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«Restauro del Carmine? Hanno piegato la natura dell'edificio alla funzione. Spero li arrestino tutti»

Vittorio Sgarbi, deputato e noto critico d'arte, ha depositato in Procura un esposto contro il lavoro di restauro che Comune e Regione hanno realizzato nella chiesa tra via Borghetto e piazza Casali

Quel soppalco non s’aveva da fare. Parola di Vittorio Sgarbi che, il 24 maggio, si è recato in procura dove ha presentato un esposto contro i lavori alla ex chiesa del Carmine in via Borghetto e, in particolare, contro il soppalco che è stato realizzato. Nel mirino, ci sono il sindaco Patrizia Barbieri, la soprintendente all’Archeologia, belle arti e paesaggio di Parma e Piacenza, Giovanna Paolozzi Strozzi e la Regione, che ha finanziato l’intervento. Secondo Sgarbi, è l’interesse pubblico che deve essere compatibile con l’edificio storico e non il contrario. «Se voglio aprire un casino - ha esemplificato - e mettere dei letti devo posizionare letti che si possano rimuovere, non fissarli a terra».

sgarbi procura-2IN PROCURA Accompagnato da Carla Romana Raineri, presidente di Piacenza Arte e giudice della sezione civile della Corte di appello di Milano nonché consigliere del Consiglio di presidenza della Giustizia tributaria, il parlamentare ha stilato l’esposto davanti alla polizia giudiziaria. E deve trattarsi di un esposto molto dettagliato, visto che Sgarbi è rimasto per tre ore negli uffici della polizia giudiziaria. In precedenza, il popolare critico d’arte ha salutato il procuratore capo Salvatore Cappelleri, al quale ha spiegato il perché del suo esposto. La procura, ha spiegato Raineri, si è riservata di valutare la vicenda. Secondo il procuratore potrebbe essere che la segnalazione possa riguardare la magistratura amministrativa, ma il caso verrà esaminato per vedere se emergono eventuali rilievi di natura penale.

INTERVENTO IRREVERSIBILE «Questo è un crimine fatto dalla Regione, dal Comune di Piacenza con un accordo aberrante che la Sovrintendenza doveva calmierare, e che invece ha legittimato» ha tuonato Sgarbi. Lo spazio funzionale doveva essere reversibile, «quindi ammettiamo che sia stato fatto. Ciò che accade, invece, è che l'intervento non è reversibile. Un intervento stabile. Un soppalco montato in maniera molto dura non solo sfigurando l'aspetto, ma anche non potendo essere rimosso. Se io fossi il pubblico ministro non avrei dubbi. Devi partire dalla norma del restauro, dal Codice dei beni culturali, che indica il rispetto dell'integrità del luogo. Qui siamo oltre lo sviluppo sostenibile. Un intervento che piega la natura della chiesa alla funzione, che è una cosa senza precedenti».

L’ANTEFATTO Il soppalco comincia a scottare. Sgarbi racconta che Sforza Fogliani ha un colloquio con Famiglietti e quest’ultimo definisce l’intervento «un crimine». Vengono inviati i carabinieri. Nel frattempo «Paolozzi Strozzi mi telefona scusandosi e mi dice che non vuole intervenire se non per richiesta del Comune. Famiglietti allora rassicura Sforza, che mi chiama e mi dice dell’intervento di Famiglietti. Io richiamo il direttore e lui risponde che ha mandato i carabinieri, ha guardato gli atti, ma la facoltà di autotutela non era più consentita per i tempi. E quindi siamo a fine corsa».

ITALIA NOSTRA Quello che un progetto di riqualificazione dovrebbe trasformare in un centro polivalente è una ex chiesa su cui aveva preso posizione anche Italia Nostra, il 17 gennaio, con un intervento che destava preoccupazione «per l’intervento di restauro in corso nella chiesa del Carmine ove, da quanto si osserva nelle foto pubblicate, nei giorni scorsi sui locali organi di stampa, si nota un soppalco in cemento armato, di enormi dimensioni, che parte dalla parete della controfacciata absidale e si prolunga – per parecchi metri – all’interno dell’edificio trecentesco». Italia Nostra aveva scritto al sindaco Patrizia Barbieri e all’assessore ai Lavori pubblici Marco Tassi.

L’ESPOSTO Sgarbi ha spiegato di aver due strade: un’interrogazione parlamentare al ministro del Beni culturali o andare in procura. Importante è anche la funzione del ministero (Mibact) il quale, però, non può più intervenire. Sgarbi aveva parlato con i direttore generale, Gino Famiglietti: «Se un sovrintendente fa un errore si poteva intervenire con un atto di autotutela, smentendo ciò che aveva fatto il soprintendente Paolozzi Strozzi. Purtroppo, il direttore non è più nei termini di farlo».

Quando si vedrà, ha continuato Sgarbi, «che, in assenza di una vigilanza della sovrintendenza, fatto già di per se grave, questi sono andati avanti per i cazzi loro e realizzato una struttura stabile e fissa, si vedrà l'incongruità fra il dettato dell'autorizzazione e la realizzazione dei lavori. Lì c'è il reato, spero che li arrestino tutti». La soprintendenza non avrebbe controllato e lo ha anche spiegato, secondo il critico d’arte: uno, lo ha autorizzato; due, non vuole intervenire; Famiglietti non può più intervenire; quindi, si ha che il prevalere dell'interesse pubblico, che non è l'interesse del bene, ma l'interesse dell'amministrazione comunale e della Regione, preveda che è giusto fare così. La priorità dell'interesse pubblico è di fare qualcosa e su quello Paolozzi Strozzi ha abbassato il capo. La vigilanza non è stata continuativa».

IL PRECEDENTE La soprintendenza, ha affermato Sgarbi, si è occupata di far togliere gli affreschi da Santa Maria di Campagna (in cui era raffigurato Sgarbi e l’avvocato Corrado Sforza Fogliani) e di far coprire il manifesto della salita al Pordenone, interventi ritenuti «veniali» dal critico d’arte. Contro questi atti ci fu un esposto, ma venne archiviato. «Ma la soprintendenza - ha rincarato Sgarbi - ha intimidito in modo inaccettabile il povero prete, quest’ultimo pensando che la soprintendenza era la legge ha cancellato quelle cose. Strano, perché il ministero aveva detto che lo potevamo lasciare, invece questa cosa veniale è sembrata chissà cosa. Forse la soprintendente ha ritenuto di far vedere quant’è potente contro Sforza Fogliani, che le sarà antipatico».

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