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Cresce la consapevolezza culturale: i piacentini riscoprono il legame con l'eredità dei Farnese

Vestigia farnesiane a Piacenza tra splendori e degrado: i lettori ci scrivono e chiedono più impegno da parte delle istituzioni per valorizzare sul piano culturale e turistico i segni della storia piacentina

Apriamo questo nuovo articolo sulle vestigia farnesiane presentando due importanti documenti: la mappa con la cinta muraria farnesiana elaborata dalla professoressa Valeria Poli, che evidenzia la cronistoria della edificazione delle mura e una immagine composta da Oreste Grana che mette a confronto la colonna della “tagliata” sopravvissuta a San Lazzaro come è oggi e com’era circa mezzo secolo fa, quando era ancora ben visibile l’epigrafe latina: INTRA HOC FINES, NEMO STRUCTURAM, ARBOREM, VITEM (NE) HABEAT QUI SECUS FAXIT, GRAVIS MULCTAE REUS ESTO. Le due foto del passato sono tratte dal volume “L’architettura Farnesiana a Piacenza 1545-1600” di Bruno Adorni, pubblicato nel 1982 dalla editrice Battei di Parma con il sostegno della Associazione degli Industriali di Piacenza.

La stessa prof. Poli ci ha fornito questa fondamentale riflessione: la nuova macchina militare del fronte bastionato riceve il suo razionale completamento nella tagliata stabilita con grida del duca Pier Luigi Farnese del 10 ottobre 1545: si tratta dell'ordine di tagliare intorno alle mura, per una estensione di 500 trabucchi (1.400 metri), la vegetazione, di demolire le costruzioni e "spianare e riempire tutti i fossi che vi sono di traverso, lassando quelli che vanno diritto in Po". La creazione della tagliata, circuito contrassegnato da colonne, ha un compito duplice: da una parte interrompe il processo di espansione extra muros, dall’altra costituisce il confine tra ciò che è definibile come città e ciò che non lo è arrivando, di conseguenza, a poter affermare l’identità tra il confine dell’urbs e quello della civitas.  I rilevamenti dell’estimo (1558, 1576, 1647), infatti, distinguono tra l’estimo civile (la città murata e la tagliata) e l’estimo rurale a partire dalle vallere, ossia entro i confini della civitas medioevale, tra le quali è indicata anche la Vallera oltre Po a riprova del fatto che il confine settentrionale non coincideva con il corso del Po. Il confine del Ducato piacentino, come testimonia la carta di Paolo Bolzoni (1588), nella zona di fronte alla città arrivava a comprendere Guardamiglio, Fombio e Retegno. Sul piano politico la realizzazione del sistema difensivo, costituito dal circuito murario e dalla tagliata, diviene la concretizzazione della città come espressione del volere del Principe attuata mediante lo strumento della demolizione che non riconosce più privilegiati mediante l'utilizzo su vasta scala della pratica dell'esproprio per pubblica utilità.

IMG mura rielaborazione Poli-2

Giunta oggi al dodicesimo articolo della serie suggerita dal recente convegno di Palazzo Farnese sulla dinastia farnesiana, serie segnalata anche dal quotidiano nazionale “Italia Oggi” nell’ambito di un servizio dedicato alla stampa Web, pubblichiamo, sintetizzandoli, alcuni dei messaggi pervenuti dai lettori:

- Ritengo che sarebbe opportuno proporre al Comune o comunque agli enti interessati, di installare cartelli indicatori/segnalatori lungo il percorso delle mura con l'indicazione "MURA FARNESIANE secolo XVI" o simili perché attualmente non esiste alcuna indicazione.

- Ho letto tutto e "mi piace", per dirla come su Facebook. Due osservazioni, la prima: se Pier Luigi Farnese avesse pensato alla sola sua difesa personale, non avrebbe realizzato prima la "Tagliata" intorno alle mura, nonostante il progetto del castello fosse pronto già nel 1545; inoltre, osservando le carte dell'epoca, tutte le città avevano una fortezza a scopo difensivo e per rifugio anche dei suoi abitanti. Basti vedere le notevoli dimensioni del castello, capace di ospitare migliaia di persone e che non aveva nel progetto nemmeno il mastio (o maschio) per il rifugio personale. Pier Luigi era stato capo dell'esercito papalino e credo non fosse uomo da fuggire miseramente. E' la mia precisa opinione.

- Di puntata in puntata crescono interesse e curiosità: urge rendere visitabile il Castello e la cortina di mura nascosta nell’area militare.

- Articoli veramente interessanti e tempestivi, data la rapida crescita culturale che sta caratterizzando la nostra città in questo momento, dobbiamo cercare di sfruttare nel migliore dei modi per far sì che la connotazione culturale diventi una delle qualità più evidenti della Piacenza del XXI secolo. Forse mi illudo (sono sempre stato ingenuo e sognatore, e ho sbagliato molte volte, ma questa spero proprio di no!), ma mi sembra che il contenuto di civiltà della vita a Piacenza abbia avuto e stia avendo un insolito e grande incremento e le sue iniziative pubblicistiche sono parte importante del movimento (altro che città triste!). Grazie, da un vero innamorato della nostra terra!

- Per quello che ho letto, posso dire che le parole raccontano del passato, ma fanno i conti - tristi conti - con lo stato del presente. Per cui non è neanche sbagliato presentare questi articoli sotto l'etichetta dell'Attualità, anche se per me hanno un carattere eminentemente culturale. Ci sono molte informazioni storiche, notizie per me inedite, inedite e preziose fotografie. Per me quello che ho letto e visto della Cittadella farnesiana, è stata una scoperta. Non ne sapevo niente, anche perché da fuori non se ne vede niente, e io dovevo arrivare alla mia bella età per venirlo a sapere. Vergogna. Ma non credo d'essere l'unico piacentino a cadere dalle nuvole...

- Alle elementari la nostra maestra (Romana Tramelli) ci insegnò la Storia di Piacenza (il libro "Ti racconto Piacenza";) portandoci di tanto in tanto nei posti raccontati nel libro, affiancandoli al periodo storico studiato nel sussidiario, insomma dava un senso locale e di appartenenza alla storia e alla nostra città, ce la faceva vivere e capire nel suo passato. Le mie figlie non vanno scuola a Piacenza purtroppo e mi piacerebbe capire cosa rimane nei giovani di oggi di questa storia, perché a me, come la raccontavano, mi è rimasta dentro. E mi piange il cuore vedere il degrado, quanto mi fa piacere che stia nascendo un po' di turismo attorno a Guercino e Pordenone, una novità molto positiva.

- Ho un tenue ricordo dagli anni Settante - Ottanta, quando i militari avevano proposto la cessione delle parti di mura racchiuse all’interno dell’Arsenale in cambio di una struttura da destinare ad asilo per i figli dei dipendenti.  In anni meno lontani si è discusso sulla possibilità di liberare l’intera area militare occupata dal Polo di Mantenimento Pesante Nord trasferendola all’esterno della città. Una soluzione che permetterebbe alla città di rientrare in possesso di una parte importantissima della sua storia.

- Anche il Comune come promotore istituzionale (anche da prima, ovviamente) doveva e deve fare qualcosa. Ma non ha la testa, la memoria, la volontà di rendere speciali le eredità culturali di alto profilo.

- La responsabilità di quanto avete documentato nella precedente puntata sarà certamente di più enti, ma la situazione è deplorevole, “degrado e abbandono” ha dichiarato di recente l’assessore Erika Opizzi riferendosi ad un altro contesto - squalificano la città”. E allora?

Da ieri la situazione in cui versa da tempo Porta Borghetto è al centro di una interrogazione dei consiglieri comunali del Pd Piroli e Fiazza al sindaco Barbieri e a tutta la Giunta, per sapere che fine abbiano fatto le sfavillanti promesse di “tolleranza zero” e “lotta al degrado” ostentate in campagna elettorale.

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