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“Andà in Castel”, via Castello e Aperta del Castello? Sono tutte riferite alla Cittadella farnesiana

La toponomastica piacentina ci offre l'occasione per andare a ritroso nella storia della nostra città

Nella toponomastica piacentina troviamo la via: APERTA DEL CASTELLO, un breve tratto che unisce le vie Malta e Taverna. Il nome fa riferimento al Castello Farnesiano che si trovava poco lontano e del quale - come abbiamo ampiamente evidenziato in precedenti articoli - ancora oggi sopravvivono tre dei cinque bastioni racchiusi nel perimetro dell’area occupata dall’ex Arsenale Esercito, oggi del “Polo militare Pesante nord”. 

Al “Castello” sono collegate anche l’espressione “ANDÀ IN CASTEL” e VIA DEL CASTELLO, la strada cittadina che da Piazza Borgo conduce in viale Malta, la quale congiunge la via Beverora con Barriera Torino, ove era l’antica porta di Sant’Antonio delle mura farnesiane. La strada un tempo era detta “Stradone del Castello” perché su di essa sorgeva l’antico Castello Farnesiano (una cittadella fortificata).

Della storica vicenda ne facciamo ampia memoria in questa e in alcune successive puntate.

Le ragioni della costruzione del Castello

Il 26 agosto 1545 papa Paolo III a Palazzo S. Marco, sua residenza estiva, aveva firmato la bolla concistoriale della costituzione del ducato di Piacenza e Parma. Fu così che le due città furono staccate dal resto del dominio temporale della Chiesa.

All’inizio del testo della Bolla la precedenza è data a Piacenza:

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Nel 1545 papa Paolo III aveva costituto il Ducato di Piacenza-Parma, investendone il figlio Pier Luigi, Duca di Castro e i suoi primogeniti maschi discendenti. 

Risulta dall’inizio del testo della bolla che nella formula di erezione del ducato la precedenza è data a Piacenza. L’ordine è poi invertito a significare che le due città costituivano un unico ducato con pari diritti e doveri. Di fatto Pier Luigi Farnese preferì Piacenza.

Il nuovo Ducato diventava strategico per il controllo della via Emilia dove passava tutto il traffico commerciale e militare tra il nord Italia e il resto della penisola. Inoltre si poneva fine al ricorrente pericolo che i due territori fossero esposti a facili invasioni o conquiste. La decisione di Paolo III allarmò non solo le grandi Cancellerie europee e l’Imperatore Carlo V, ma anche le famiglie dei feudi piacentini.

Una volta insediato, il neo duca capisce che il suo piccolo Stato è inviso a molti e tra questi i nobili feudatari locali “avvezzi – scrive il Corna in “Castelli e rocche del piacentino”, 1913 - al debole e breve governo dei Legati (Pontifici); di modo che essi vivevano la maggior parte dell’anno nei Castelli, a modo di Sovrani e Signori indipendenti. Conosciuto l'umore guerriero e duro, nonché l'intendimento del Farnese, temettero che sarebbe terminata la loro sovranità; da qui i germi dell’avversione di una parte della Nobiltà piacentina e parmigiana contro Pier Luigi”. 

L’irritazione andò aumentando quando Pier Luigi istituì una milizia stabile, a piedi e a cavallo, sul modello di quella pontificia, dalla quale aveva escluso i nobili locali, formata da cittadini scelti per la loro condotta e legati da un giuramento di fedeltà, raggruppati in compagnie comandate da un capitano e coordinate da un commissario generale. Accanto alla milizia c’erano i soldati professionali, per lo più stranieri, addetti in primo luogo alla sicurezza del duca. Il Duca poi “ascolta volontieri i lagni dei poveri e rende loro giustizia”

Le “voci sinistre dei nobili” diventano odio quando Pier Luigi che già ha dato un nuovo ordinamento alla città, stabilendovi un Consiglio e un Magistrato delle entrate; emette editti e rende palese il proposito di costruire un nuovo Castello, “per tenere con esso a freno i suoi nemici domestici, assicurandolo da quei di fuori le fortificazioni della città”. A suo giudizio, infatti, la Cittadella viscontea in cui aveva fissato la dimora non possedeva requisiti di sicurezza: la costruzione di un castello-fortezza avrebbe dovuto assicurare la sicurezza sua personale e della città e rappresentare allo stesso tempo il simbolo del nuovo Stato.

E proprio questo simbolo, insieme alle altre misure contro i feudatari, rappresenterà uno dei fattori scatenanti della reazione dei nobili e della congiura che porterà alla sua uccisione.

L’antico monastero di San Benedetto-San Marco

L’area che il Duca aveva ritenuto più idonea per costruire la poderosa fortificazione era a sud ovest della città, racchiusa tra le attuali viale Malta e via 24 Maggio dove un tempo esisteva un monastero che era stato inglobato nell'area delimitata dai bastioni della cinta farnesiana: il convento di San Benedetto poi diventato di San Marco. Secondo il Campi il complesso monastico sarebbe stato fondato nel 603 d. C. e vi avrebbe, tra gli altri, sostato anche San Colombano prima di fondare il suo monastero di Bobbio. Nel 1093, quando il convento era da tempo in rovina, un gruppo di nobili piacentini già distintisi per altre munifiche donazioni alla Chiesa, assorbendo le residue rendite e pertinenze conventuali alle quali ne aggiunsero di nuove per il tramite di donazioni e legati, costruì un nuovo convento dandolo in uso ai monaci di Vallombrosa che lo tennero sino al 1431 quando fu assegnato da Papa Eugenio IV ai Canonici regolari di S. Agostino. Furono sloggiati nel 547 quando Pier Luigi Farnese inglobò l'area del Monastero adibendo a uso di deposito la Chiesa non priva di valore artistico visto che era stata ristrutturata dal Tramello.Pianta con chiesa di S.Marco (S.Benedetto)nel castello Farnese-2

Le foto:

La copertina del libro di Gian Piero Pozzi sulla nascita del Ducato, pp. 278, edito nel 1997 dalla Banca di Piacenza e immagini recenti della toponomastica cittadina.

Continua. Qua la prima puntata

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