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Giovedì, 28 Marzo 2024
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I lavoratori Cosepi: «Safta ci assuma, lavoriamo lì da anni»

Una novantina dei lavoratori della cooperativa Cosepi è in appalto all’interno della Safta e rischia di perdere il posto dopo la liquidazione coatta della coop. Ora lanciano un appello a Safta. Montanari (Usb): «Basta finte coop in mezzo tra aziende e lavoratori»

Tra i lavoratori ci sono anche due giovani ragazzi italiani: in questi giorni hanno vissuto un’altalena di emozioni. Uno si è sposato, l’altro è diventato padre: poi l’amara scoperta, con il ritiro della busta paga. Perché, come tutti i colleghi, recandosi a ricevere la propria busta paga, scoprono che la cooperativa di cui erano soci e lavoratori è in liquidazione coatta. È quanto successo ai lavoratori della Cosepi, la storica coop piacentina che da qualche giorno ha subìto la procedura di liquidazione con la nomina di un commissario. Nella sede del sindacato Usb di via Colombo i lavoratori si sono dati appuntamento per dare voce al proprio malessere. «Queste persone – spiega Roberto Montanari di Usb - nei giorni scorsi vanno a ritirare lo stipendio di aprile, ovvero due mesi in ritardo, e invece dello stipendio trovano la lettera che li informa del fallimento della coop. Diciamolo chiaramente: la coop Cosepi non c'entra nulla con i valori della cooperazione, era solo in piedi per pagare meno tasse, è una finta coop». Gran parte degli appalti di Cosepi coinvolgono l’azienda Safta («un’azienda sana di imballaggi flessibili dove il lavoro c’è eccome») e una piccola parte Sicrem a Pizzighettone. Poi ha anche attività di alimentari, abbigliamento e pulizie. Sono quasi un centinaio, su duecento, i lavoratori impegnati nell’appalto di logistica all’interno della Safta. Usb chiede perciò che i lavoratori vengano internalizzati dall’azienda. «Abbiamo subito chiamato - spiega il sindacalista - la Safta per farsi carico dello stipendio di aprile e si sono impegnati. C'è l'impegno anche per lo stipendio di maggio. Chiediamo che finisca la catena degli appalti: basta rapporti mediati con finte coop in mezzo. La liquidazione della Cosepi provoca gravi danni per loro: perdono l’accesso al Tfr e si vengono a creare situazioni di disastro sociale, bisogna internalizzare i lavoratori al più presto».

Intanto tutte queste persone – un mix di italiani e stranieri, giovani e meno giovani – continua a lavorare senza garanzie e senza conoscere il proprio destino. «Sanno il nostro ruolo alla Safta – spiega un giovane, detto “Moussa” - sanno che siamo importanti, ci prendano sotto di loro. Come coop venivamo pagati meno, lavoravamo anche in malattia, uno di noi ha rischiato licenziamento perché ha chiamato un'ambulanza mentre lavorava dentro la Safta. C'è gente che lavora da 15 anni e prende 600 euro di Tfr se va bene. La Safta ci deve dare più garanzie, siamo una novantina che lavoriamo lì. Passiamo per i tornelli di Safta con i cartellini, ma non siamo parte della loro azienda».

Tra i lavoratori c’è amarezza: secondo loro la Cosepi fino ad un anno fa stava bene, era in attivo. «Sono quasi tutti carrellisti da 7,20 euro all’ora – precisa Montanari di Usb - e non sanno dove sbattere la testa. Perciò chiedono a una azienda non in crisi e che ha lavoro di assumerli e toglierli da questa condizione». Sicrem a Pizzighettone intanto ha assunto una settimana fa direttamente coloro che facevano la logistica». «Ora non accettiamo di far parte di una nuova coop – spiega un altro ragazzo - in sostituzione di questa, noi lavoriamo lì dentro da anni. Basta nuove coop».

«Un anno fa avevamo 12 milioni di euro di fatturato – aggiunge un altro giovane – e 9 milioni riguardavano l’appalto Safta. Non riusciamo a capire come possano avere accumulato debiti con tanti creditori diversi. Qua ci sono lavoratori da più vent'anni in Cosepi. E prendono ancora 7 euro e 20 allora dopo vent'anni nella stessa azienda. Abbiamo sopportato anche fin troppo. Al momento non conosciamo nulla del nostro destino. Si sentono solo voci, non sappiamo niente. Andiamo a lavorare senza sapere che ne sarà di noi».

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