Dal tramonto all’agonia dell’Occidente
Del tramonto della civiltà occidentale, ne aveva già parlato Spengler strano filosofo o forse meglio dire preveggente ideologo, che circa un secolo fa, ipotizzava in un suo libro, edito in due volumi nel 1918, appunto il tramonto dell’occidente. Il perché delle sue intuizioni muovevano dall’analisi delle varie civiltà succedutesi nella storia
Del tramonto della civiltà occidentale, ne aveva già parlato O. Spengler strano filosofo o forse meglio dire preveggente ideologo, che circa un secolo fa, ipotizzava in un suo libro , edito in due volumi nel 1918, appunto il tramonto dell’occidente. Il perché delle sue intuizioni muovevano dall’analisi delle varie civiltà succedutesi nella storia. In sostanza teorizzava che ogni civiltà a cominciare da quella babilonese, la prima da lui individuata e studiata, non potesse sfuggire ad un suo destino prefissato, al pari di quello di ogni uomo. In sintesi questa la sua teoria. Ogni raggruppamento sociale essendo l’insieme di tanti individui, segue necessariamente la stessa evoluzione della vita di ogni sistema biologico strutturato, grande o piccolo che sia. Infatti tutti i sistemi seguono la legge del quattro, numero questo ricorrente nelle costruzioni filosofiche dei presocratici. Nella fattispecie, come è intuitivo, queste sono le fasi cui nessuno può sottrarsi: infanzia, giovinezza, maturità e vecchiaia. La differenza riguarda solo la durata dei singoli periodi, ma non il fine ultimo. Perché se è imprevedibile ,per entrambi i sistemi, il tempo di durata, è invece molto prevedibile l’esito finale, infinitamente più corto per l’uomo, rispetto alla sua dimensione sociale che costituisce appunto la civiltà. Insomma se si può ipotizzare oggi nell’arco di un secolo la durata della vita del singolo, nella sua dimensione massima, per le civiltà il tempo si dilata e di secoli ce ne vogliono molti di più, anche se, come detto, il tramonto arriva per tutti, nonostante i tentativi di ritardarlo.
E’ quel che succede dalla fine dell’ottocento nell’ attuale civiltà occidentale, chiamata da Spengler, appunto faustiana. Infatti come Faust fece un patto col diavolo per ritornare giovane, anche la nostra civiltà sta alimentando il mito dell’eterna giovinezza, scegliendo come mezzo e fine un sostituto dell’antico spirito maligno( o benigno a seconda dei punti di vista) come oggi viene considerata l’economia, nel tentativo di allungare attraverso appunto il benessere la decadenza. In sostanza, succede che chi sta economicamente bene, vanta l’illusione di onnipotenza e l’impressione di modificare la legge naturale dell’evoluzione. Potere e felicità , nella civiltà detta faustiana, diventano quasi sinonimi onde imbrigliare il tempo, quello dell’eterna giovinezza, considerata da tutti l’età più felice . Ma c’è una seconda possibilità. Se tale illusione economica non è sufficiente, si ricorre ad un secondo marchingegno, si cambia la realtà e se ne sovrappone un’altra, quella virtuale . Cosicché il gioco è fatto. L’economia venerata come divinità, consente pertanto queste alchimie, tuttavia al di là di finzioni e illusioni, anch’essa non sfugge alla regole del tempo, stabilite fin dall’origine della civiltà greca, base della nostra cultura, dalle moire. Le quali tessono il destino, imprevedibilmente breve o lungo a seconda della durata del filo. Bene , ritornando al nostro ideologo, l’impressione è che dopo un secolo dalle sue premonizione, il filo cui noi ancoriamo il senso della vita economica, si stia esaurendo. In attesa del suo tramonto, si cominciano ad intravvedere premonitori sfilacciamenti, specie nel nostro paese. Dove oggi può succedere di tutto, senza che la cosa susciti, proteste, allarmismi o scandali.
La politica costituisce l’esempio più evidente di come si possa procedere anarchicamente contro ogni regola morale. Infatti in un periodo come l’attuale di crisi economica, quindi come detto di divinità surrettizia( l’economia), l’unica reazione visibile non è la riduzione delle spese o meglio degli sprechi di Stato, ma il loro incremento. Ognuno vanta infatti il proprio diritto nel crearsi una giustificazione la cui traduzione è il proprio dio, fai da te Quello che tollera, che giustifica e che invece di punire, usa di volta in volta o l’indifferenza oppure un suo succedaneo: la misericordia, come da molti è intesa o meglio fraintesa. Una parola questa diventata popolare proprio quest’anno e spesso confusa con la condizione prima e ultima di ogni comportamento, giusto o sbagliato che sia. Infatti molti misericordiosi di risulta, non amano dividere o separare le cose buone da quelle cattive. Chi sono io per giudicare diventa allora il messaggio che genera confusione e al limite autorizza ogni tipo di comportamento.
Ma ritorniamo alla politica e chiediamoci: abbiamo un Presidente del Consiglio, non eletto? Ebbene chi può dire che non sia legittimo? Si riforma la legge elettorale e la Costituzione a maggioranza, nonostante la maggioranza non esista? Sono quisquilie neppure degne di scomodare l’etica, la quale deve invece essere utilizzata per le cose più serie. Quelle che riguardano i problemi dello spirito, se mai esistono. Infine ci si abbuffa di democrazia, mentre si pratica l’assolutismo? Non è un problema. Un esempio fra gli ultimi? La riforma dei vertici Rai che devono essere graditi al capo del Governo ai fini di mantenere stretto e ristretto il proprio potere? Suvvia, non scandalizziamoci, il nostro popolo è fatto così, da sempre. Perché il capo finché è il capo lo si incensa, e perfino lo si adula. Ma passiamo ad altro, e recuperiamo il nostro tema in termini di agonia di una civiltà e dell’insorgere di un’altra. E mi riferisco all’invasione musulmana con i loro iman e il conseguente numeroso seguito di fedeli che oggi vedono la possibilità di poter realizzare in tempi brevi, il trionfo del loro dio sul nostro. Un tempo sceso dal cielo, ma oggi scomparso il cielo, sostituito dal dio denaro con la benedizione della misericordia. Le civiltà che nascono, hanno in comune con qualsiasi nascita del mondo animale , la sfrontatezza, l’ardire e in parte anche una certa dose di irresponsabilità, elementi questi tipici dell’età prima della vita. Non amano( le nuove civiltà) regole precostituite, né sono disposte a subirle. Se poi queste non ci sono, oppure non si applicano, tanto meglio. Come venire al mondo è una lotta, il crescere è una seconda lotta di sopravvivenza e poi vocazione folle a realizzare il proprio progetto esistenziale contro ogni ostacolo esistente. Irrazionalità contro ragione è la sua spinta ad esistere, così come contestazione e trasgressione la motivazione ad affermare il proprio diritto a non dover soccombere di fronte alle avversità.
E spesso nei confronti dei propri simili, non per niente chiamati da Hobbes uomini lupo. Da sempre le cose stanno in questo modo se poi un dio, vero o presunto che sia, ti assiste e ti protegge, ecco che la irrazionalità di partenza con il concorso del fanatismo di una fede malintesa, sconfigge ogni ostacolo. Niente di nuovo, è semplicemente quello che ci insegna la storia delle nuove civiltà, che devono elaborare in fretta le proprie leggi per sconfiggere quelle esistenti, già agonizzanti per ignavia. Dunque se queste sono le premesse per la subentrante civiltà araba, in avanzata fase di realizzazione, i sottomessi( ad Allah) cambiano di ruolo e fanno di noi i nuovi sottomessi. Infatti al posto di reagire e combattere, ammesso che questo serva contro la leggi della storia, preferiamo affidarci al destino, dove integrazione, irenismo, pietismi e buonismi vari, riempiono il nostro dizionario quotidiano delle frasi fatte. Insomma non siamo più avvezzi a difendere principi in cui non crediamo, col rischio di affaticare inutilmente le membra, rese inattive dal benessere. Non è una guerra di religione preferiamo sostenere ed il sospetto che così dicendo non ci sentiamo di compromettere la nostra tranquillità è più che giustificato. Tanto che quando distruggono chiese e uccidono cristiani, preferiamo coprirci gli occhi e tapparci le orecchie. Menomati come siamo, nello spirito e nel fisico, non abbiamo altra scelta che votarci passivamente all’invasione, sperando che un dio( quale?) ci aiuti. La speranza è vero è sempre l’ultima a morire a patto comunque che uno non voglia suicidarsi. Perché non è stato ancora inventato il dio dei suicidi. In attesa del tracollo finale ingurgitiamo tutto e all’insegna del multiculturalismo, dimentichiamo i misfatti subiti, disposti perfino ad accogliere in chiesa i nostri persecutori per poi vederli sputare sul crocefisso. Cosa questa considerata marginale, dal religiosamente corretto. Ritornando a Spengler, diventa allora lecito pensare che ormai è giunta l’ora , per noi agonica, dell’ arroganza integralista al fine di sottomettere gli antichi fruitori del benessere. Chiamati cani infedeli, da sconfiggere con una nuova crociata sul piano politico e civile. Mascherati da democratici, loro che invece la democrazia, non la tengono in alcun conto, si fanno cura di utilizzare le nostre leggi basate sui diritti civili.
La prima mossa riguarda il costituirsi di un partito politico sapendo che fra qualche anno, causa immigrazione e incremento della natalità, gli arabi diventeranno maggioranza. In tal modo vedere riconosciute la loro legge, la sharia o legge divina che non riguarda solo la ritualità religiosa, ma anche il diritto giuridico, causa la concezione teocratica dell’esistere, troverà il modo di affermarsi, con l’umiliazione per noi della beffa democratica subita. A quel punto in chi disprezza la convivenza e l’unione civile fra omosessuali, meritevoli addirittura di eliminazione fisica, sostenere la poligamia ( quattro mogli per ogni uomo, visto che Maometto di mogli ne ha avute dieci), diventerà cosa buona e giusta . Poi arriveranno altre richieste, come impone qualsiasi nuova civiltà che subentra alla vecchia. Nel frattempo prepariamoci ad affrontare la fase ultima della nostra società. E per chi non si rassegna e ancora non legge il Corano, rifiutandosi di imparare a memoria almeno le prime sure, l’augurio è che il morituro, in queste condizioni di ignavia misericordiosa, non duri troppo a lungo. Salam.