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«Nostro padre, malato terminale, abbandonato fuori dall’ospedale»

La figlia Stephanie Modenesi chiede spiegazioni all'Ausl: «Un brutto episodio ha coinvolto nostro padre, deceduto in questi giorni. Non vorremmo che accada di nuovo a nessuna famiglia un'esperienza del genere»

Un malato terminale abbandonato a sé stesso all’uscita dall’ospedale, con i familiari ignari delle sue dimissioni. Giuseppe Modenesi, piacentino di 75 anni, purtroppo è deceduto nei giorni scorsi. «A fine febbraio mio padre – spiega la figlia Stephanie Modenesi - scoprì improvvisamente di essere affetto da mesotelioma pleurico, causato da una esposizione all’amianto. Dopo una prima chemioterapia, è scoppiato il Covid-19 e per un crollo del suo stato di salute lo ricoveriamo a Borgonovo nel reparto di cure palliative, dove si prendono cura di lui in maniera eccellente, sia da un punto di vista fisico che per quanto concerne il supporto psicologico e psichiatrico».

La famiglia abbandona l’idea della chemioterapia: Giuseppe non è guaribile, è più importante prendersi cura di lui e accompagnarlo con grande umanità in questa delicata fase. In seguito, mentre è a casa, vive però una pesante crisi nella seconda metà di maggio. Il 22 maggio viene quindi ricoverato presso il reparto di medicina d’urgenza dell’ospedale di Piacenza. Questo perché al Pronto soccorso gli viene diagnosticata una leggera polmonite interstiziale. «Noi chiediamo di potere comunque vederlo e assisterlo in ospedale, è comunque un paziente oncologico molto fragile. Ci viene spiegato che sta facendo i tamponi del caso per il Covid-19. Attendiamo così il giorno dopo una telefonata per capire se possiamo vederlo». «Il 23 maggio – prosegue la figlia nella sua sofferta testimonianza - alle 14.42 vengo contattata: mi viene detto che mio padre vuole firmare e uscire subito dall’ospedale. Com’è possibile che una persona nel suo stato possa uscire? Mi viene pure detto che si è trattato di “un attacco di panico sfociato in una perdita di conoscenza”».

A maggior ragione la famiglia non capisce: in quelle condizioni non può uscire da solo, sulle sue gambe. «La risposta è stata: l'ospedale non è un carcere e non possono trattenerlo, se lui non vuole. Ma come: era sotto morfina ed antipsicotici, con un precedente attacco di panico e una perdita di conoscenza, e lo lasciano andare senza la nostra presenza? Noi chiediamo di attendere il nostro arrivo, per parlare con i medici di persona. Dall’ospedale mi rassicurano che "non lo butteranno fuori"».

Ma c’è qualcosa che non va. «Mio fratello mi fa sapere dopo pochi minuti – prosegue Stephanie – che nostro padre in realtà è già uscito e si trova in via Taverna da solo ad aspettarci. Così lo troviamo davvero in via Taverna, attaccato alle sbarre delle scuola con le ciabatte e la borsa con le sue cose. Indossava il pigiama e aveva il tubicino dell'accesso venoso a penzoloni. È triste pensare che abbiano lasciato uscire da solo un paziente oncologico in quello stato, con un attacco di panico e una perdita di conoscenza».

A maggior ragione, il signor Modenesi dimostra di stare ancora male. Nella serata di quello stesso giorno viene riportato al pronto soccorso. «Ho chiesto più volte spiegazioni di quanto successo - precisa la figlia - ma non ho ancora ricevuto risposte. Nostro padre è stato accompagnato negli ultimi suoi giorni di vita dalle Cure palliative a Borgonovo, dove ha ritrovato un porto sicuro dove poter morire con dignità, dopo qualche giorno dalla vicenda in ospedale. Per questo non smetteremo mai di ringraziare tutto il personale dell'Hospice». Stephanie chiede però ancora spiegazioni all’Ausl di Piacenza. «L’episodio che gli è capitato è disumano e inammissibile. Non abbiamo visto la giusta umanità per supportare un paziente in stato terminale, che meritava più dignità. Come famiglia ci auguriamo che altri pazienti e famiglie non debbano vivere un'esperienza dolorosa come questa. L’azienda sembra più preoccupata da una nostra denuncia. A noi interessa capire cosa non abbia funzionato, in modo che nessuno debba trovarsi in questa situazione».  

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