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Anticaglie

Anticaglie

A cura di Carlo Giarelli

Ritratto di Giuseppe Marchetti

Piacevole per me comporre questo ritratto per le caratteristiche dell’uomo in questione. Che si esprimono attraverso due qualità, entrambe molto positive, che sono la bontà d’animo e la simpatia. Lo so che detto così, rispetto soprattutto alla bontà d’animo, mi espongo a facili ironie o addirittura ad uno scetticismo da parte di chi ritiene questa qualità una cosa fuori moda o da considerarsi talmente scontata nella sua genericità, da non essere in grado di qualificare bene, sul piano etico e culturale, la persona. Mi spiego allora, cercando di chiarire cos’è, per me, la bontà d’animo. E comincio con un paradosso. Infatti, per alcuni, trattasi, come spesso si sente dire, di una caratteristica comune a persone poco colte e per niente inserite nel mondo che conta, le quali per le loro qualità intellettuali e culturali, sono di fatto considerate persone semplici e dunque di scarsa rilevanza sul piano sociale. Cui non resta altro che subire la spocchiosa superiorità di chi nega loro il diritto di saper affrontare ad armi pari la vita, perché messi nel limbo di una subordinazione mentale e fisica nei confronti degli altri, causa la presunta scarsa volontà di saper lottare. Una accidia inconsapevole o una incapacità perfino consapevole, vengono attribuite allora al buono, nell’affrontare le responsabilità della vita, in quanto portato a mascherarsi sotto l’usbergo di quella generica bontà, che per gli ossessionati arrampicatori sociali, diventa colpevole passività. Ma non è ancora tutto. C’è infatti anche chi per bontà d’animo, intende negare all’uomo buono qualsiasi valore che meriti di essere considerato tale, per relegarlo in una sorta di alienazione mentale, onde falsamente dimostrare poi la sua presunta estraneità nei confronti delle cose che contano. Tanto da definire il buono, un buono da niente. Insomma e per finire, un buono d’animo sarebbe, per tutti questi citati che ripongono nell’arroganza la caratteristica principale per aver successo, l’equivalente di un Don Abbondio, che nella sua codarda passività, si pone al margine del consesso sociale, preferendo battere in ritirata di fronte agli impegni e agli obblighi. Ebbene di tutto questo modo di intendere le cose, secondo un certo ed erroneo modo di interpretare i fatti della vita, il nostro personaggio è esattamente nella condizione opposta. Per lui la bontà d’animo, alla quale mi sono riferito, è quella di sapere e volere lottare per la riaffermazione di sacrosanti principi morali e scientifici che fanno parte dell’esistenza. E poi ancora, la capacità di difendere le proprie idee con le giuste motivazioni, ma con la calma dei forti, senza ricorrere a toni aggressivi e men che meno volgari. Insomma, per dirla in termini più concreti e corretti, nel nostro personaggio cultura ed intelligenza, alleati ad una educazione sempre rispettosa e ben visibile attraverso la correttezza della comunicazione, sia sul piano etico che scientifico, lo pongono in questa rispettabile condizione. Quella di saper esprimere una sapienza didattica, senza dover ricorrere ad atteggiamenti polemici o offensivi nei confronti di chiunque, soprattutto verso chi per presupponenza, pensa di ergersi sopra un piedistallo. Di solito fatto metaforicamente di carta straccia. Detto questo, ecco allora dimostrato come sapienza mai ostentata, tolleranza e giustizia, diventano il contrassegno dell’uomo buono. Se questa lunga digressione può indurre al dubbio anche i più scettici, per definire come ho cercato di chiarire la bontà d’animo, due parole vanno ora dette sulla seconda qualità del nostro: la simpatia. Diverse volte ho parlato con lui di argomenti vari e altrettante volte l’ho ascoltato nelle sue esposizioni- conferenze, riguardo a temi di argomento geologico, dei quali è un’autorità indiscussa, e sempre ho apprezzato la chiarezza dei concetti. I quali seguono una successione logica fatta di tanti elementi, che come gli anelli di una catena, legano le singole maglie fino a giungere ad una completa ed esauriente conclusione, dove appunto la fine diventa l’esatta e logica evoluzione delle iniziali premesse. In tal modo i due estremi, principio e fine, si toccano, vincendo su due fronti. Sull’attenzione che cresce e sul tempo che invece sembra ridursi , per incapacità di reggere il confronto con il moto dell’animo. Il perché è presto detto. Questi i motivi. Parola facile e scorrevole, voce chiara ed accattivante priva di inflessioni dialettali, modo di procedere invitante per la chiarezza dell’esporre, priva dei toni, sempre un po’ indisponenti, di chi vuole mettersi in cattedra. Anzi per lui la cattedra è il pubblico, di qualsiasi estrazione, portato ad ascoltare un argomento dell’esauriente contenuto scientifico, al pari di una lezione universitaria, presentata con la semplicità dell’uomo di cultura, come fosse una chiacchierata fra amici. Insomma la voglia di far capire da parte del relatore, diventa una corrente emozionale con il pubblico che ascolta in silenzio. A questo riguardo mi sono sempre posto una domanda: perché un ricercatore deve interessarsi, fra i tanti elementi del sapere, proprio delle problematiche geologiche? Ovvero di tutto quello che nasconde il sottosuolo in fatto di acque, di geomorfologia dei terreni, comprese tutte le innumerevoli modificazioni legate alle attività umane? Per arrivare a studiare perfino gli effetti dell’evoluzione di questi stessi elementi, nella varie epoche storiche? Nessuno può escludere che queste conoscenze siano di grande interesse, ma questo è il punto, esse riguardano non la superficie della terra che noi siamo abituati ad osservare, ma appunto il sottoterra. Insomma il profondo, non accessibile allo sguardo diretto. Quale spiegazione dare? Trattasi forse di una personalità materialistica che non si accontenta, a proposito della terra, della sua superficie, ma vuole andare nel profondo , per soddisfare il suo desiderio tutto terreno, di pura materialità fino ad includere, detto come paradosso, lo strisciamento dei vermi nel sottosuolo? Senza cielo, senza fantasia, senza la luce della spiritualità? Conoscendo l’uomo, in base a quanto già detto, non mi pare questa la spiegazione giusta. E’ vero che la personalità del nostro è complessa, ma non è priva di vocazioni sia sentimentali che spirituali. E forse sta proprio qui il punto. Perché secondo la legge dei contrari, solo chi ha uno spirito votato alle egregie cose, può permettersi di indagare, senza paure e incertezze, il mondo sconosciuto che sta sotto i nostri piedi. Ma ancora non basta. Avendo infatti fatto cenno ad un aspetto psicologico, citando i contrari, la vera natura della vocazione del nostro personaggio, trova una analogia con il nostro inconscio. Quello che sta sotto la corteccia cerebrale, che identifica il nostro sapere razionale e che al pari della crosta terrestre, non è in grado di giustificare tutte le dinamiche sottese agli atti che compiamo e alle nostre reazioni emozionali. Comprese gratificazioni, gioie e paure. Infatti per comprendere meglio, bisogna andare molto al di sotto della superficie. Scavare nel profondo delle falde acquifere, che nel nostro cervello diventano poco definite strutture cellulari di configurazione e di collocazione incerta, che influenzano il nostro modo tutto terreno di comportarsi. Dunque geologia e psicologia del profondo si alleano nel trovare la spiegazione di una ricerca scientifica che più indaga, più rivela misteri. E poiché il mistero lascia spazio al dubbio, non può ridursi la spiegazione alla sola ipotesi materialistica. Fatta questa premessa, il passo diventa breve se in fatto di psicologia, mi addentro nella sua antica progenitrice, rappresentata dalla fisiognomica. Cosicché, trattando questa, con l’abituale beneficio d’inventario, mi preme verificare se quanto detto in tema di bontà d’animo e di simpatia a proposito del nostro personaggio, trovano riscontro anche nelle caratteristiche fisiche che andremo ad esaminare. Cominciamo dalla faccia che si presenta armonica in tutte le sue parti. L’impressione ricorda, causa un certo candore dell’insieme, il bambino che è dentro di lui. Mentre l’espressione è sempre a metà strada fra il riflessivo e la serenità di una identità, contenta di se stessa. La fronte alta e bombata, senza evidenti pieghe trasversali che se presenti, contraddirebbero l’espressione prima accennata, si raccorda d’ambo i lati in basso, con due sopracciglia appena tracciate, che appunto per questo non danno al viso la sensazione di inquietudine o di recondite passioni, tipiche di sopracciglia marcate che quando si inarcano nel loro mezzo, tradiscono uno stato di agitazione della componente sensitiva. Da queste ci si sposta verso l’incavo degli occhi, che fin dai tempi di Leonardo, rivelerebbero i moti della coscienza. Rotondi e non troppo grandi, senza scatti di movimenti improvvisi legati all’impazienza, ma di prevalenza pensosamente fermi, stanno a rivelare una mitezza di fondo. Inoltre appaiono perennemente incorniciati da occhiali di foggia professorale, con montatura sottile che sostiene due lenti fumé. E poiché non cadono sul naso, non danno l’aria al nostro uomo del docente severo, che con soddisfazione ed un certo cinismo, è alla ricerca di scoprire eventuali errori da parte dei suoi studenti, al fine di far seguire rampogne e punizioni. E visto che abbiamo citato il naso, nulla traspare, causa la sua completa regolarità di forma e di collocazione, di eventuali analogie zoomorfe su cui appellarci per fare considerazioni che esulano da quel giudizio già espresso, che possiamo sintetizzare nella mediocritas aurea di latina memoria. Mi accorgo ora di aver trascurato i capelli. Rimedio subito. Questi, ormai bianchi causa l’età, anche se qua e là conservano qualche piccola brizzolatura di grigio, rivestono per intero una testa che nella sua rotondità, ricorda la sfera di Archimede. Lunghi quanto basta, presentano una scriminatura a destra che li divide in due parti quasi simili. Sempre curati ( Marchetti non è uno scapigliato anche in senso letterario), rivelano una regolare frequentazione del barbiere, chiamato dagli accennati scapigliati, barbitonsore. Essendo poi anche lisci, si associano ai lineamenti dolci, prima descritti, i quali abbinati allo sguardo mite, denotano un aspetto tranquillo con una punta però di timidezza. Carattere questo non compatibile se i capelli fossero capelli corti, spessi e crespi. E arriviamo alla bocca dalle labbra ben disegnate, perennemente in dissidio se rimanere chiuse o aprirsi, causa una concitazione di un pensiero interiorizzato, che in mancanza di un interlocutore, si fa notare ugualmente attraverso la mimica, come desiderio di comunicare all’urbi ( Piacenza) e all’orbi( il mondo sotterraneo). Dalla bocca si passa al mento, aggettante quanto basta , ma senza alterare la rotondità dell’insieme, mentre le orecchie, ben sviluppate, danno l’impressione di stare sempre in ascolto. Se questo è il viso che abbiamo descritto, un cenno va fatto e detto per il corpo. Questo infatti ancora molto tonico e dai movimenti sciolti, presenta una lie ve tendenza alla rotondità. Un modesto sovrappeso, legato forse più alle fatiche degli studi che non a quelle delle attività sportive. Mie personali impressioni. Oltre a quanto detto, niente altro da aggiungere, se non ci fossero le mani che meritano un’ultima riflessione. Infatti queste con i loro movimenti, parlano un loro linguaggio, teso ad accompagnare le parole per dare loro maggiore importanza e significato. Esse infatti ( mi riferisco sempre delle mani) , specie durante le conferenze, si muovono in continuazione ed il gesticolare diventa la caratteristica dell’uomo quando diventa oratore. Descrivo allora il loro modo e moto. Quasi sempre aperte e roteanti, le dita si aprono e si chiudono in continuazione. Di queste, gli indici sono protesi verso il pubblico a segnalare una richiesta supplementare di attenzione. Ecco il loro linguaggio:” ciò che sta dicendo l’oratore, è un fatto importante, teso a sfrondare antichi pregiudizi, quindi ascoltatelo con attenzione”. Detto questo, è giunto il momento di abbandonare la nostra fisiognomica, per addentraci nel terreno meno discrezionale della biografia, che essendo molto corposa, cercherò di sintetizzare. Cominciamo dalla nascita del nostro che avviene nel 1938 a Travo, il grazioso paesino in riva alla Trebbia, cui sarà sempre legato. Tanto che, appena libero da impegni, nonostante abbia trasferito l’ abitazione a Piacenza, raggiungerà il paesino di nascita, per coltivare la dolcezza dei luoghi e l’amicizia degli amici. E poiché Travo, è caratterizzato da vestigia di età romana, non è escluso che lo stesso luogo per queste sue proprietà di storie antiche, sempre più affioranti attraverso gli scavi, non abbia influenzato la futura passione del nostro personaggio. Ma andiamo avanti. Dopo gli studi primari e secondari inferiori, consegue la maturità classica al Liceo Gioia della nostra città. In questo corso di studi, ha come compagno di classe, un certo Corrado Sforza Fogliani a tutti conosciuto per i suoi meriti e a cui immodestamente ho dedicato un ritratto. Morso dalla passione per la geologia, parlo sempre del nostro, si laurea in questa disciplina all’Università di Pavia nel1962 e qui si lega per meriti ai corsi accademici, diventando prima assistente straordinario e poi ordinario nel 1968. Ma siamo solo all’inizio. Presto tutti gli scalini della carriera universitaria saranno percorsi, con il raggiungimento della docenza e l’incarico di insegnamento, esercitato per molti anni, nel corso di Laurea in Geomorfologia e Geologia ambientale. Finchè nel 1986 a lui viene affidata la Prolusione dell’Anno Accademico, sempre presso l’Università pavese. Nel frattempo studia e pubblica lavori scientifici dei quali si contano 130 pubblicazioni. Il suo campo di studi e applicazione è veramente colossale e non è possibile dare registrazione a tutte e sue molteplici attività, per non trasformare il nostro ritratto in una fredda elencazione, che rischierebbe di annoiare chi invece desidera conoscere soprattutto l’uomo, che è d’altra parte la quintessenza di quello che mi sono proposto di fare. Dico solo che la sua attività scientifica con i suoi risvolti applicativi riguarda molteplici settori. Quello dell’allestimento della carte geologiche di cui si ricorda quella d’Italia, relativa ai territori dell’Appennino pavese, piacentino e ligure con particolare interesse per Bobbio e la Val d’Aveto. A seguire quella della Regione Emilia Romagna in scala 10.000. Ma questo è solo l’inizio. Seguono studi in campo ambientale e geologico, i rapporti fra geomorfologia, l’antropizzazione e la sismicità con particolare riguardo per la centrale termonucleare di Caorso ed il territorio piemontese e ligure. Poi ancora altri studi sulla geomorfologia fluviale, con attività sistematiche di consulenza per gran parte dell’Italia settentrionale e che nel piacentino riguardano il Parco della media Val Trebbia, la proposta del Parco dell’alta Val Nure e della Val d’Aveto con inclusa la valorizzazione naturalistico-ambientale del Lago di Boschi. E poi ancora, va ricordato l’interessamento per l’ambiente, in relazione ai rifiuti speciali e tossici e alle discariche di cui a Piacenza, si ricorda quella del Comune di Pontedell’olio. Di seguito, il problema della navigazione fluviale e della sua geomorfologia, con progetti di navigazione del Ticino, del Po del vercellese – alessandrino, del canale navigabile Milano-Cremona-Po e del fiume Po in generale. Del quale oltre all’impatto ambientale della Conca di Cremona, il nostro, diventa progettista e coordinatore del progetto per la realizzazione del sistema arginale di sinistra dello stesso fiume. Come pure della parte destra e sinistra dell’Olio e del lato destro del Mincio. Riportati questi fatti in modo molto approssimativo e sintetico, di cui mi scuso con l’autore, passando ai titoli che riguardano la sua partecipazione a Comitati tecnico-scientifici, e alle diverse Commissioni nazionali e regionali, vale la stessa impossibilità di una completa elencazione. Perché questi stessi titoli lo vedono membro, in qualità di esperto, in tutti i più innumerevoli incarichi, compresa la collaborazione con i vari Comitati tecnici e con la Sovrintendenza ai beni ambientali. Cosicchè citarli tutti diventa un esercizio di pura registrazione che non aggiungono, a mio avviso, nulla a quanto già detto sulla importanza e fama del nostro personaggio. Finito il ritratto? Ancora un’ultima osservazione. I pregi sono stati elencati con dovizia di particolari, ma esiste anche un difetto ? Sì e no a seconda dei punti di vista. Se proprio vogliamo arrampicarsi sugli specchi, opto per il sì, per quanto trattasi di un difetto molto discrezionale, legato alle mie impressioni e su cui l’interessato potrebbe non essere d’accordo. Ma, come disse Sofocle, io non descrivo l’uomo, ma quel che a me appare. Il punto è che trovo in lui, causa la sua cultura classica legata gli studi liceali, una specie di dimenticanza nei confronti di questa stessa cultura. Voglio dire che tutta la sua esistenza è stata occupata per intero dalla mentalità scientifica. E vero che in lui c’è molta umanità e che questa è più che sufficiente per inquadrarlo umanisticamente, ma desidererei durante le sue conferenze, che non abbandonasse, nelle varie citazioni, i filosofi presocratici che si sono sempre posti il problema della natura, cercando di dare risposte al perché dei fatti che vi succedono. Per concludere, mentre la scienza ha risposto ai filosofi, contrapponendo al perché, il come, al fine di spiegare i processi naturali, fra gli stessi filosofi , c’è anche un medico ( allora filosofia e medicina erano quasi la stessa cosa) dal nome Ippocrate del quale si ricorda lo scritto: sulle acque, l’aere e i luoghi. Dunque legare la scienza alla filosofia e poi questa alla medicina , rappresenta, per il nostro, una diminutio? Se sbaglio, chiedo venia al professore Marchetti ,che non per nulla è nato, come già detto a Travo, dove l’aere non ancora intossicata della città , le acque gorgoglianti ed ancora sufficientemente limpide del fiume Trebbia scorrenti a contatto delle sue fondamenta, infine il luogo dal fascino moderno ed antico insieme, possono costituire la premessa per associare alla mente scientifica anche quella emozionale, causa la bellezza delle antiche reminiscenze culturali. Altro da dire? No, perché la fantasia o la farneticazione, è ormai giunta al punto di battere in ritirata. 

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Ritratto di Giuseppe Marchetti

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