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Il cantico delle creature di San Francesco dimostra che il Medioevo non fu un periodo buio

L’ottimismo cristiano ne Il Cantico delle creature di San Francesco è stato il tema affrontato da padre Stelio Fongaro nell’incontro (promosso in collaborazione della Famiglia Piasinteina) che si è tenuto nella Sala del Duca di Santa Maria di Campagna, nell’ambito delle manifestazioni collaterali alla Salita al Pordenone organizzate dalla Banca di Piacenza durante le festività di fine anno. Il relatore è stato presentato da padre Secondo Ballati, Superiore del convento dei frati minori, che ha segnalato la presenza - nella Cappella di San Francesco, in Basilica - di un grande quadro in legno, realizzato da un ebanista di Rimini, con intagliato il testo del Cantico delle creature, testo che è stato letto in sala da Pino Spiaggi.

Padre Fongaro ha spiegato - con la passione dello studioso e la fede del sacerdote - l’importanza del Cantico («il primo testo poetico della letteratura italiana») nella predicazione di Francesco per poi passare all’analisi, strofa per strofa, della preghiera-poesia, scritta dal santo di Assisi due anni prima della sua morte, avvenuta nel 1226. «Nel Duecento - ha osservato padre Fongaro - Impero e Chiesa erano in crisi profonda, rilevata anche da Dante nella Divina Commedia (“il mondo va male”), e l’opera di Francesco fu una vera rivoluzione: nel 1250 in Europa c’erano oltre un migliaio di conventi e chiese francescane».

Il Cantico, scritto in volgare umbro purificato dei termini più dialettali e ispirato soprattutto al salmo 148, è stato pensato per soddisfare le esigenze della predicazione pubblica: «Gli ordini dei mendicanti fondati da Francesco e dove la povertà era il voto principale - ha sottolineato il relatore - furono una novità assoluta per l’assetto ecclesiastico del tempo, caratterizzato dalla vita monacale e claustrale. Il frate francescano vuole invece venire a contatto con il mondo, per evangelizzarlo. E il Cantico di frate Sole ha a che fare proprio con la predicazione di Francesco al popolo». La parabola del Vangelo aveva una struttura molto semplice per il santo di Assisi: bisognava convertirsi, considerarsi tutti fratelli e fare penitenza per trovare la gioia. Il Cantico veniva quindi utilizzato per coinvolgere il popolo nel cantare le lodi a Dio. «Mai Francesco ha confuso Dio con l’uomo e l’uomo con la natura. Per lui le creature riconoscono Dio come loro stesso Padre. Quelle che privilegiava erano il sole (bellu e radiante) e il fuoco (robustoso et forte), mentre aveva grande rispetto per l’acqua (multo utile, et umele, et preziosa et casta), che non calpestava mai, così come non voleva mai spegnere il fuoco delle candele». Ma dove nasce l’ottimismo di Francesco? «Le creature - ha esemplificato padre Fongaro - sono le grazie che Dio fa all’uomo e Francesco attraverso il Cantico consente all’uomo di dar lode a Dio per mezzo delle creature. L’uomo deve ringraziare le creature e il Padre, perché la vita è un dono enorme».

Padre Secondo ha ringraziato padre Fongaro per aver approfondito gli aspetti particolari del Cantico e ha spezzato una lancia per il tanto vituperato Medioevo: «E’ sempre stato considerato un periodo buio. Invece la gente, pur nella povertà, cercava la gioia. Oggi le cose materiali non mancano, ma nel mondo c’è benessere o malessere?».

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