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Quando Mussolini visitò il campo di concentramento di Gossolengo

Svariati gli argomenti trattati nell’incontro svoltosi a Palazzo Galli della Banca di Piacenza: Luigi Luzzatti, i braccianti di Castelsangiovanni, la Banca Popolare Piacentina – Lo strano iter di Piacenza Primogenita – Il contributo del Genio Pontieri e di Giovanni Raineri alla rinascita delle terre liberate

Il convegno 2019 dell’Istituto per la Storia del Risorgimento (il 35°, svoltosi a Palazzo Galli della Banca di Piacenza) non è stato monotematico, ma caratterizzato da una miscellanea di argomenti.

Augusto Bottioni ha delineato la figura di Antonio Calestani, tra i fondatori, nel 1878, della Società delle patrie battaglie di Fiorenzuola d’Arda (una specie di Società di mutuo soccorso nata per volontà di un gruppo di militari del Regio Esercito e volontari garibaldini che avevano partecipato alle tre Guerre d’Indipendenza). Calestani, sindaco di Fiorenzuola dal 1899 al 1902, nel 1866 combattè la battaglia di Custonza e rimase gravemente ferito da una granata austriaca subendo l’amputazione della gamba destra.

Paolo Brega ha riferito di una peculiarità piacentina nel ricordare i meriti del fautore delle banche popolari, Luigi Luzzatti (che fu presidente del Consiglio): dieci braccianti di Bosco Tosca di Castelsangiovanni intitolarono una cooperativa di lavoro all’illustre professore veneziano. La cooperativa fu costituita il 2 novembre 1909 e rimase in attività fino al 1925.

Fausto Ersilio Fiorentini ha quindi trattato del problema degli edifici sacri (una trentina) della città chiusi al culto, che rappresentano un patrimonio artistico da preservare e del caso della chiesa di San Donnino, che negli ultimi decenni ha rischiato più volte la chiusura. Affidato alla suore delle Figlie della Chiesa (che si apprestano a festeggiare i loro primi 50 anni a Piacenza), da mezzo secolo il tempio è stato destinato dalla Diocesi a un compito unico: ospitare l’adorazione del Santissimo. Al suo interno sono conservate importanti opere d’arte: un affresco di Antonio de Caro e un Crocefisso di Giorgio Groppi.

Massimo Moreni (del II Reggimento Pontieri, insignito - è stato ricordato - della cittadinanza onoraria di Piacenza) il compito di raccontare la rinascita delle terre liberate dopo il conflitto, grazie all’azione dell’Esercito e del Genio Pontieri (idealmente proseguita dal ministro piacentino Giovanni Raineri). Dal dicembre del 1918 all’agosto del 1919 si ripristinarono argini, ponti, municipi, strade, si bonificarono i campi di battaglia e si costruirono baracche per le popolazioni sfollate: il tutto utilizzando 180mila operai borghesi, 50mila operai militari, 40mila prigionieri di guerra, 18mila quadrupedi, 8mila carri e mille autoveicoli. Nel gennaio del 1919 fu istituito l’essenziale ministero delle Terre liberate, guidato dal sen. Raineri, che rivoluzionò il sistema degli aiuti dandoli direttamente a consorzi di proprietari, che riuscirono così a ricostruire la propria casa direttamente, senza ritardi, senza interruzioni, senza corruttela.

Corrado Sforza Fogliani ha dal canto suo ricordato la figura di Luigi Luzzatti, un gigante come politico e come statista (deputato del Regno, senatore, ministro, presidente del Consiglio), fondatore della banche popolari e punto di riferimento importante per Piacenza. Giovanissimo, nel 1867, fu l’ispiratore della fondazione della Banca Popolare Piacentina, progenitrice della Banca di Piacenza.  Luzzatti fu più volte nella nostra città. Le sue visite (cinque) sono state ricostruite consultando la rivista di Assopopolari (che ancora pubblica con il nome cambiato in “Credito Popolare”) “Banche e Cooperazione”, di cui fu direttore: nel 1896, per l’istituzione delle Cattedre ambulanti per l’agricoltura; nel 1905, per costituire la Cassa centrale del credito agrario; nel 1908 (settembre) per il congresso della Lega internazionale delle cooperative agrarie; ancora nel 1908 (novembre) a Palazzo Galli, per un convegno sulla mutualità scolastica; nel 1913, per rivendicare la funzione dell’agricoltura.

David Vannucci si è invece occupato del campo per ex prigionieri di Gossolengo, che ospitò 65.500 soldati italiani già prigionieri degli austriaci, considerati da Cadorna dei traditori. Furono costretti a subire, di fatto, una “seconda prigionia” per ragioni di sanificazione fisica e mentale. Mussolini, allora direttore del quotidiano “Il Popolo d’Italia”, l’8 dicembre del 1918 visitò il campo di Gossolengo per verificare le condizioni di vita degli ospiti, ma soprattutto per lanciare l’ennesima invettiva contro la “vittoria mutilata” e per porre solide basi ai suoi già chiari progetti di irreggimentazione delle masse di ex soldati nei futuri Fasci di combattimento.

Valeria Poli ha portato alla luce la ricostruzione fatta dal capitano dei Granatieri Cesare di Palma (nel 1932) degli avvenimenti che hanno interessato la città di Piacenza tra il 1848 e il 1849 quando - con la creazione del governo provvisorio - si erano poste le basi per l’annessione al Piemonte. Il di Palma motivò il nostro divorzio dal Ducato con il convinto patriottismo dei piacentini, che li indusse a battersi strenuamente per la nascita di uno Stato italiano. Una scissione decisa dopo aver constatato lo scarso entusiasmo di Parma per gli ideali patriottici.

Il tema è stato ripreso anche da Cesare Zilocchi, che ha ricostruito lo “strano iter” della medaglia d’oro al merito di Piacenza Primogenita. Tra le stranezze riscontrate dallo studioso, il fatto che il corposo volume di Mike Rapport “1848 - l’anno della rivoluzione” riporta testualmente: “Il plebiscito di Milano fece registrare un’affluenza straordinaria, pari all’84% degli aventi diritto al voto… L’esempio lombardo venne poi seguito dai ducati di Parma e Modena”. Nessun cenno a Piacenza, che in realtà fu prima di Milano, Parma e Modena, con il 98% di voti favorevoli all’annessione. L’oblio (il non essere, cioè, tra le città premiate) della Primogenita è stato lungo: il 3 dicembre 1936 Emilio Nasalli Rocca, durante una seduta dell’Istituto per la Storia del Risorgimento, denunciò la dimenticanza dei nostri meriti, ma tutto restò arenato. Fu Aldo Ambrogio (ricordato proprio in questi giorni dalla Banca di Piacenza) a ritornare in argomento lanciando un appello su “La Scure” del 6 gennaio 1940. Appello finalmente recepito: con regio decreto del 27 gennaio 1941, Vittorio Emanuele III concesse a Piacenza la medaglia d’oro; che d’oro, però, non è.

Gli atti del convegno 2019 dell’Istituto per la Storia del Risorgimento, pubblicati con il sostegno della Banca di Piacenza, saranno presentati l’anno prossimo.

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