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«Il Guglielmo da Saliceto diventi una Casa della Salute per anziani»

Comolli: «Abbiamo un welfare pubblico unico da salvaguardare». Qualche suggerimento sul progetto del nuovo ospedale di Piacenza

Ho passato gli ultimi 30 anni di lavoro, e per vacanza, a girare in altre città: ho moglie con interessi all’estero, due figlie che hanno vissuto e lavorano in altri Paesi. Almeno 20 i Paesi, almeno 60-70 le città piccole o grandi dove ho ficcato il naso. A volte mi sono ammalato, ho usufruito dei servizi sanitari che ho trovato. Da queste esperienze ho maturato la convinzione che noi italiani abbiamo, come altri paesi tipo Svezia, un welfare pubblico da salvaguardare, difendere, ma soprattutto migliorare, innovare, sviluppare anche con il supporto dei privati. Non lo cambierei mai, ma l’organizzazione, la logistica, l’assistenza alla persona, le procedure, la velocità, la semplicità, la attenzione e la priorità della diagnosi del malato sono meglio da altre parti. Gli ospedali italiani eccellono su tutti per grandi operatori individuali, quelli in prima linea non quelli che fanno le veline, dal barellista al grande chirurgo, dalla mensa alle infermiere uniche e formidabili, ma è tutto molto soggettivo e personale.

Vengo al progettato nuovo ospedale di Piacenza. Siamo sicuri che un unico nosocomio di 10000 mq per piano, di 6 piani, sviluppato in verticale, concentrato, intensivo, diviso per i soliti reparti, camerate di malati diversi, con tanti primariati, economia di scala dal riscaldamento alla carta igienica, una mega direzione sovraffollata con un ragioniere ai vertici sono la soluzione migliore? Ho visto cose diverse in altre città di 100.000-200.000 abitanti.  Non credo sia la soluzione di un ospedale pronto per il 2030. Al primo posto, seppur successivamente importanti, non devono esserci il mattone, la costruzione, i 120 milioni di euro della Regione, forse i 50 della Ue, alti 50 da privati con ampi interessi economici da riversare sulla città, il nessun rischio idrogeologico della area “agricola” indicata. Prima deve avvenire la progettualità strategica del servizio sanitario pubblico, con la priorità al malato e alla malattia, non al pareggio di bilancio. Ho sempre scritto che scuola e sanità sono i due campi dove il bilancio pubblico regionale e statale può essere in perdita, ma non causa inefficienza, incapacità, spese forniture pazze, costi fissi non controllati, personale non idoneo. A scuola e in sanità non si assume a sproposito, ma per meriti visibili, ne va della vita futura dei nostri figli e di noi tutti. Partiamo quindi da “fuori l’ospedale”: le cattedre ambulanti, i medici di famiglia a casa dal malato erano una certezza, baluardo e sicurezza, assistenza domiciliare che rendeva ottimale anche flussi e afflussi.

Carpe diem, cogliamo l’attimo...Il Covid19 ci insegna che preventivare, cognitare e intervenire prima e presto è indispensabile. Sapere dove poi mandare il malato, in base allo status generale e speciale e all’età e alla durata del malanno, diventano i fattori discriminanti di una salute pronta ed efficace, da una sanità lenta e vecchia che staziona il malcapitato o lo fa girare come una trottola. Non deve essere il malato che incontra la medicina. Pronto Soccorso non passivi, ma proattivi, più di uno, dotati delle massime attrezzature tecnologiche, trasformati in day-hospital per certi interventi, sparsi per città e provincia di Piacenza, sono perno di efficacia e di pre-soluzione: almeno 5 per Piacenza. Vanno incentivati gli ospedali esistenti di Castello, Villanova, Fiorenzuola e Bobbio ognuno con un “mantra” diverso e nominale, utili anche per altre città o vallate limitrofe. Ci vuole una visione direzionale più all’altezza e ampia, non minimal. Abbiamo scoperto che certi malanni non hanno confini politici amministrativi. Con gli slogan #postcoranavirus non si va. Il Covid19 ci ha insegnato una cosa fondamentale: anche le istituzioni sanitarie vanno semplificate, meno personale in ufficio e più sul campo, meno centri superiori che sono mancati nel momento di dare un ordine nazionale preciso e per tempo; necessitiamo di fabbriche di attrezzature nazionali e una farmaceutica più lineare di servizio e non competitiva e concorrenziale, più acquisti materiali di sistema e nazionali. Covid19 ci ha insegnato che spazi, distanze, ampiezze, separazioni fra addetti e reparti, tempi stretti, modus operandi, orizzontalità funzionale, più personale assistente, sale di accesso specifiche sono fattori prioritari da soddisfare prima di pensare a costruire un nuovo ospedale.Giampietro Comolli-2

Perché il Guglielmo da Saliceto non diventa una grande Casa Salute per i nostri vecchi: i super anziani devono avere una sanità pubblica che li assiste. E’ evidente che ogni location va giustamente parametrizzata: 200 mq a paziente in certe corsie sono sufficienti? I vecchi aumenteranno ancora per 20-25 anni. L’ospedale militare andrebbe recuperato, ma non al servizio della sanità: troppi costi e troppo in centro città. Invece due caserme esistenti, le più periferiche possibili, una a est e una a ovest potrebbero diventare due altri nosocomi specialistici “a misura di malato” dedicati rispettivamente a chirurgia interna e chirurgia esterna, oltre che a pediatria e traumatologia. 

Penso a 20.000 mq cadauna di costruzione, ma con attorno 60-70000 mq almeno di parco-verde-pubblico per malati e cittadini. E’ importante il verde come la salute. Prima deve trovare risposte concrete l’assistenza diretta e le condizioni globali del malato, non la terapia medica e la medicina clinica. Al di là del Covid19 è risultato essere un danno generale l’aver eliminato 30.000 operatori, aver creato un modello accesso università-numero chiuso-doppi incarichi, aver imposto un ipotetico pareggio di bilancio (con ticket in crescita), il contenimento del personale assistenziale, posizioni apicali con alti stipendi. Non credo neppure che 2000 dipendenti del Ministero della Salute con 500 dirigenti sia un buon esempio per chi ha rischiato e rischia ancora tutti i giorni la vita per salvare e curare gli altri. Sarebbe importante anche solo riflettere ancora su una soluzione alternativa: allora si che Piacenza sarebbe prima in un primato di salute pubblica per il malato, e non viceversa.

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