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Giovedì, 28 Marzo 2024
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Castello Farnesiano di Piacenza: una nuova campagna di scavi potrebbe portare alla luce molti altri importanti reperti

Il generale Eugenio Gentile, studioso e tra i massimi esperti del sito storico piacentino, indica alcune delle possibili azioni da compiere per riscoprire un vero gioiello della storia antica non solo di Piacenza, ma dell'Italia

Le vestigia del Castello Farnesiano di Piacenza e la relativa cortina muraria racchiuse dal 1872 in area militare, erano ritenute inconsistenti perché l’ala del tempo ne aveva diminuito progressivamente la memoria, la vegetazione spontanea divenuta boscaglia causava appiattimenti e crolli tali da celarne la vista. A questi elementi naturali si erano aggiunte le sovrastrutture e le demolizioni poste in atto nel periodo delle due guerre mondiali. Come visto negli articoli precedenti, la coraggiosa, benemerita e isolata opera d’indagine e recupero messa in atto negli anni Ottanta del secolo scorso dal colonnello Gianni Gamberini e dal generale Eugenio Gentile, svelò un sottosuolo di locali e di camminamenti un tempo usati come magazzini. Senza quest’appassionato intervento del comando militare e delle loro motivate maestranze del Castello farnesiano, ritenuto fino allora sostanzialmente distrutto, ad oggi ci sarebbero rimaste le sole testimonianze racchiuse nelle pagine di libri che trattano di memorie piacentine. Di conseguenza non sarebbe nemmeno sopravvenuto il Decreto della Soprintendenza che ha dichiarato il Castello e la cinta monumento da tutelare.

Probabilmente la collocazione del Castello all’interno dell’area militare è stata più che propizia alla conservazione di quanto rimaneva della possente struttura che è stata così preservata dal piccone demolitore che la nostra città ha usato con disinvoltura, in più epoche, su lunghi tratti delle mura farnesiane. 
A oltre 470 anni dall’edificazione dello storico e grandioso complesso, ci restano, inclusi nell'area dell'ex Arsenale, tre dei cinque bastioni originali, ma – ne è certo il generale Gentile - un’accorta campagna di scavi porterebbe alla luce ancora molti importanti reperti. La demolizione del castello nel 1848 non avrebbe infatti interessato tutta l’altezza dei bastioni della porta con il cavaliere di sant’Antonino. Lo farebbero intuire alcuni sondaggi eseguiti nel 1989 in occasione della costruzione di un capannone.
Gentile indica alcune delle possibili azioni da compiere; certamente onerose ma non impossibili: 

Sistemare in modo definitivo ed in sicurezza le aree sommitali dei bastioni; restaurare le casematte; liberare il bastione San Giacomo dal terrapieno in sfregio (si’, con la s) che occulta la parte più significativa del bastione stesso. Sotto il bastione San Giacomo, oltre alle casematte, vi è un rifugio antiaereo che potrebbe essere reso agibile. E’ stato costruito a regola d’arte dai militari nel periodo della Seconda Guerra Mondiale: attraversa tutto il bastione, i cui contrafforti sono stati forati per ottenere numerose stanze comunicanti. Il rifugio era dotato di servizi igienici, luce elettrica, ventilazione e di una bocca di lupo per il passaggio dei viveri.
Infine completare lo scavo del fossato del bastione San Giovanni, per rendere ben visibili le cannoniere, anche dal lato rivolto verso il parcheggio di viale Malta dove l’asfalto arriva a toccare le mura; i pochi centimetri di spazio libero sono dominio incontrastato di vegetazione spontanea sempre più invasiva e dove una delle parti più interessanti del bastione e di mura è spesso deturpata dalla sosta di automezzi della nettezza urbana.

mura farnesiane degrado 2-2mura farnesiane degrado 01-2

Per far questo – evidenzia Gentile anche nella sua qualità di presidente dell’Ente Farnese - servono coraggio, fantasia, imprenditorialità lungimirante e, ultimo ma non ultimo in ordine d’importanza, amore per la propria città e per la propria storia.
Diversi lettori hanno inserito commenti nelle pagine on line, altri ci hanno fatto pervenire i loro punti di vista. Tutti sono rivolti a “risvegliare la bella addormentata” e per essa coloro che “tengono la barra” della nostra città. Ne abbiamo già dato conto nell’articolo dal titolo "Cresce la consapevolezza culturale: i piacentini riscoprono il legame con l'eredità dei Farnese"; altri li faremo seguire in un prossimo articolo.

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