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Giovedì, 25 Aprile 2024
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«Il Comune non ci inchioda alle responsabilità di genitori, vogliamo tutelare nostra figlia»

A compiere un passo forte - l’autodenuncia - è stata Sara Dallabora, sposata con Irene Ferramondo. Le due donne piacentine hanno messo al mondo Ilaria, ma il Comune non le ha registrate come genitori della piccola. E la loro, non è l’unica situazione di questo tipo

«Una denuncia alla procura per tutelare mia figlia, il Comune ci dichiara una famiglia, ma non ci inchioda alle nostre responsabilità. E io e mia moglie non vogliamo che nostra figlia sia irregolare. Non volevamo, per avere l’atto di nascita ufficiale, commettere un falso, raccontare una cosa non vera. Nostra figlia è nata con la fecondazione assistita». A compiere un passo forte - l’autodenuncia - è stata Sara Dallabora, sposata con Irene Ferramondo. Le due donne piacentine hanno messo al mondo Ilaria, ma il Comune non le ha registrate entrambe come genitori della piccola. E la loro, non è l’unica situazione di questo tipo, perché altre due donne hanno avviato le pratiche per il riconoscimento. La complessa vicenda riguarda un tema sensibile, a cui le leggi, come ha sottolineato l’avvocato Alexander Schuster (Foro di Trento), «non danno risposta perché hanno delle lacune e non riconoscono che oggi non siamo più nell’800 e che i bambini non nascono più da un rapporto sessuale tra un uomo e una donna. In tutta Europa la fecondazione assistita è riconosciuta, in Italia no». Schuster aveva già fatto accendere i riflettori sui diritti civili in aprile, quando a Roma riuscì a far trascrivere dal Comune l’atto di nascita del figlio di due papà omosessuali. In una affollata conferenza stampa - presenti le principali associazioni piacentine che si battono per i diritti di gay, lesbiche, trans e delle famiglie omosessuali - , il 21 agosto, Dallabora e Schuster hanno spiegato che cosa fosse accaduto.

La donna ha raccontato dei contatti con il sindaco Patrizia Barbieri e con l’assessore Filiberto Putzu e la funzionaria dello Stato civile «che si sono dimostrati disponibili a capire se ci fosse una soluzione. Hanno temporeggiato, fino a che sono scaduti i 10 giorni previsti dalla legge per iscrivere il figlio all’anagrafe, e c’è stato il diniego alla registrazione». Dopo essersi sottoposta alla fecondazione eterologa in Spagna, le due donne sono tornate a Piacenza «perché volevamo che la nostra bimba fosse piacentina. Potevamo andare a Milano o a Crema, dove gli atti di nascita vengono riconosciuti, ma abbiamo voluto farlo qui». E allora l’avvocato Schuster ha trovato l’escamotage, facendo la denuncia: «Quello che è accaduto non riguarda solo gli omosessuali, ma anche gli eterosessuali. E’ una situazione assurda. Vedremo come agirà la procura. Non si può riconoscere un atto nato da un falso. Tra l’altro in Italia le leggi per i falsi civili sono severissime». In Italia ci sono migliaia di bambini registrati con una dichiarazione falsa, perché la legge prevede che un figlio debba nascere da un atto sessuale tra un uomo e una donna. E così, molte coppie che utilizzano la fecondazione assistita eterologa, si recano in Comune e dichiarano che il figlio è loro. 

La legge 40 sulla procreazione assistita è del 2004. Nel 2015, la Corte costituzionale la modificò, allargando la possibilità di accesso e concedendo più poteri di valutazione al medico. Venne cancellato il divieto di accesso alle coppie fertili portatrici di malattie genetiche, ma resta il divieto per i single, le coppie omosessuali, le mamme-nonne (ma non si specifica l’età) e la fecondazione post-mortem (cioè usare gli spermatozoi conservati del padre). In questo caso, però, l’aspetto giuridico punta su un illecito: dichiarare il falso per ottenere un regolare atto civile dell’anagrafe. «La Consulta - ha spiegato Schuster - ha detto che quando un genitore si assume la responsabilità di fare un figlio, il bambino va tutelato. Va rispettata la volontà dei genitori che lo hanno voluto. Putroppo, la legge italiana è contraddittoria».

Il funzionario del Comune che non ha voluto registrare la piccola Ilaria ha agito sulla base di un regolamento del ministero della Giustizia del 2002. Insomma, una vicenda che ripropone sul piano politico temi delicati, che - come è stato riconosciuto anche dai partecipanti - spetta al legislatore, cioè al Parlamento. Dallabora ha ringraziato il mondo dell’associazionismo piacentino e Andrea Pancini, dell’Associazione l’Atomo, ha dato il proprio sostegno alle due donne: «E’ assurdo che nel 2018 un funzionario pubblico obblighi una donna a dichiarare il falso per registrare il figlio. La società cambia, le famiglia omosessuali esistono, checché ne dica un certo ministro».

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