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Venerdì, 19 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Abbasso la squola

Locuzione questa che ci ricordiamo quella scritta su muri scalcinati in periodi di scarsa scolarità. Al tempo cioè in cui anche i bambini, oltre gli adulti, avevano altro da fare che andare ad imparare a leggere e far di conto. Era quello il tempo dove per vincere la fame bisognava andare a lavorare. E tutte le età erano buone per portare a casa quel poco che consentiva a malapena di sopravvivere. Per questo il luogo dove si studiava, non ritenendolo indispensabile per vincere il morbo della fame, poteva essere scritto con quell’abbasso a volte riportato in modo abbreviato con la doppia v capovolta.  Dunque, quel che rivelava il grado di  scarsa conoscenza della  lingua italiana, era la parola squola scritta appunto con la q. Per la verità oggi nel vedere questa parola, così scritta, ci scandalizziamo. Pensiamo alla squola degli asini, ma qualche ragione dal punto di vista fonetico quegli asini l’avevano. Infatti per la pronuncia non c’è alcuna discrepanza fra la c e la q. La differenza sta tutta nel fatto che la consonante q si scrive preferibilmente all’inizio di parola e non nel mezzo. Ma per quei bambini che avevano ben altro da fare per conquistarsi il diritto a vivere, si trattava di una differenza di poco conto. Messa appositamente da qualche cruscaio per difendere la purezza della lingua italica. Ed a proposito della purezza meglio lasciare perdere perché questa virtù è sempre qualcosa che si perde anche a proposito della lingua. Anche il latino, da cui deriva la nostra lingua, non ci dà una mano dal punto di vista fonetico. Infatti la parola latina schola con il ch ha un suono per nulla distinguibile rispetto alla sola consonante c  o q. Per cui l’orecchio può essere tratto in inganno dal suono uguale. Dunque passando dal passato al presente, ho ritenuto sia più rispondente alla situazione attuale, riproporre in scrittura, la parola squola. Questa volta, non si tratta di mancanza di studio, ma semplicemente di disaffezione allo studio. Il riferimento è alla nostra situazione sqolastica che dal tempo della pandemia è entrata in crisi. Per la verità non è che prima del virus la situazione fosse molto confortante. Lo studio attraversava, già da tempo, un periodo di poca attrattiva. Lo dico per esperienza diretta, confrontata su tre generazioni. A parità di studi, la mia preparazione era inferiore a quella di mio padre ma superiore a quella di mia figlia. Nel frattempo sono passati diversi anni e questa differenza ci dà l’impressione che si sia accentuata. Tuttavia il colpo di grazia è arrivato dal virus, con gli Istituti chiusi e egli studenti confinati in casa. Tre mesi e più di vacanza non hanno certamente invogliato a studiare o meglio a far finta senza la supervisione diretta dell’insegnante. Per la verità quest’ultimo era uccel di bosco fisicamente, ma non visivamente.  Infatti stava distante collegato via internet. Quindi lontano dagli occhi e lontano dal cuore, per non parlare della mente. Un semplice trait d’union col computer o con qualsiasi smart phone.  In questo modo, ogni pratica di studio diventava finzione sotto le vesti molto formali di programmi inventati ed impostati a discrezione di chi per scarsa voglia e distrazione non era interessato a sapere. Ecco allora perché questa natura di un insegnamento per via aerea e dunque fantasma, mi autorizza a riscrivere  squola  con la q, un tempo come dicevo, modo di esprimersi degli asini. Ma non esageriamo, in fondo c’era il virus e la salute val bene, per molti, la messa in disparte di istruzione e preparazione. Tutto ciò, con grande soddisfazione degli studenti, altro termine questo che bisognerebbe sostituire con stadenti in quanto stavano a casa, oppure con scadenti per la scarsa propensione allo studio. Questo dopo l’esame burla, detto di immaturità, fatto per via solo orale, dove ognuno poteva dire qualsiasi cosa, con la benedizione e il ringraziamento  delle istituzioni , in pratica con la promozione assicurata. In questo modo, si è  giunti alla fine dell’anno sqolastico. Fine o Inizio? No, no, non confondiamo le carte, ovvero le pagelle.  Trattasi di solo fine, perché del nuovo inizio non se ne parla. O meglio se ne parla, ma si fa fatica a capirci qualcosa . Come quando sparla la Ministra, Lucia Azzolina. Si proprio lei, quella delle labbra rosse, ma solo le labbra. Mentre altri rossori in viso, in fatto di vergogna, neppure un piccolo anche se impercettibile cenno, sconfitto dal bianco latteo della pelle. Quale allora il programma per il nuovo anno? Non c’è. Al suo posto, solo una infinita serie di proposte, una più confusa dell’altra. Ministra docet e tralasciamo il docet che rimanda a docente, visto che la  tesi  di laurea della maestrina, detta anche miss rossetto, insediatasi, non si sa come, al Ministero della Pubblica Istruzione, per non essere tutta farina del suo sacco, sembra  l’abbia infarinata lo stesso, da cui il colore candido della carnagione. In altri termini si può anche dire che abbia fatto acqua. Che si può scrivere anche, in base all’attuale preparazione sqolastica, come accua o aqqua. Che poi  la lettera c e la q non si debbano raddoppiare mai, è solo un retaggio del passato. Infatti la nostra lingua è piena di eccezioni, se esiste taccuino o soqquadro. Lasciamo perdere  la grammatica, e ritorniamo alle farneticazioni sul prossimo anno scolastico. Queste riguardano le classi, il modo di entrare in istituto e come trovare il distanziamento sociale. E poi  disquisire sull’uso delle mascherine e dei programmi cosiddetti trasversali. Cominciamo con le classi allora. Queste dovrebbero essere spezzettate. In due, tre, o anche cuattro?  Nessuno lo sa, anche se molti ne parlano, ma solo per confondere invece di chiarire. Infatti poichè non ci sono gli spazi, lo spezzettamento potrebbe avvenire al chiuso e all’aperto. I mesi invernali, per assurdo, considerata l’aumento costante della temperatura, per i proponenti, si presterebbero bene. Ci ricorderebbero la  stoà di greca memoria, ma almeno lì c’era il portico. Non sottilizziamo. La filosofia non è più di moda. E passiamo allora al distanziamento sociale nelle aule. L’ideale  sarebbe il banco singolo, distanziato da circa un metro da quello più prossimo. Ma di banchi singoli non ce ne sono. E allora? Si fa quel che si può. Ed  ecco la soluzione fantastica proposta, senza ironia,  dalla Azzolina. Utilizzare il plexiglas come isolamento. Ma siamo solo all’inizio  ed allora continuiamo Spezzettare  le classi in mancanza di ampi locali, comporta la necessità di riunire studenti di età diverse. Gli insegnamenti diverranno trasversali e questo per la verità si identifica bene con i tempi che corrono. Dove tutto è trasversale ed indefinito, compreso anche  lo stato che riguarda il genere.  Ho parlato di classi, ma prima bisogna risolvere come entrare  in istituto. Ecco la soluzione.  Scaglionare  gli studenti per turni in base a non so che cosa. Lo stesso per l’uscita. Tutti poi devono essere in  maschera. Fatto questo che se non ci rimanda, causa i continui  giri di valzer, al  ballo dell’omonima opera verdiana, ha sempre il sapore di  una  tragicomica presa in giro. Queste le proposte della Ministra che dopo aver sentito Francesco Boccia (Affari regionali) e l’altro Ministro  Roberto Speranza (Salute), sembra avere le idee ancora più confuse. Al punto di scaricare le responsabilità su presidi, docenti e sindaci. I quali messi sulla graticola, sono scesi in piazza in 60 citta italiane a protestare per la mancanza di linee guida per il prossimo anno scolastico, innalzando cartelli con su scritto: bocciata la Ministra. Unica bocciatura nella squola italiana di quest’anno.  In questa situazione, in un sussulto di reazione dignitosa,  rispetto all’assenza di idee, potrei anche augurarmi di scrivere viva la squola. Ma sia il viva che l’abbasso del titolo, una volta tanto vogliono dire la stessa cosa. Quel che resta invariata è la  parola squola.

Abbasso la squola

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