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L’azione di contrasto degli “educatori di strada” al dilagare delle azioni di prepotenza giovanile

Il bullismo, allarmante fenomeno che il più delle volte non arriva all’attenzione dell’adulto

Il bullismo, argomento di cui si sente parlare sempre più spesso negli ultimi anni, ha catturato l’interesse della folta platea di persone che alla Ricci Oddi, ha seguito la conferenza della “Società Dante Alighieri” dedicata a un fenomeno di prepotenza che appartiene principalmente al discorso più ampio delle forme di disagio scolastico. Brillante e persuasivo oratore il dottor Maurizio Iengo, psicologo e psicoterapeuta (impegnato, oltre che a Piacenza, anche in località, scuole e “realtà” varie dell’Emilia-Romagna e della Lombardia); fa parte degli “Educatori di strada”, equipe che realizza percorsi educativi rivolti ai gruppi-informali di pre-adolescenti e adolescenti nei luoghi dove essi si ritrovano (es. panchine, scalinate, muretti, bar, ecc ... ), nei contesti formali (scuola, centri aggregativi e simili) ma anche impegnata nella formazione agli adulti. Con il termine bullismo, ha evidenziato il dottor Iengo, s’intende una somma di azioni che prevaricano o vittimizzano uno studente, ripetutamente nel corso del tempo, con azioni offensive messe in atto da parte di uno o più compagni, con azioni negative attuate sotto forme psicologiche (maldicenze e simili), verbali (derisioni, minacce insulti), fisiche (aggressioni, tormenti, estorsioni, danneggiamenti).

La realtà del bullismo è sempre esistita (ne è esempio, il Franti del libro “Cuore” di De Amicis), sempre minimizzata e sottostimata. Di tutti gli episodi che accadono in ambito scolastico, si stima che oltre il 75% non sia denunciato e quindi non arriva mai all’attenzione dell’adulto. In Italia il fenomeno è stato studiato dalla metà degli anni Novanta e via via ha acquistato diffusione mediatica in conseguenza di filmati diffusi su You Tube nel giugno 2006, quando in una scuola alcuni studenti filmarono una loro aggressione di gruppo nei confronti di un ragazzo down, per poi divulgare il filmato su “you tube”. Nell’ottobre, l’episodio venne alla ribalta per la denuncia da parte dell’Associazione genitori, la vicenda balzò all’attenzione dei media in un crescendo di articoli e inchieste giornalistiche.

Sono molte le possibilità sperimentate di contrasto all’abuso di potere configurato dal bullismo (fenomeno che non va confuso con altre forme quali il teppismo, la baby gang, i disturbi di condotta, l’aggressività, il vandalismo e simili). Si tratta di interventi mirati alla personalità del ragazzo che subisce le prepotenze, su quello che le compie e su gruppi in ambito classi scolastiche.  L’attività di ri-educazione è quindi rivolta ai giovani, agli adolescenti, ai fanciulli, ma anche proprio ai genitori, al fine di condurli ad atteggiamenti di riflessione attraverso la “guida” dell’educatore di strada e con metodi non impositivi ma induttivi.

Ma perché il bullo è tale? La parte negativa – ha evidenziato il dottor Iengo - non è la persona, ma il comportamento: quindi il rimedio è il prendersi cura di questa persona offrendogli la possibilità di sperimentare relazioni sociali positive. Spesso il bullo è vittima di violenze domestiche, che egli poi ripropone su soggetti più deboli. D’altronde, se un tempo, la famiglia, l’oratorio, la scuola, lo sport indirizzavano i ragazzi a valori positivi “univoci”, oggi, i giovani sono anche il bersaglio di “valori” quali il “bisogno di importanza e di protagonismo”.

L’educatore, in sostanza, pone se stesso “a disposizione piena” del ragazzo, con un atteggiamento non giudicante, ma di reciproca confidenza e fiducia del giovane verso qualcosa di buono, offrendo al comportamento deviante un’alternativa espressione di libera scelta da parte del soggetto interessato, unita alla consapevolezza di poter recuperare un’immagine positiva di se stessi, attraverso la valorizzazione delle proprie identità.

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