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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Se potessi avere mille lire al mese

Lo so che adesso non siamo più nel 1938, quando la famosa canzone che porta il nome del titolo di questo articolo, rappresentava quasi un miraggio economico per l’italiano medio. Non che mille lire al mese rappresentassero una ricchezza, questo, no. Ma in quel clima di crisi economica e politica che ci avrebbe condotto nell’immediato futuro, ad una tragica ed assurda guerra, pensare ad avere un modesto impiego, una casettina in periferia ed una mogliettina semplice e carina, rappresentava l’occasione, anzi l’illusione per trovare la felicità. Sono queste le parole di quella canzone dove, per  non esagerare, ma non era quello il momento, si diceva di non aver pretese e di sapersi accontentare. Da allora molte cose sono cambiate. L’uomo infatti oggi  non si accontenta più di niente, anche se qualcosa nel tempo si ripete. Infatti proprio nel  campo economico, la necessità di accontentarsi è diventata una necessità. Cominciando dal cambio della lira  nell’ euro, che proposto e approvato   nel 1999, è diventato operativo il 1 gennaio del 2002.  Ma non solo.  Con la nuova moneta la lira, chiamata allora simpaticamente, causa l’inflazione, liretta, non ha guadagnato nulla con il cambio.  Che scambiato con un meccanismo molto cervellotico  a 1936,27, è stato per noi, oltre  che  incomprensibile nel valore,  viceversa molto comprensibile nella caduta del potere d’acquisto. Insomma la liretta debole e incerta, ci garantiva un certo benessere, mentre l’euro sicuro e tronfio, per l’incorporazione di una moneta forte come il marco, esattamente il contrario. Tasche semivuote, come si diceva,  ma ben cucite, perchè ben protette dall’inflazione. In sostanza pochi soldi, ma buoni. Ritornando alla canzone,  sarebbe curioso sapere quanto quelle mille lire al mese varrebbero ora, tradotti in euro. Mille? Oppure duemila o tremila?  Sinceramente non lo so. So solo che con  queste cifre, difficilmente, anche per chi si accontenta, potremmo aspirare ad una casettina  di proprietà in periferia. Ed ancora meno aspirare alla felicità. L’unica soluzione oggi, sempre a proposito della casetta, quella di accendere  un mutuo bancario,  operazione allora neppure presa in considerazione perché fuori dai nostri usi e costumi. Dunque  cosa fare? Buttare nel dimenticatoio la canzone, oppure  riconsiderarla alla luce dei fatti che in questo momento ci tormentano, causa lo spettro del contagio e   la crisi economica innestata dalla caduta della produzione? Difficile per uno come me che non si è mai interessato di economia, valutare il pro ed il contro della situazione. Tuttavia a volte le decisioni si prendono anche senza conoscere a fondo il problema, normalmente utilizzando  la ragione.  Ma non sempre è così. Infatti anche la ragione ha i suoi limiti, perchè come disse Pascal. anche il cuore, ovvero il sentimento, ha delle ragioni che la ragione non comprende. Ed allora entriamo in medias res, vale a dire nel cuore del problema, proprio con il sentimento. Ed è questa l’occasione giusta per avanzare qualche idea. Piccola senza pretese, ma adatta a me come disse l’Ariosto a proposito della sua casa. Comincio.   La pandemia   crea morti e disagi soprattutto fra i popoli economicamente più fragili, Italia e Spagna, i quali chiedono un aiuto all’Europa. Europa? E cos’è?  Parlamento europeo? Comunità europea? Troika? Intesa  questa come insieme della Banca centrale, della Commissione e del Fondo monetario internazionale? E chi lo sa? Sta di fatto che, saperlo o non saperlo, gli aiuti non arrivano. Nell’incomprensione generale entra pure la Francia. Che contrariamente al solito, sembra orientare la sua politica verso gli odiati cugini italiani e contro i due anzidetti paesi, Germania e Olanda. I quali naturalmente si oppongono, portando dal loro punto di vista alcune ragioni, tutte pro Euro. Dalla moneta comune infatti si sentono aiutati a scapito della nostra liretta ed in genere a danno dei paesi economicamente più deboli. I quali non essendo in grado di competere con la nuova moneta, troppo forte per la  loro economia, basata sugli scambi commerciali, non hanno potuto ricorrere al  vecchio gioco, tutto italiano per la verità, di stampare moneta e ricorrere all’inflazione. Che aveva il merito di aumentare l’esportazione ed il fatturato, legato, come in Italia, alle medie e piccole imprese.  E poi di conseguenza diminuire la disoccupazione. Infatti  se è vero che l’inflazione  è correlata con la svalutazione, inversamente è anche  vero che la stessa è   proporzionale alla disoccupazione. Avendo prima detto che mi intendo poco di economia, torno a ripetermi che quello che dico risente dell’interpretazione molto personale dei  fatti. Come verosimilmente sono quelli che ognuno può avere, per esperienza di cose successe,  pur non  avendo certezze di conoscenza. E di  queste cose accadute, ricordiamo la nostra antenata culturale ,la Grecia. Entrata infatti in crisi economica, cosa avrebbe desiderato dall’Europa, amica  a parole di tutti gli stati e nemica di  fatto di qualcuno? Un aiuto, naturalmente.  Quale? Ottenere una sovvenzione per far ripartire l’occupazione, ma senza l’imposizione di  dover subire ristrettezze economiche al fine di contenere il deficit. Successe allora che così operando, sempre quella fantomatica realtà che è l’Europa,  la disoccupazione sia aumentata e la ripresa economica ferma. Come lo è anche ora, a distanza di  oltre 10 anni,  essendo iniziata, per la crisi del debito sovrano europeo, nel 2009. Il risultato  è che la Grecia è stata messa sotto tutela dalla Troika e la sua  autonomia è andata al macero. Andiamo avanti e passiamo all’ Italia di adesso e chiediamoci cosa può fare e chiedere, visto che sono i paesi del nord che si oppongono ad aiutare il malato grave, sia in fatto di salute che di economia? L’impressione è che un’Italia già debole per il contagio e per questo prossima a diventare ancora più debole sotto il profilo economico, sia appetibile ad un paese dall’economia forte come la Germania. La quale dopo aver contribuito con la seconda guerra mondiale alla distruzione dell’Europa, non avendo pagato dazio  in termini di marchi, si arroga ora  il diritto di prendere decisioni all’insegna della mai sopita vocazione al comando. L’imposizione del Bail-in e del Mes non sono forse un prodotto dell’egoismo germanico? Mi sto accorgendo di fare quello che non mi ero prefisso.  Vale a dire affrontare il tema economico senza cognizione di causa. Ritorno allora alla canzone e a quel desiderio di possedere quelle auspicate mille lire al mese per raggiungere la felicità. E pur con i dovuti e aggiornati tassi di cambio,  mi viene naturale chiedermi, se avesse ragione la canzone.  Una italianexit allora, sarebbe, come dicono i soloni dell’economia, veramente una calamità? Potrebbe anche darsi. Ma anche foneticamente, qualcosa non mi torna. Abbiamo o no la lingua più armoniosa del  mondo? Ecco allora perchè la Troika a me non piace.  Come non mi piace diventare vassallo sia della Germania  che dell’Olanda. Altro paese questo che si atteggia a  purista del contenimento del debito, quando si pappa una buona fetta delle tasse delle nostre industrie, che hanno là dislocato le loro sedi finanziarie. Insomma e chiudo, forse c’è poca logica in quel che dico, ma  c’è il sentimento e forse anche un po’ di ideale che non è la stessa cosa delle idee. Ecco allora  perché mi ritorna in mente, quel refrain: “se potessi avere mille lire al mese” con quel che segue.  Una canzonetta orecchiabile e più digeribile, anche foneticamente, di questa Europa.          

Se potessi avere mille lire al mese

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