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Venerdì, 19 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Che disdetta essere bianchi

Non sempre la storia si capisce. Anzi a volte dà l’impressione di stupirci  sovvertendo  le  nostre vecchie credenze.  Succede infatti, per la storia, quello che vorremmo decifrare a proposito delle dinamiche umane che della storia rappresentano la condizione con la quale e per la quale si verificano i fatti. Insomma nonostante abbiamo competenze scientifiche, qualcosa a proposito delle vicende umane ci sfugge. Perché in quel miscuglio di componenti dell’animo umano, non sempre le ragioni hanno ragione sui sentimenti. Al punto  che spesso sono le emozioni a  prevalere ed a condizionare fatti ed azioni. Dunque non meravigliamoci se al di sotto della superficie qualcosa, come si dice,  bolle in pentola  fino a quando per l’elevata temperatura, questa scoppia e diffonde in lungo ed in largo una nuova condizione  in grado di cambiare volto alle umane cose. Entro allora nel merito a proposito del colore bianco. Intendiamoci poichè abbiamo abolito la parola razza, questa l’abbiamo sostituita con i  due colori che contraddistinguono gran parte delle tipologie umane, quindi il bianco ed il nero. E tralascio il giallo che se pur molto frequente, non ha ancora raggiunto una sua importanza storica ai fini di un evento che in base alla discriminazione,  oggi fa parlare il mondo. Ritornando allora ai due colori, bianco e nero, mai come di questi tempi, si è verificata un cambiamento di attribuzione di significati. Le cose nella storia agiscono sottotraccia anche perché sono i mezzi di comunicazione che ne stabiliscono l’importanza, al fine  di  accendere interesse e di smuovere le coscienze, causa la forza della pubblicizzazione. Nel caso specifico del colore nero, nonostante lunghi periodi storici di discriminazione spesso violenta, e nonostante la cosiddetta  sua  oggettiva superiorità coloristica, per una serie di motivi che sappiamo e che non possiamo trattare altrimenti dovremmo scrivere libri su libri, il colore bianco ha sempre preso il sopravvento sul suo  antagonista.  Ma poichè pentole e coperti non sempre vanno d’accordo, è stato sufficiente un episodio che  ha fatto saltare in aria, sia gli uni che gli altri. Mi riferisco all’uccisione di George Floyd da parte della polizia di Minneapolis nello stato del Minnesota. E uso il termine ucciso perché non esiste altro termine. Visto che l’agente del misfatto, dopo averlo immobilizzato, gli ha posto il ginocchio sulla trachea per circa 9 minuti impedendogli di respirare. Ebbene quell’uccisione, brutale e ingiustificata, ha scatenato  praticamente in tutto il mondo, quella rabbia repressa contro il bianco diventato di colpo il capro espiatorio.  Ho parlato di rabbia, ma sarebbe meglio parlare di ingiustizia storica del bianco contro il nero.  Ed è stata proprio questa consapevolezza da troppo tempo storicamente sotto valutata che ha scatenato l’inferno. Non importa se fra gli agenti coinvolti c’era anche un ispanico ed un arabo. Il fatto in questione, per l’opinione pubblica, non esiste. Sussiste solo la colpa di un bianco che dopo aver violentato, storicamente parlando, il nero è arrivato al suo  punto estremo. All’ultimo misfatto, dopo secoli di sopraffazione, consumato fra l’altro sotto gli occhi dei passanti e con  la pretesa  di una certezza arrogante di non essere punito. Invece da uno, si è generata una moltitudine e da qui una nuova storia basata sullo  stravolgimento  del colore. Uno slogan  da subito, si diffonde fra la gente che accalcano le piazze nelle più disparate città di ogni continente .  La scritta black lives matter che significa che al nero ci teniamo, viene riportata sui cartelli  e dai cartelli si iscrive  nelle coscienze dei vari partecipanti .  Se  la calunnia è un venticello che poi si propaga e si raddoppia fino a produrre una esplosione, nel nostro caso la rabbia  del nero contro il bianco è subito una gran tempesta che diventa furia iconoclasta, coinvolgendo nell’abiura  del loro stesso  stato, molti esponenti bianchi. Questo il messaggio. Il passato incensato ed avvolto  dall’uomo bianco, deve essere decisamente sconfessato e cosi le statue della gloria legata a quell’unico colore. Se non abbattute, causa  l’intervento delle forze dell’ordine, molte di quelle statue fino a ieri simboli   indiscussi di una epopea storica, una volta  prese di mira dalla moltitudine inferocita,  vengono imbrattate. Dopo Cristoforo Colombo, è la volta di Winston Churchill, e poi di Theodore Roosevelt, George Washington e del generale Lee dell’esercito confederato. Questo in  America. Ma l’Europa non è da meno. In Francia.  anche Voltaire non passa inosservato e anche se non si conosce il perché,  la vernice fa il suo lavoro di imbrattatura a chiazze. E veniamo all’Italia. Chi fino a ieri veniva considerato un genio della penna come giornalista? Va da se che rispondere Indro montanelli,  fra l’altro già gambizzato dalle brigate rosse, non avrebbe rappresentato  per ogni lettore, alcuna difficoltà. Invece che succede? Che a più riprese la vernice rossa si accanisce sulla sua statua, imbrattando faccia e corpo e poi come esempio di puro oltraggio, la mitica  Olivetti Lettera 22. Il perché è legato al suo passato. Quando durante la guerra in Africa, come era abitudine fra gli ufficiali, gli venne offerta una giovane  di anni 13  che gli divenne o moglie o compagna . Scandalo. Ma l’iconoclastia non contestualizza.  Cosicchè capita che il passato diventato  acriticamente oggi, si macchia di un crimine che prima non veniva considerato  tale. Ma inutile argomentare quando la rabbia si impossessa dell’uomo.  La ragione che pur esiste viene sommersa dall’emozione e tutte due insieme, ricercando nel passato di ognuno, devono trovare le prove di un fatto maldestro, di una colpa o quanto meno di  un evento criticabile.  In questa ottica nessuno si salva. Nemmeno i santi, diventati tali solo dopo aver attraversato periodi di incertezza per non dire di vita  burrascosa ed anche peccaminosa. Ma ancora non è tutto per evidenziare la vittoria del nero sul bianco. E   lo dimostra una delle più famose ed autorevoli Università, quella di Oxford.  In questo ateneo gli studenti di colore possono scrivere una lettera al Magnifico Rettore dimostrando di essere influenzati negativamente dai fatti che succedono. La risposta sarà quella di aiutare sia nei voti che nelle date di esame questi studenti. E se qualcuno eccepisce come è il caso di un professore bianco, secondo il quale nella valutazione di una prova scritta è difficile se non impossibile  attuare ogni sorta di discriminazione in base al colore della pelle, la soluzione è il suo allontanamento dal corpo insegnanti. In sintesi  e per chiudere diventa un guaio essere bianchi. Tutta la storia, intesa alla luce degli ultimi eventi, ci è contro, mentre in nostro favore ci viene solo il detto di Martin Luther King.  Secondo il quale  le persone non devono essere giudicate in base al colore  della pelle. Poca cosa questa affermazione sacrosanta, di fronte alla rabbia. Forse fra un po’,  dopo  che si sarà esaurita questa nuova rivoluzione del colore, si ritornerà ad una condizione di ritrovata calma, anche coloristica, perfino nei confronti del nostro passato. Intanto quelli che stanno in mezzo, i meticci, non sanno oggi  da che parte stare.          

Che disdetta essere bianchi

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