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Martedì, 16 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Abbasso i dizionari

La società in cui siamo, è particolare e per certi versi poco comprensibile. Mi esprimo volutamente  in termini soft, per non dare l’impressione di comprendere poco il mondo attuale, causa l’età non più giovane. Quella stessa età che normalmente, per i suoi esponenti, è elogiativa dei tempi passati (laudatores temporis acti), causa una certa rigidità di  impiegare la ragione in base alle vecchie consuetudini. Ammantate normalmente della componente nostalgica in riferimento a ciò che è stato e non può ritornare. Sarà anche così, ma nessuno mi può togliere l’impressione che  siano subentrati in questi ultimi anni o decenni cambiamenti in tutti i campi della vita sociale, che autorizzano a fare alcune considerazioni. Per andare al sodo, la vita oggi è diversa, come sono diverse le convinzioni e perfino le coscienze. Una nuova mentalità si è impossessata del modo di intendere la vita. Alcuni chiamano questo cambiamento nichilismo, altri liquidità sociale, per intendere che tutto è mutevole, secondo un individualismo che antepone i desideri ai principi. Anzi per dirla tutta, gli stessi desideri diventano principi ed ognuno crede che il suo particolare sia in realtà un fatto oggettivo, per il quale commettono errori chi la pensa in modo contrario. E poiché ogni cosa è diversa a secondo delle personali interpretazioni, anche le coscienze in qualche modo vengono influenzate. O per meglio dire si adeguano ai tempi. Il risultato è che in questa babele di diritti e pochi doveri, anche la vecchia concezione del bene e del male, basata sulla morale naturale e insanguata dalla religione , subisce una modificazione antropologica appunto perché l’uomo sta cambiando. In soldoni, si può arrivare a dire, che il  cosiddetto re dell’universo, l’uomo, vale meno della dea terra, osannata dalla nuova religione ecologista e la terra sua volta vale più di ogni aspetto che la trascende. Includendo in questa situazione di crisi, sia  l’ontologia sia la teologia , due branche del sapere oggi in  evidente crisi di appartenenza. In quanto sostituite dall’unico valore esistente rappresentato dall’economia, vero collante del desiderio comune legato al benessere. Per la verità visto che anche questo miraggio dello stare bene su questa terra, è entrato in crisi, si deve dedurre che questa rivoluzione antropologica ,cui prima accennavo, non si ferma di fronte a niente. Un esempio che fino a qualche tempo addietro, nessuno avrebbe messo in discussione, riguarda il sesso. E su questo aspetto non  vale nemmeno il numero due a designare il maschile ed il femminile.  Sul sesso infatti la matematica diventa non una certezza, ma un’opinione. E così il numero due si trasforma in un tre o in un quattro, in quanto tutto evolve e in questa evoluzione tutto si mescola, incrementando i numeri. Per entrare nel merito, lo stesso sesso non è più legato alla morfologia degli organi che definivano anche visivamente l’appartenenza di genere. Perfino gli ormoni perdono di importanza. Oggi vale soprattutto il desiderio di ognuno di sentirsi una cosa o l’altra. La vecchia anatomia, a me particolarmente cara, viene sostituita dal cosiddetto fatto culturale che introduce un nuovo concetto di genere. Non più rigido e codificato, ma variabile a seconda dell’ambiente in cui ognuno nasce e dall’educazione che riceve. Oltre naturalmente alle nuove mode che sulla base del nuovo credo di essere quello che ognuno vorrebbe essere, propone modelli vari e molto più duttili del vecchio armamentario di uomo-donna. Tutto questo in attesa che una nuova macchina antropologica, faccia piazza pulita di ogni vecchio archetipo legato agli organi sessuali , sostituendoli con sensori ed ogni altro ausilio cibernetico. Se il sesso non è allora definito, anche le parole che simbolicamente lo esprimono, devono cambiare, quindi anche il grande contenitore dei vocaboli, il dizionario, deve subire la stessa sorte. La vecchia   desinenza in a od in  o, nelle parole  per definire i generi, che è stata per molto tempo una trovata semplice e geniale nella nostra lingua, ora deve mettersi in linea con le nuove norme, che in ossequio con quello che prima chiamavo i desideri dei singoli, non devono discriminare le vocazioni in fatto di sesso. Col rischio di ledere l’attuale mentalità, volta a modificare il proprio stato liberamente. Meglio ancora anarchicamente. Dunque il diritto di essere quello che uno desidera, deve trovare una corrispondente lettura vocale e grafica eliminando ogni riferimento ad un sesso prefissato. Dunque alle singole parole troppo definibili, meglio usare frasi generiche e neutre che non fanno riferimenti ai ruoli ed alle funzioni. Già abbiamo modificato la parola sindaco in sindaca, in caso di un ruolo femminile, ma anche questa soluzione non va bene. Infatti non sarebbe rispettosa di individui o individue appartenenti  al terzo o al quarto sesso. Dunque al posto di una singola parola, oggi si tendono ad usare formulazioni onnicomprensive. Tipo componenti impiegatizie al posto dei  nomi, impiegato o impiegata, corrispondenti al vecchia abitudine di catalogare maschi e femmine. Come pure nelle riunioni, meglio non precisare il genere, ma usare il termine tutto fare di partecipanti che non ha corrispettivi in fatto di sesso. Anche la parola persona, andrebbe forse bene, ma non individuo con quella o finale molto sospetta. Individua infatti  potrebbe o dovrebbe trovare una sua possibilità di farsi largo nei vocabolari, mentre andrebbero rimossi sia padre e madre, troppo stantii e selettivi in ordine a quello che vorrebbero dimostrare. Insomma con i nuovi vocaboli di cui mancano ancora tanti termini nuovi per la sostituzione dei due generi, senza ricorrere alle frasi generiche che al posto dell’individuo o individua si appoggiano sul collettivo per non incorrere in errore, i dizionari attuali dovrebbero andare al macero. Questi ultimi, infatti troppo semplici  nel definire maschile e femminile, affidandoli, come detto, alla sostituzione di una sola vocale nella desinenza, non rispondono più alle nuove esigenze. Il nemico da battere anche nel lessico è la perentorietà di  una scelta in fatto di genere, che oggi diventa sicumera e persino ignoranza, al fine di non sapere cogliere i nuovi significati di uonna o donno per essere in sintonia coi tempi. Dunque abbasso i dizionari rivelatori, anzi rivelatrici, di un passato in agonia che dimostra arretratezza culturale.  Per quanto mi riguarda posso consolarmi con la mia laurea in medicina e la specializzazione in chirurgia, urologia, senologia e psicoterapia. Tutte parole che finiscono in a, dunque che si possono usare ancora  per qualche tempo. Ma non basta in quanto si attende l’uscita di un nuovo vocabolario, che dopo aver gratificato il genere femminile, sia in grado di utilizzare la transparola, meglio il transtermine per andare oltre i  generi tradizionali ed esprimere in modo neutro, oltre alle cose  inanimate, anche quelle animate. Ma mi rendo conto che utilizzando la parola anima, le cose si complicano.        

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