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Venerdì, 29 Marzo 2024
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«Piacenza e il turismo, consulenti esterni ci dicono cose che sappiamo da anni»

L’intervento di Federico Scarpa

Nel 2011, come Centro Studi Piacenza, presentammo una proposta articolata al presidente Trespidi in Provincia su Piacenza-Expo2015. Già allora cogliemmo l’occasione, insieme a Giampietro Comolli, fautore del progetto fuori salone sul Fiume Po per Expo che ebbe grande successo, per sollecitare un sistema-dinamico “glocal tourist” che facesse sistema più che squadra, che aggregasse città-campagna, che andasse oltre la valorizzazione di singoli prodotti.  Piacenza Turismi era stata chiusa, ma c’era bisogno di un polo aggregante. Chiedemmo subito un brand –identità, di portare ExpoMilano a Piacenza e non viceversa, di sfruttare strutture esistenti senza farne di nuove, di non puntare sulla dispersione di tante app-blog. Parlare di prodotto-imprese e territorio come fulcro centrale è una visione superata, andava bene 20 anni fa, con le prime Dmc, o Dmo. Siamo molto delusi per la nostra Piacenza, vedere che diversi “pellegrini” trovino sempre, sia prima che ancora oggi, spazi per dirci cosa fare, e chissà a che costi e pagati da chi!?! Faccio riferimento alla meteora Verri e a mister Ejarque “dispensatori di soluzioni magiche”.  Certamente per Piacenza il solco delle grandi imprese, grandi opere, grandi progetti portato avanti da una certa politica, non porta nulla di concreto. “Fermare il turista” non è facile, e qualcuno lo sa benissimo. Non abbiamo bisogno di parole ma di concretezza come la sede mondiale dei Nobel della Pace.

Il turista o il businessman si ferma sul territorio se trova interessanti azioni, presenze, attività, esempi, formule, arredi, eccellenze, eccezionalità, personaggi, opere…che vanno ben al di là del fuggente e mordicchiante assaggio. Se Piacenza vuol puntare su “fermare il turista” l’assaggio, componente importante, è l’ultima delle chances da usare, come dicemmo a suo tempo.

Da quel tempo abbiamo formule alternative concrete, reali, semplici, già esistenti, senza costi aggiuntivi per l’ente pubblico. Sono le imprese che devono fare la loro parte e esiste un contesto promo-commerciale e di marketing come Piacenza Expo che può essere strumento, mezzo, veicolo per fare sia turismo che management, organizzazione e destinazione. Investiamo tutti nell’ente fiera, e basta consulenti foresti inutili. Piacenza non deve accogliere idee progettuali già superate, che hanno fatto il loro tempo soprattutto in realtà e contesti ben diversi.   

La Sorbonne nel 1982, per volontà di Mitterrand, istituì i corsi più importanti di formazione del management pubblici e privati, affinché fosse nascessero figure primarie integrate per la Francia del futuro, al posto dei tanti “consulenti” che ingolfavano ministeri e erano sponsor di consociativismi frenanti, poco produttivi, molto politici. Piacenza non è né Barcellona, né Firenze, né Expo2015.

Il legame prodotto-imprese come promoter o motore forte su cui puntare a livello locale è una soluzione troppo legata a una mentalità politica e non ha una strategia integrata di lungo periodo. L’Italia non ha una strategia turistica. La Francia ha un ministero del turismo che “capta” oltre un miliardo di fondi comunitari, aggiunti a quelli delle varie macroregioni. L’Italia zero. Tutto confluisce dentro le piccole Regioni. Destinazione Emilia è una scelta intelligente, in ritardo come abbiamo avuto modo di evidenziare più volte all’assessore Corsini durante la discussione della nuova legge regionale, che può funzionare se propone lo stesso pacchetto segmentato, senza doppioni, senza linearità piatta. Un conto è il brand collettivo di territorio all’estero, per l’APT, per le fiere.

Totalmente diversi sono i modelli per attrarre il turista italiano più distante che non ci conosce e il visitatore continuo prossimale-vicinale che rappresenta l’85% dei flussi. Destinazione Emilia diventa solo un facilitatore di sostegno economico per il turista milanese, pavese, lodigiano, spezzino, genovese, cremonese, bresciano, bergamasco ma non strategico. Come abbiamo sempre detto a Corsini e ai suoi dirigenti regionali, Piacenza è unica nel panorama regionale, è capitale di un modello turistico che è l’opposto della riviera romagnola. Due turisti, due turismi, che si possono complementare, ma necessitano di approcci, riconoscimenti, valori estremi: insieme fanno una piattaforma potente per la Regione, ma doveva essere inserita ufficialmente nella legge regionale. Piacenza si muove in ambiti e “fattori numerici e qualitativi” turistici totalmente diversi dal contesto territoriale Emilia e della Regione.  Quello che abbiamo chiesto da 8 anni è di non creare un progetto vecchio, oggi non regge il marketing territoriale, è marginale puntare su prodotto-impresa perché non fa crescere il Pil, bisogna creare posizioni e situazione di spesa, di investimenti, di attrazione che fanno crescere il valore di Piacenza nell’ambito regionale. Puntare su imprese produttive e ricettive per fare una politica turistica è un modello limitante. Piacenza deve puntare su un brand identitario, non turistico. Per questo c’è già Destinazione Emilia che però deve saper segmentare per tipo di consumatore, per origine domanda».

Federico Scarpa 

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