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Quasi 400 immagini ricordano la vita operosa del fotografo-artista Bruno Cremona

Folla ad Agazzano per la presentazione del libro che omaggia l’autore degli scatti, la vallata e la sue gente

Un libro che pesa non soltanto per il peso della carta, ma soprattutto per il peso dei ricordi: è “Un testimone del tempo – L’incantevole Valluretta di Bruno Cremona”. I ricordi cominciano subito nelle prime pagine con l’introduzione di Corrado Sforza Fogliani, il quale ricorda Cremona fotografo in Agazzano come una persona che “rappresentò sempre – per me – una costante memoria di un centro urbano che si è in ogni secolo caratterizzato per l’equilibrio dei suoi abitanti”. Ricorda il fratello del Bruno, il prof. Ernesto Cremona, che “all’esame di quinta Ginnasio per il passaggio al Liceo mi fece tradurre un passo di un celebre autore dal greco al dialetto piacentino”. Rammenta l’Agazzano della sua giovinezza, dove venne per la prima volta nel 1952 per i funerali del nonno Nuccio e dove, ha raccontato, venne da Vicobarone il padre che nel castello dei conti Anguissola Scotti trovò la ragazza da sposare.

Sforza Fogliani usa queste affettuose parole non solo come estimatore di Bruno Cremona e del laborioso borgo vallurettese, ma anche come presidente del Comitato esecutivo della Banca di Piacenza, grazie alla quale il ponderoso volume (450 grosse pagine) vede ora la luce. L’opera - uno scrigno di 368 foto, un omaggio non solo a   Bruno Cremona, ma a tutta la vallata e la sua gente, un patrimonio di Agazzano e  dell’intera Valluretta – è stata festosamente presentata sere fa nell’affollatissimo salone parrocchiale agazzanese e condotta col consueto signorile rigore da Robert Gionelli.

I ricordi dopo Sforza proseguono con le testimonianze di Lucia Cremona che unendo ringraziamenti e rimembranze rimpiange gli indimenticabili 54 anni trascorsi al fianco del marito Bruno, che definisce “un fotografo da camera scura, dove ha passato giorni e notti di lavoro”; dell’amico Mino Gropalli che vede in Cremona il “fotografo di paese che è stato per più di mezzo secolo in un certo senso il cronista, il regista, il pubblico ufficiale di Agazzano e della Valluretta”; e di Rosalba Albasi che rivolge un delicato pensiero e “infinita gratitudine al testimone del tempo e al mago della luce che ci ha restituito tante cose perdute che ancora vivono”.

Giovanni Mariscotti dedica quasi in apertura del libro parole dolci e forti come un’epigrafe a Bruno Cremona e alle “fortune” da lui accumulate “nel percorrere il suo secolo di vita: amarezze di una guerra, risate sane, lunghi silenzi, sacrifici ostinati e senza lacrime, solitudini e amicizie non sottoposte all’utile e non imperniate sull’intrigo, tanta laboriosità e una famiglia esemplare”. Poi a voce, in un intervento che avrebbe degnissimamente trovato posto nelle pagine del libro, parla dell’album di foto-racconti iniziato da Cremona negli anni ‘50 che vede come il compendio di una saga paesana, della vita e dell’operosità di una vallata dal cuore antico.

Seguire il contributo del sindaco Mattia Cigalini che ha proclamato la fortuna di Agazzano per aver avuto Bruno Cremona fra i suoi cittadini. A lui l’Amministrazione comunale ha assegnato, in vita, l’onorificenza di “Agazzanese benemerito” e a lui il primo cittadino ripete ora le parole che gli aveva rivolto in uno degli ultimi incontri: Agazzano ti vuole bene”.  Anche la figlia Alessandra ha dato voce e sentimento ai suoi ricordi, e al termine ha scattato clic a volti, sorrisi, saluti, momenti, gruppi. Come faceva una volta quando aiutava un papà e un maestro ineguagliabile di nome Bruno. Tra il foltissimo uditorio che gremiva (anche in piedi) il salone, non mancavano i principi Corrado e Maurizio Gonzaga, e Antonio Mantova dell’Officina Foto Grafica di Piacenza che ha curato la grafica e l’impaginazione dell’imponente opera.

Un’opera (andata poi in omaggio a tutti i presenti) a cui danno vigorosa quanto affascinante sostanza le immagini di Bruno Cremona, che sono come un fiume in piena che trasporta giorni, stagioni, anni passati, che porta feste, cerimonie, mestieri, case, panorami, paesi, una vita. Come aveva fatto notare Sforza: non l’eccezionalità, ma la quotidianità di una vallata scoperta nei suoi valori e nelle sue tradizioni. Un libro dove ogni cosa accaduta s’è fatta ricordo, e se chi cammina lungo queste pagine tende l’orecchio, sente che il tempo s’è fermato. Dove sono le foglie di qualche autunno fa? Sono qua, in questo volume, risponde Umberto Fava nelle pagine finali. Le foto di Bruno Cremona sono come foglie che lui ha sparso in tanti anni, in lungo e in largo, per la Valluretta, da Gazzola al Passo della Caldarola, tante foglie sparse che la Banca di Piacenza ha raccolto nelle tante pagine del libro. Per questo, osserva Fava, all’istituto di credito piacentino e al suo presidente Sforza Fogliani si addicono perfettamente i versi danteschi: “Poiché la carità del natio loco - mi strinse, radunai le fronde sparte”. La verità è che nessuno come loro sa “la carità del natio loco”.

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