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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

La prima imprecazione della storia

Oggi è di moda la violenza maschile. Le statistiche parlano chiaro. Una donna su due nel corso della vita, va incontro ad una violenza da parte di uno o più uomini. Che dire, se questi dati sono attendibili, non c’è niente da aggiungere. L’uomo maschio non è difendibile. La sua aggressività ha raggiunti livelli tali da far pensare che il rapporto con la donna sia definitivamente compromesso e che il prossimo futuro ci farà conoscere una società di individui maschi frustrati, che al posto di ammettere le proprie colpe ed i propri complessi, preferiranno scaricarli sotto forme di violenza sulle loro compagne. Mogli, fidanzate o persone occasionali che siano. Con le statistiche non si scherza, ma pur condannandole decisamente, qualche considerazione bisogna pur fare. Intendiamoci nessuna giustificazione verso la violenza femminile e le donne stiano tranquille. Solo un distinguo per evidenziare una differenza. Infatti c’è violenza e violenza .La più ignominiosa, quella che viene esercitata dall’uomo con metodi coercitivi e che merita la più assoluta condanna. Ed è questa la violenza che porta spesso allo stupro e che rappresenta il più odioso dei crimini che l’uomo fa alla donna. Considerata solo un oggetto da prendere, da utilizzare per le proprie pulsioni e poi da gettare come cosa usata, umiliata, indifesa, ammaccata nel fisico e nel morale. Al punto che la violenza subita, rimarrà per tutta la vita nel ricordo di quella donna con conseguenti problemi psicologici irrisolti, dominati da un’ eterna sfiducia verso l’uomo. Da considerare sempre inconsciamente nemico, anche quando si presenta sotto le vesti del compagno affettuoso e animato da buoni propositi. Su questo terreno ogni parola che non sia di ferma condanna sembra inutile. Non c’è spazio per le giustificazioni (quali?). Quindi non ci deve essere pietà per il colpevole. Un essere dominato da pulsioni violente e da istinti omicidi che oggi chiamiamo femminicidi, deve essere punito senza alcuna commiserazione. Carcere prolungato e interdizione perpetua dai pubblici uffici, la pena. Tuttavia accanto a questa, c’è anche un altro tipo di violenza. Quella non odiosa come quella descritta, ma indotta o causata dall’eterno femminino che quando vuole scarica sull’uomo la malia delle sue forme e la volontà civettuola di investire con tutte le grazie dei sensi, l’uomo oggetto delle sue attenzioni al fine di conquistarlo per ottenere un vantaggio. Non si scandalizzino le donne di questa loro arte di seduzione in grado di cambiare perfino il corso degli eventi. E’ la storia che ce lo insegna ed i casi di donne celebri in questo senso ce ne sono a iosa. A cominciare da Elena, quella di Troia, per poi citare Aspasia con Pericle, gli esempi nel corso dei secoli non mancano. Tralasciando Arianna, Didone e Cleopatra, forse il più bel esempio ci viene in tempi relativamente recenti, siamo nel XIX secolo, dalla più bella fiorentina che i memoriali ricordano. Trattasi della Contessa di Castiglione, nata marchesa Virginia Oldoini detta anche Nicchia, che dopo aver sposato giovanissima il conte Francesco Verasis appunto di Castiglione, non si rassegnò a quell’uomo mai amato ed a quel modesto titolo nobiliare. Troppo scarno per l ei che modellata dalla grazia, presagiva le vette del dominio e le dimore dei re, specie quelli delle corti europee di cui la più ricca , famosa e importante era quella di Francia. Lo capì benissimo il suo cugino Camillo Cavour che più che l’arte della politica, contava su un’altra arte, per convincere Napoleone III ad avere un atteggiamento favorevole verso il Piemonte: Il talamo. Cosicché la più bella fra le belle, dalle forme perfette, dal viso di alabastro e dagli occhi stellanti, recatasi a Parigi, affascinò l’imperatore francese che cadde ai suoi piedi di porcellana, come una mela matura. Ebbene abbandoniamo la storia e facciamo mente locale alle questioni del nostro tempo. Alle numerose atrici o attricette che a distanza di anni denunciano il loro presunto violentatore. Normalmente un produttore o un regista. Siamo sicuri che questa violenza che non è mai stata coercitiva e che comportava la libertà da parte della donna di fuggire a gambe levate dalle alcove improvvisate, non fosse in realtà indotta da parte femminile per ottenere vantaggi economici o di carriera. E’ un campo minato questo soprattutto se le denunce vengono a distanza di anni. Minato in quanto è impossibile stabilire le cause precise, mentre più sicure sono le conseguenze Vale a dire gli atti susseguenti. Perché quando si provoca il testosterone è difficile fermarlo specie se lo stimolo diventa continuo e ripetuto. E’ il caso del pugile Mike Tyson che dopo un combattimento vinto, si trovò ad essere svegliato alle tre di notte, sulla porta della sua camera d’albergo da un’entraîneuse che succintamente vestita, desiderava incontrarlo tete a tete, per poi, una volta ottenuto soddisfazione da quella visita notturna, denunciarlo per violenza. Detto questo, è ora il momento di ritornare al titolo e spiegarlo, anche se per farlo dobbiamo fare un notevole passo indietro. Siamo all’inizio della creazione, quindi nel Paradiso Terrestre. Due soli esseri, un uomo e una donna ancora asessuati , creati ad immagine e somiglianza del Creatore, vivono la scena beata, dove ogni cosa è fatta per soddisfare la loro felicità. In mezzo alla scena c’ è un albero maestoso che prende l’attenzione e da cui pendono mele grandi e succose di un colore rosso. Il perché del rosso è legato alla tradizione che attribuisce a questo colore il simbolo dell’amore umano e del tradimento. Non hanno problemi i due primi e fortunati abitanti, sono e saranno eterni ed eternamente felici. Hanno però un solo divieto. Non mangiare quel frutto che è così bello e invitante che non si capisce come e perché non debba essere colto. Ma l’imposizione è assoluta. Cogliendo quel frutto tutto finirà di quel Paradiso e comincerà un inferno, quello che si aprirà sulla terra, dove fatiche e dolori e morte costituiranno la nuova condizione dei quegli esseri divini ora diventati umani. Adamo non se ne cura, accetta il divieto senza reagire, tanto meno protestare. Ma non Eva. La mela la attrae, troppo bella, troppo invitante per non coglierla. In fondo cosa può succedere se la mia vanità- ella pensa- mi spinge a fare il gesto. Comunque ci ripensa. E’ sottile, capziosa e anche un po’ diffidente. Escogita allora come il gesto di cogliere il frutto non debba essere il suo, ma quello di Adamo. Il suo silente e ignaro compagno che se non pensava a cogliere il frutto in quel preciso istante, si sente invece spinto a raccogliere l’invito suadente. Sappiamo come va a finire. Scacciati per disobbedienza si trovano diversi anche fisicamente. Una foglia di fico nasconde le loro intimità e umiliati, abbacchiati e vinti si accorgono dei nuovi doveri che li spingerà a accoppiarsi per iniziare un’avventura mortale piena di inconvenienti. A questo punto Eva con il suo complesso di colpa probabilmente tace. E tace pure Adamo anche se in cuor suo è facile pensare, debba pronunciare con un misto di sconforto e di risentimento verso la compagna, la prima imprecazione della storia: put…a, Eva. Che tradotto per orecchie più caste, può anche suonare così: porca Eva. Ecco allora che da quel pensiero nasce l’amore ma anche l’incomprensione fra l’uomo e la donna che da sempre ci portiamo dietro. 

La prima imprecazione della storia

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