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Martedì, 23 Aprile 2024
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«Guanti, mascherina e una maglietta bianca: sabato 2 maggio protestiamo pacificamente»

#unitimadistantimanifestando è l'idea lanciata da Alessandra Foti, laureata in scienze motorie e istruttrice in palestra, per dare voce ai lavoratori di un comparto dimenticato: quello di palestre, piscine e centri sportivi

“Le palestre rimangono aperte, anzi no. Gli ingressi saranno limitati in modo da non creare assembramento nella stessa stanza, anzi no. Si potrà andare prendendo appuntamento in una determinata fascia oraria, ma senza utilizzare gli spogliatoi. Anzi no, da lunedì tutto chiuso». Tra nuovi decreti nazionali e restrizioni, c’è una categoria che passa in secondo piano, rispetto ad altre: quella delle palestre, delle piscine e più in generale dei centri sportivi. Uno dei comparti più pesantemente toccati dalla quarantena forzata, che ha visto le serrande abbassarsi fin dal principio dell’emergenza causata dal Covid-19, a fine febbraio. Una problematica non indifferente per migliaia di lavoratori - nella maggior parte dei casi giovani autonomi, spesso con precari contratti di collaborazione - che da ormai due mesi si trovano a casa da lavoro, senza più la certezza di un’entrata sicura a fine mese.

«Siamo stanchi di essere presi in giro, nessuno ci ascolta e non abbiamo risposte. Non possiamo guadagnare, ma le bollette e l’affitto da pagare rimangono». Questo lo sfogo raccolto da Alessandra Foti, figlia del deputato Tommaso Foti, laureata in scienze motorie e istruttrice in palestra, colpita in prima persona dalla difficoltà del momento. «E’ ora di farci sentire: sabato 2 maggio, muniti di mascherine, guanti, indossando una maglietta bianca e senza creare alcun tipo di assembramento o pericolo per la salute pubblica, propongo di scendere in strada a manifestare pacificamente, ognuno nel proprio comune di residenza, magari citando quegli articoli della Costituzione che non sono stati e non vengono ancora rispettati».

Una manifestazione che, seppur politica, vuole e deve essere apartitica: «Ci hanno voluto costantemente informare tramite i social e le televisioni. Non siamo profili virtuali, siamo persone con necessità e stili di vita che abbiamo tutti dovuto mettere da parte per il bene comune. Abbiamo fatto dei sacrifici, primo tra tutti quello economico, non potendo lavorare. Non si può far leva sul senso di colpa», continua Alessandra. «A chi mi dice che saremo in pochi, rispondo che è vero, ma se non iniziamo "non saremo mai nessuno". Vorrà dire che la volta dopo saremo di più, e il sabato dopo ancora un po’ di più e così via. Farsi sentire è un diritto e per qualcuno anche un dovere verso altre persone, ad esempio chi ha famiglia e dei figli da mantenere».

Un'idea, quella di Alessandra, che ha già avuto riscontro sui social con una sempre maggior adesione da parte di numerose persone di età e professioni differenti. «Sarebbe bello che i partecipanti si scattassero un selfie, accompagnato dall'hashtag #unitimadistantimanifestando e illustrando nella didascalia in cosa vedono venir meno i propri diritti».

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