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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Otto milioni di baionette

La frase, pronunciata da Mussolini per dimostrare con la sua abituale arroganza dittatoriale che l’Italia non aveva paura di nessuno in caso di guerra  contro le potenze demo-pluto-giudaico-massoniche, la frase- dicevo- non serve solo a descrivere la personalità del capo del fascismo peraltro già nota, ma a puntualizzare la situazione attuale. Come se  ci perseguisse  un destino o meglio una maledizione  che di tanto in tanto si ripete nella storia del nostro paese. Quale? L’attitudine al comando senza esserne capace. Oppure. La vanità di dover affrontare una situazione critica, pensando di essere in grado di poterla  sostenere  da solo. E ancora. Attribuirsi un  potere gestionale convinto di essere una persona capace ed autorevole, che debba essere riconosciuta come tale dagli altri.   Nel senso di suscitare stima e approvazione. Tradotto tutto questo in chiave politica, con riferimento alla  situazione attuale, ogni riferimento non  è per niente casuale. Perchè si riferisce a chi pensa di essere un vero statista, illudendosi di paragonarsi ai grandi della storia.  Fra cui i nomi importanti, si sprecano, ma fra  tutti, quello che  lo statista in questione, sembra ispirarsi, è un  protagonista della storia, vero vincitore della seconda guerra mondiale. E mi riferisco, horribile dictu ad un certo Churchill, che oltre alla guerra combattuta,  vinse anche quella della visione strategica delle cose. Capendo in anticipo dove ci avrebbe portato l’ideologia comunista, il cui primo  segretario di quel partito assolutista, fu  un personaggio ebreo  dal nome quasi impronunciabile Josif Vissarionovic Dzugasvili, ma conosciuto da tutti come Josif Stalin. Considerato dalla storia, dopo l’iniziale abbuffata di consensi ed elogi, uno fra i più feroci dittatori, per numero di deportazione ed uccisioni di massa. Avrete già capito, con le dovute prese di distanza, dove voglio andare  a parare. Ma prima, per entrare meglio in argomento, vale la pena di fare qualche considerazione sulla nostra mentalità, per capire fino in fondo qual è il nostro vizio  e di conseguenza dove e come siamo tutt’ora. Per farlo cito un celebre libro scritto dall’allora sottotenente medico  arruolato nella divisione Julia, al tempo della guerra di Russia, dal titolo: centomila gavette di ghiaccio.  Un libro di grande successo, che descrive la nostra disastrosa ritirata da quello sconfinato ed inospitale paese, che è stato per noi la Russia, vissuta dallo stesso autore, Giulio Bedeschi. Cosa hanno in comune le due citazioni, in apparenza così distanti per condizioni storiche e  politiche? Che entrambe  mostrano nei momenti tragici  della nostra storia, in cui parafrasando il linguaggio del tempo  batte il destino , che il nostro paese più che  fare, parla. E più che parlare, balbetta. Le baionette infatti, per una triste analogia organizzativa, fanno il paio con gli scarponi di cartone. Le prime avrebbero dovuto servire per affrontare i carri e le armi pesanti, le seconde per resistere a neve e gelo con temperature a meno 40 nella steppa russa.  Da ieri passando all’oggi, il passo non è breve e nemmeno scontato, ma  è ugualmente caratterizzato da una nuova guerra, combattuta contro una  altrettanto terribile avversario, il virus. Un nemico questo che se ne frega,  per continuare con il linguaggio del  ventennio, delle  nostre sicurezze scientifiche, che rimandano con qualche sforzo di fantasia,  al tempo delle baionette ed anche degli scarponi. Infatti se cambiano  i tempi, quello  che sembra non cambiare è la nostra organizzazione,  al fine di impedire una nuova ritirata o meglio disfatta . Perchè come allora, anche oggi i morti esistono veramente, e non possiamo cavarcela, come nostro costume  incline più alla commedia che alla tragedia, con la famosa frase di Flaiano: la situazione è grave ma non è seria.  Ho precisato prima  che siamo in guerra e come in tutte le guerre si vive e si muore ed i dati lo dimostrano. In casi come questi , ci vorrebbe un uomo risoluto e saggio per proporre soluzioni. Non un vanesio che quando parla, parla bene, ma senza dire niente. Anzi sembra parlare a se stesso in termini anche  fioriti, ma non è  in grado, col suo narcisismo, di cogliere quello che vuole sentire la gente. Ho già parlato in un precedente articolo dell’uomo in questione,  chiamandolo con sottile ironia richiamandomi ad una citazione erronea di Trump, Giuseppi.  Il nostro Presidente del Consiglio che si è definito avvocato del popolo.  Quello stesso  che circa 2 mesi fa, al tempo del primissimo contagio, diceva di essere preparatissimo ad  affrontare ogni evenienza, viremia inclusa, grazie al nostro sistema sanitario che in fatto di organizzazione era fra i migliori al mondo.  Sarà.  Intanto passano i giorni che diventano mesi, senza che succeda  granchè di importante  in termini di  mantenimento della salute pubblica.  Ed  è per questo che il riferimento agli otto milioni di baionette mi viene spontaneo.  Il  piglio del  Presidente, dalla voce opaca e un po’ roca, è sempre quello, criticare gli altri per salvare se stesso. Includendo  nelle critiche anche i medici di Codogno, sede del primo focolaio dell’infezione nel nostro paese. I quali medici,  come è risaputo,  senza l’ausilio di   mezzi di difesa personale e senza un preciso protocollo da seguire, hanno fatto quanto  hanno potuto, tanto che a loro volta si sono contagiati .   Atteggiarsi a difensore della patria con provvedimenti che invece di anticipare il virus lo rincorrono, è dunque   la   specialità del premier. Il modo di procedere quello dei  decreti che si sovrappongono giorno dopo giorno, dove il nuovo, precisa e spesso contraddice  il vecchio ,aggiungendo e aggiustando particolari , con il risultato di creare confusione fra la gente. La sintesi  è che siamo arrivati ad  una sanità, grazie alle tante riduzioni di spesa, che ha diminuito  i posti letto soprattutto nei reparti di  più alta specializzazione, quali le terapie intensive. Tanto che in fatto delle semplici dotazioni protettive, non resta che andare alla questua per  avere il minimo necessario, onde  proteggere quanto meno il personale sanitario. Mentre  per il resto della  popolazione è il caso a stabilire il fortunato di turno nel trovare le mascherine. La carenza per i luoghi di cura è drammatica, in fatto di respiratori, delle introvabili mascherine, di camici monouso, di visiere, di calzari e quant’altro necessita per cercare di contenere la pandemia. Per la verità c’è dell’altro da dire  nonostante la abnegazione di tutto il personale sanitario che sconta sulla propria pelle il contagio. Raggiungendo  il 10% dei contagiati di tutta la popolazione ed un numero di morti in crescita giorno per giorno.  Nei confronti dei quali per la carenza di dotazioni  e forse anche per un complesso di colpa, da parte di chi sta nella stanza dei bottoni, si usa definire eroi.  Va detto infatti   che il Presidente non eletto, ma nominato, non è stato il solo artefice della situazione attuale. Si è spesa ad aiutarlo  una buona parte del mondo scientifico, dove in questi tempi sembra si siano moltiplicati gli specialisti infettivologi ed  anche  i virologi che hanno occupato i network televisivi più  delle corsie ospedaliere. Ognuno, in ordine sparso, ha  detto tutto ed il contrario di tutto, sostenendo  all’inizio delle tesi, per poi smentirle, che le mascherine non servivano e che era inutile cercarle. Infatti non ce n’erano.  Incomprensibili poi le affermazioni della prof. Maria Rita Gismondo  direttrice del laboratorio di virologia dell’ospedale Sacco di Milano, oggi diffidata dal Patto trasversale per la scienza, causa le  sue affermazioni, atte a ridimensionare l’epidemia da coronavirus ad una semplice influenza. Ed è quanto meno strana, viene da dire,  valutare questa scienza, quando  non trae insegnamento nemmeno dagli eventi più banali. Quali le immagini che provenivano dalla Cina, sede del contagio,  trasmesse  in tutto il mondo, in cui tutti erano dotati di mascherine, per contenere la pandemia. Come in effetti si è verificato.  Ma non  è ancora tutto, perché qualcosa bisogna aggiungere per quanto riguarda la comunicazione. Ci voleva  infatti, per dimostrarlo, una conferenza a reti unificate da parte del nostro Presidente, inizialmente previsto per le ore 22,45 e poi slittato alle 23,45.  L’annuncio era  quello di bloccare la gran parte delle attività produttive. Alla sera? Quasi di notte? Quale il senso del messaggio, pronunciato quando la gente è o sta andando a letto? Se lo è chiesto anche Mentana. Queste le sue  parole che sintetizzo. Se un governo prende una decisione, prima stende il provvedimento, poi dirama un comunicato stampa, precisando gli elementi essenziali:  da quando è in vigore e fino a quando, quali settori riguarda e quali no. Poi, e solo dopo, deve essere trasmesso il discorso del premier con l’obbligo di spiegare il come ed il perché delle decisioni prese.  A questo punto qualcuno potrebbe anche dire che le mie critiche siano dettate da una antipatia personale nei confronti del Presidente del Consiglio, dettata da una posizione ideologica contraria. Per quanto riguarda la antipatia, non nego  vi sia anche questa componente di tipo  emozionale, ma solo perché mi rimanda inconsciamente all’immagine di quelle baionette e  scarponi di cartone che ho citato all’inizio. Viceversa più interessante la posizione ideologica  di tipo liberale che mi è propria e che giustificherebbe una mia valutazione preconcetta al di là dei fatti . Visto che siamo di fronte ad un avvocato( del popolo) mi appello allora ad un mio ipotetico   difensore che in base alla ideologia dovrebbe stare  dalla parte del governo in carica, essendo stato eletto nelle liste del Pd. Il  suo nome, Vincenzo  De Luca  governatore della Campania, dai toni sempre vulcanici, schietti, bruschi, perentori . Tanto  che viene chiamato lo sceriffo. Ebbene alle sue accuse, contro il premier, le mie impallidiscono. Il  veleno con cui si esprime  non lascia scampo a interpretazioni diverse. Se il governo non ci aiuta-egli dice-  i prossimi dieci giorni saranno per noi un inferno. Nulla di quanto richiesto ci ha inviato il governo e neppure la protezione civile. Dei 253 ventilatori richiesti ne sono arrivati zero. Di 2600 mascherine protettive , ne sono arrivate zero. Di 150 mila tubi endotracheali ne sono arrivati zero. Basta così per giustificare le mie critiche? Per chi ha ancora dubbi, pensi  con uno sforzo di fantasia, alle baionette e agli  scarponi. Da allora sembra che  poco o punto sia cambiato.      

Otto milioni di baionette

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