rotate-mobile
Mercoledì, 24 Aprile 2024
Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

"Il caso Porro" e Virus

Prima o poi doveva accadere. Non tutti lo sapevano ma lui sì, o meglio pur non augurandoselo, lo prevedeva. All’associazione Liberali, durante un incontro, lui ospite d’onore manifestava uno spirito libero, oltre che liberale. Lo disse con molta naturalezza che non avrebbe rinunciato alla sua libertà qualsiasi cosa fosse capitato. Si parlava infatti del suo programma di successo in Rai, chiamato Virus

Prima o poi doveva accadere. Non tutti lo sapevano ma lui sì, o meglio pur non augurandoselo, lo prevedeva. All’associazione liberali, durante un incontro, lui ospite d’onore, ebbi modo di sentirlo avendolo al mio fianco. Elegante di tratto e di stato, simpatico per naturale indole, con una buona cultura avendo frequentato gli studi classici dai gesuiti, disponibile al dialogo senza tradire sufficienza, rispettoso dei ruoli, manifestava uno spirito libero, oltre che liberale. Me lo disse con molta naturalezza che non avrebbe rinunciato alla sua libertà qualsiasi cosa fosse capitato. Si parlava infatti del suo programma di successo in Rai, chiamato Virus. Una eccezione nel panorama dei talk show, normalmente gestito da conduttori di sinistra. Infatti il suo iniziatore storico fu quel Michele Santoro che i suoi personaggi li sceglieva funzionali alle tesi che voleva sostenere. Chi si adattava bene, viceversa coi dissidenti (pochi) utilizzava i trucchi del mestiere per neutralizzarli. Queste le sue strategie: interruzione degli interventi non graditi con la motivazione di una loro eccessiva lunghezza, passaggio  subitaneo del microfono ad altri allo scopo  di movimentare la discussione, ricorso a risposte pepate  nei confronti degli ostinati dissidenti e poi sistematici pistolotti in  difesa dei valori democratici, dopo aver pilotato la discussione per creare situazioni favorevoli onde criticare un sistema corrotto e disonesto causato dai politici, quasi sempre non di sinistra. Il cui vero rappresentante era allora il tycoon dell’informazione e dell’imprenditoria che malauguratamente aveva sconfinato nel territorio politico. 

Lo scopo mai nascosto, era  quello di  calcare l’area populista, che da sempre  vuol dire mettersi dalla parte dei giusti per contrastare il potere, quando il potere è in mano agli altri. E così facendo, realizzare due obiettivi. Coinvolgere più pubblico possibile, sempre sensibile al miraggio della contestazione  quando il popolo è presentato vittima di trame  oscure di potere , da parte di una trasmissione tv. E nello stesso tempo portare in alto le sue quotazioni di conduttore,accreditandosi come il difensore del popolo  e di se stesso. Vabbè stando così le cose, Porro allora cosa c’entrava? In effetti bisogna riconoscerlo, era una anomalia. In quel mondo  di denunce più o meno orientate, un giornalista per giunta liberale, rappresentava una eccezione. Si poteva pensare ad una meteora che sarebbe stata presto oscurata dal sistema illuminato in senso opposto dai giornalisti di sinistra, i quali caduto, causa l’inflazione di se stesso, il loro caposcuola Santoro, avevano preso la sua eredità. Tuttavia contrariamente alle previsioni,Virus ebbe successo. Intendiamoci tutto nel cosiddetto indice di gradimento è relativo. Ma un’ audience che per un programma di informazione politica che si colloca fra il 4 ed il 6%, in un momento di crisi di questo genere di spettacolo e per di più gestito da un personaggio non allineato al sistema, in un certo senso ha rappresentato una novità. La sua forza , parlo dello spettacolo, la simpatia del conduttore che non ha mai tradito la sua vocazione liberale, a cominciare dalla scelta degli ospiti, di estrazione politica opposta e  spesso contrapposti anche visivamente, sistemati nello studio rispettivamente a destra e a sinistra. 

E poi i temi proposti, sempre di attualità, ma senza fini subdolamente strumentali o  accusatori verso un capro espiatorio già designato, affrontati con acume intellettuale e soprattutto con l’impressione ,dal sapore di verità, di non dover rispettare consegne o secondi fini. Per ultimo la sensazione di una libertà di espressione pacata, mossa dalla correttezza di non debordare nel populismo facile, come pure di  cadere nella critica sfacciata e irridente. Insomma l’eleganza del conduttore, sempre pronto al sorriso e a non esasperare i toni, è diventata la carta vincente di  un contagio  da parte del pubblico di una  trasmissione di successo al di là di ogni previsione. Ma non si poteva continuare. Già me lo aveva detto in quella occasione a cena.  Queste le sue parole: poiché non ho angeli in Paradiso, nel senso di gruppi di potere che mi sostengono, se un domani mi dovessero cacciare niente di male. Me ne ritorno a fare il giornalista a tempo pieno sulla carta.  Se poi dovesse andare a male anche questo, la mia tenuta agricola mi consentirebbe di vivere senza per questo avere grandi risentimenti contro qualcuno. Queste le confessioni di un giornalista con piena aderenza alla realtà e che innamorato di Einaudi presentava e presenta anche punti di contatto col grande liberale,anche per quanto riguarda la stessa vocazione agreste o meglio agricola. Comunque le previsioni si stanno avverando. In Italia due pericoli si sono concentrati per  far cadere qualche testa. Da una parte la natura del ducetto che oggi è al potere.Affabulatore eccelso, usa le parole secondo necessità, che diventano sue, dopo averle sottoposte ad un sovvertimento di significato e lo stai sereno rivolto a Letta ne è l’esempio più eloquente.

Da allora abbiamo scoperto che una parola fa pensare ad una cosa ed invecesi intende il suo contrario. La politica e l’arte del dire più che del fare, lo sappiamo fin dai tempi di Machiavelli, ma ora siamo arrivati al punto dove sia il dire che il fare si sono alleati potenziandosi. Devo ammettere che in questo c’è del calcolo e anche dell’intelligenza.  L’arte del fare , dopo aver sostenuto a parole il suo contrario, sta mietendo infatti grande successo. La sua sponda giusta, non più il Principe, ma l’italiano medio. A cui non vanno le imposizioni, ma se queste sono ben mascherate e poi adornate da possibili favori, si rendono attraenti. La vocazione al potere è connaturata al nostro spirito, così pure all’uomo di comando purché questi non evochi la storia recente che parla d’armi, di un duce e di un cavaliere nero, ma che, fra i tanti errori, non hanno saputo sufficientemente nascondere , negare e fingere, le loro vere intenzioni. Il Balcone di Piazza Venezia sostituito dagli studi televisivi, più modernamente diffusivi e persuasivi, assolve ora al nuovo compito. Che è sempre di conquista, ma con i toni subdoli di chi impone senza imporre con la naturalezza del  dire e del fare  per il bene del popolo e vada sé del paese. La rottamazione di fatto si è prodotta senza più utilizzarne la parola, che a lungo andare, sarebbe diventata sgradevole per un popolo, il nostro, abituato a non rottamare niente in fatto di privilegi e di benefici, quando questi riguardano il proprio tornaconto. Viceversa sempre  disposto a farlo contro quello degli altri.

Era indispensabile che dalle pieghe della storia, non provenisse più un duce tronfio ed autoritario, ma come dicevo un ducetto con i panni del bravo ragazzo, dal passato di scout.  Il cui compito è quello di dare l’impressione di agire perfino contro la sua volontà ed i suoi interessi, pur di  realizzare l’obiettivo di cambiare storia. Gestendo al meglio il potere attraverso la conquista dei media. I suoi veri nemici? Chi non segue la corrente e fra questi chi non ha nemmeno il bisogno di seguirla. Dunque un libero di idee e se poi anche libero di non dipendere economicamente dal potere, tanto meglio. Ebbene Porro è uno di questi. Egli non poteva reggere al sistema inaugurato da un novelloscimmiottatore ,per rimanere alla storia recente, di Berlusconi, ma rispetto a quest’ultimo più politico e infingardo (e dunque pericoloso) con la sua arte del fare senza dire e del dire senza fare. Nessuno eccepisca,  anche per quanto concerne l’uso delle parole. Quella di Porro infatti non è una epurazione come parrebbe. E’ un semplice avvicendamento. A lui infatti è stato proposto un nuovo programma di informazione da mandare in onda la domenica dalle 19 alle 20,30,  accettando il quale avrebbe voluto significare per lui subire la punizione senza nemmeno reagire. Accettando quindi la solita tecnica dell’amoveaturut promoveatur, insomma del  vedersi promuovere pur di  togliersi dai piedi. Ciononostante, per i soliti motivi di riverire il potere, molti avrebbero acconsentito, Porro no. La tenuta avita lo attende come noi attendiamo la sua rubrica di  proposta e recensione sulle nuove uscite dei libri liberali. Ad ognuno quindi la sua libertà. Quella di dire, di fare e di intendere, purché liberamente.

"Il caso Porro" e Virus

IlPiacenza è in caricamento