostro termometro per intercettare eventuali situazioni di disagio» ha concluso Robert Gionelli, delegato provinciale Coni.

Sono tantissime le donne che si rivolgono al Telefono Rosa di Piacenza: la media è di circa una al giorno. Dati allarmanti e impressionanti, considerando che circa il 70% di chi chiede aiuto è italiana, rispetto a una media più alta di straniere per quanto riguarda la permanenza in protezione. Attualmente, nella struttura protetta della nostra città, sono ospitate circa una ventina di persone tra donne e bambini.

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