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La penna nera Antonio Barbieri compie cent’anni

Festeggiato a Ferriere il compleanno dell’alpino Antonio Barbieri di Pomarolo, soldato in guerra, scampato ai tedeschi («Troppi compagni persi per strada» racconta ai più giovani), agricoltore e minatore durante la sua vita lavorativa

Attorniato dai figli Guido e Mariuccia, dalla nuora Armelle Morisi, dal genero Pietro Guglielmetti, dai nipoti Ilenia con Andrea, Viviana e Nadia, dai pronipoti Ginevra e Federico di soli tre anni, Antonio Barbieri di Pomarolo (Ferriere), simbolo di “roccia montanara” è stato festeggiato per aver raggiunto – in piena salute - il secolo di vita. Grazie Antonio - questo l’unanime e comune sentimento dei presenti – per lasciare alla tua famiglia, ai giovani e alla comunità l’esempio vissuto della tua vita: quaranta mesi di militare e di guerra, anni di duro lavoro zappando la dura e povera terra di Pomarolo, anni impiegati a scavare gallerie nelle vicine miniere del ferro a Canneto, anni vissuti nella grande amicizia e allegria con tutti – giovani, bambini e anziani: un grande patrimonio che trasmette a tutti soprattutto attraverso il gruppo alpini di cui si sente orgoglioso di appartenere.

Antonio Barbieri, alpino di 100 anni - Paolo Labati/IlPiacenza

Antonio, classe 1920, è l'alpino più longevo del comune di Ferriere. Sempre partecipe ad ogni attività in ambito locale e provinciale, come portavoce del gruppo alpini, ha toccato quota 100 primavere il 26 giugno di quest'anno. Sposato l'11 giugno 1955 con Onorina Bisi, originaria di Rompeggio, venuta a mancare nell'agosto dell'anno scorso, vive a Pomarolo, assistito dai figli Guido e Mariuccia. Di ricordi Antonio ne ha tantissimi sulle spalle e ha tanta voglia di farne partecipi i più giovani che gli vogliono dedicare un pomeriggio seduti fuori sotto al melo davanti a casa sua.

Anche se vedendolo gli si darebbe qualche decina di anni in meno, le sue cento primavere gli hanno lasciato numerose cicatrici, dovute a anni di stenti e dolori, fatiche e fame. La sua carriera militare iniziò nel 1940, anno in cui l'Italia entrò nella Seconda Guerra Mondiale. Il suo battaglione era “Exille”, stanziato in Piemonte prima a Bardonecchia e poi a Pinerolo. Numerose furono le perdite subite, tante le tappe toccate. Dal Piemonte si diresse in Francia, nella zona occidentale, a Brie dove conquistò diversi centri abitati. Nel giugno del 1940, dopo la firma dell'armistizio tra Italia e Francia, fu destinato alla Grecia, ma a seguito di un infortunio con un mulo che fungeva da mezzo di trasporto, finì in infermeria. Il 13 dicembre 1941, inserendosi nel battaglione Val Chisone, partì alla volta del Montenegro. A Zelica ci fu uno scontro molto cruento dove morirono molti generali e commilitoni. Successivamente, si spostò in Dalmazia, dove, date le condizioni climatiche molto sfavorevoli e il nemico molto agguerrito, perse numerosi compagni d'arme, tra cui un tenente barbaramente trucidato dai cecchini mentre piantava sul suolo straniero lo stendardo italiano, davanti a tutto l'esercito. Conquistata la Dalmazia, Antonio iniziò il suo ritorno a casa. A Milano venne catturato dai tedeschi, ma riuscì a scappare lanciandosi in un fiume e poi nascondendosi in un granaio. Preso il treno a Rogoredo, venne nuovamente inseguito dai tedeschi.

Un aneddoto che racconta sempre Barbieri è quello in cui, inseguito dai nemici, venne tratto in salvo da una ragazza in un'officina, venne cosparso d'olio e fatto passare per un operaio della fabbrica in cui lavorava. I racconti di Antonio sono carichi di rabbia e tristezza, troppi compagni persi per strada, troppa fame subita. Avevano pronti i proiettili in canna per ammazzarsi in caso di cattura. Meglio la morte che il nemico spietato. Ma anche a casa ci si doveva proteggere, erano gli anni della spietatezza e per salvarsi Antonio ha dovuto scappare nei boschi perché braccato e scambiato per un suo omonimo condannato a morte certa. La guerra, purtroppo, non dà scampo a nessuno e questo Antonio lo sa benissimo, ne porta le cicatrici nell'animo, ma porta con orgoglio il suo cappello dalla penna nera.

E sabato scorso, nella chiesa gremita Antonio è stato festeggiato dal locale gruppo Alpini (capogruppo Luigi Malchiodi) con Messa celebrata da don Stefano Garilli, cappellano provinciale del gruppo e da tutta la comunità. La festa è poi proseguita nella baita alpini a Casa Rossa di Ferriere dove non sono mancati torte e il classico bicchiere di vino rosso. La famiglia ha poi festeggiato Antonio domenica nella casa del figlio Guido a Boeri.

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