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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Chi lo capisce è bravo

E parliamo di politica. Una materia questa di difficile comprensione. Ognuno infatti la pensa un po’ come vuole, almeno da quando sono finite le ideologie, sostituite da interessi personali o di partito, che d’altra parte sono sempre esistite anche se non in termini così spudorati. Quindi non più grandi idee, fascinosi ideali, grandi progetti, motivazioni nobili, utopie avveniristiche e irrealizzabili, tutte sostituite da un piccolo cabotaggio quotidiano, dove gli interessi singoli diventano spesso di gruppo ,da intendersi oggi nel termine omnicomprensivo chiamato politica. Tutto dal punto dei principi ispiratori è stato svuotato. Il comunismo rimane solo per pochi sopravvissuti duri e puri  che vivono di nostalgiche illusioni, mentre viceversa il liberalismo è diventato la panacea dove tutti si accomodano al suo desco per dire tutto e di più. E’ un fatto infatti che quando tutti si professano liberali, il liberalismo muore, sepolto dalla sua stessa incapacità di tradursi in fatti concreti. Dunque brutta cosa la politica per chi si illude di avere ancora qualche ideuzza che non si sposa con l’andazzo generale, dove oggi si riduce ad un solo argomento: l’immigrazione. In termini politici, essere a favore o contro l’immigrato a prescindere dalle motivazioni. Il ché tradotto nella vulgata corrente della banalizzazione, essere di destra o di sinistra. Viste così le cose c’è ben poco da sperare se tutto si traduce nel problema dell’immigrato, specie se di colore. La politica oggi si dibatte fra fake news  e i soliti luoghi comuni e fra questi, due parole chiave inflazionate: razzismo e fascismo sempre evocate da chi non ha altri mezzi per sostenere le proprie argomentazioni, ammesso che le idee esistano. Sta di fatto che queste parole razzismo e fascismo sono comunque entrate nel nostro vocabolario e in quello spirito collettivo che  serve solo a confondere parole e fatti, storia reale e fantasiose interpretazioni. Si preferisce insomma perpetuare l’inganno della moda corrente. Nel caso specifico evocare spettri esistenti nel nostro inconscio che a leggere la Famiglia Cristiana diventano diavoli. I quali esseri cornuti, causa l’incredulità generalizzata verso il sacro, dal regno spirituale si sono incarnati in un politico. Diventato quel dannato discendente di Lucifero cui molti preti, come dicevamo, e altrettanti cattolici ritengono non più degni di una fede matura e moderna. Una vecchia storia, quella dei diavoli, per intimorire un tempo la massa dei credenti con immagini paurose che dovevano spaventare più che convincere. Sembra di divagare ma la realtà è questa ed oggi fa comodo reinterpretare scrittura e tradizione cattolica, tralasciando quelle frasi troppo cruenti che evocano il dolore e lo stridore di denti destinati solo a chi ancora legge il vangelo. Anzi per essere in linea col pensiero attuale, queste frasi possono essere definite razziste o fasciste e così anche quella cosa strana che è la politica entra nel patrimonio della fede annacquandola e volgarizzandola. Dopo queste divagazioni, voglio però rimanere sul pezzo, come dice il titolo, a proposito di una persona che non si sa più come interpretare. E per non rimanere nel vago chiamiamola col suo nome: Berlusconi. Chi sia e cosa abbia fatto, ognuno lo sa, sia come politico che come imprenditore. Per vent’anni ha imposto nel bene e nel male la moda del” mi consenta “e ha sempre professato di essere un liberale. Che lo sia o lo sia stato, qualche dubbio viene. Infatti è lecito pensare se sia riuscito a dare al suo paese quell’impronta liberale antistatalista troppo spesso evocata a parole. Come politico fra il bene e il male è stato una via di mezzo. Anticomunista viscerale, qualcosa nel suo esercizio politico manca. Perché in sostanza fra il dire e il fare ci sono stati di mezzo, molti alleati non sempre affidabili  Se non il coraggio, forse gli è mancata l’arroganza e il cinismo di fare da solo senza curarsi dei suoi collaboratori. Voleva essere un duce, ma non lo è stato perché troppo legato a illustrare la sua immagine pubblica e accontentarsi di questa vanità. E forse è stato meglio così. In sostanza ha voluto credere nell’Italia, ma non è riuscito a cambiarla come avrebbe voluto, preferendo anteporre, come detto, la propria immagine di pelosa visibilità alla decisione di inimicarsi i suoi stessi collaboratori, sempre in preda a fibrillazioni. Con il timore di dover perdere ruolo e prestigio, in caso di disaccordo col capo. Ultimamente però le cose sono cambiate. La condanna a dimettersi da parlamentale, ma soprattutto l’incipiente vecchiaia hanno modificato il suo appeal. Incespica nelle parole e la sua lucidità nei discorsi manifesta qualche crepa. Cose da poco intendiamoci, ma sufficienti a modificare la sua immagine di essere vincente e questo indipendentemente da comportamenti criticabili con conseguenti processi e condanne da lui sempre considerate inique. Tuttavia il protagonismo è rimasto tale. Infatti non sopporta diventare presso l’opinione pubblica un numero due. Tanto che, chi pur dichiarandosi amico, lo batte alle elezioni come è stato il caso Salvini, suscita in lui reazioni di stizza e fastidio. Infatti fra i due scorrono cattivi umori anche se mascherati dal bon ton, al fine di non compromettere più di tanto l’alleanza politica. Ma il protagonismo è sempre in agguato e Berlusconi non ci sta ad essere messo nell’angolo, da un parvenu per giunta giovane e inelegante nel vestire. La droga della ribalta è sempre uguale qualunque cosa accada, col rischio data l’età di perdere in lucidità come quando ha nominato Antonio Tajani suo vice. Presidente del Parlamento europeo, politico e giornalista, Tajani è considerato un fedelissimo suo, ma per tanti motivi non buca il video. Troppo controllato nell’eloquio, misurato e noioso fino alla nausea, ha anche il difetto di rappresentare nel suo ruolo di Presidente il pieno accordo con l’Unione Europea, proprio nel momento in cui in Italia ed in altri paesi come Austria ed Ungheria si stanno aprendo crepe populiste e sovraniste ben espresse nel nostro paese dal governo lega e penta stellato. L’ultima sua mossa (parlo sempre di Tajani) è stata addirittura incomprensibile e riguarda il carrozzone Rai. Proposto come Presidente dell’ente pubblico da parte di Salvini e Di Maio, l’ex penna del Giornale, Marcello Foa, il cui passato è tutto all’insegna di un liberalismo senza se e senza ma, ecco verificarsi quello che in politica si può definire come l’eterogenesi dei fini. E succede quando alle idee si antepongono fatti personali legati a piccole e banali questioni di protocollo . Insomma per Tajani (con l’avallo di Berlusconi) un giornalista liberale ed antico collaboratore di Montanelli non va bene e come lui la pensano  i vari esponenti di partito, i quali non si rendono conto di rappresentare una Forza Italia in via di estinzione. Ecco allora il punto. Perché? Lesa maestà, da parte del cavaliere per il fatto di non essere stato preventivamente avvisato da Salvini, in modo da concordare una comune candidatura e quindi non perdere il suo ruolo da protagonista? Possibile, ma se la politica è questa, a me pare un suicidio bello e buono e se nulla succede, il destino di quel partito e di Berlusconi sono segnati. Siamo sempre lì. Nessuno è mai lucido quando è il tempo di abbandonare la politica e farsi da parte. Ci pensa a farlo la natura, questo è vero, ma quando capita è ormai tardi per rimediare. Nel frattempo un accanimento politico, senza veri ideali, diventa pericoloso e non porta alcun risultato. Anzi un risultato lo porta, quello di essere abbandonati e rimanere soli. Così capiterà a Berlusconi e a Forza Italia forse anche per la presenza di Tajani. Che rimane un numero due anche quando gioca da numero uno. Mentre dall’altra parte Salvini vince e se la gode.  

Chi lo capisce è bravo

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