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Anticaglie

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A cura di Carlo Giarelli

Si faccia avanti chi vuole abbattere il monumento di Colombo a Bettola

In fase di revisionismo storico, oggi tutto può succedere. La storia lo sappiamo risente del condizionamento del periodo storico in cui si formano ideali, convinzioni e quindi le loro trascrizioni sulla pagina scritta. In sostanza i nostri convincimenti. E non c’ è bisogno di scomodare i corsi ed i ricorsi che avvengono nella storia per giustificare le diverse valutazioni che dunque cambiano nel tempo. Se questo vale per i fatti importanti che dunque possono essere rivisti nei giudizi, non bisogna nemmeno esagerare. L’uomo infatti ha bisogno anche di punti fermi. Di conferme e di certezze che in alcuni casi potremo anche chiamare illusioni. Cosa si vuol dire? Che non tutto deve essere messo sotto inchiesta e sotto giudizio critico, altrimenti ben poche delle nostre convinzioni si salveranno, se tutto diventa liquido senza una base d’appoggio. Insomma il tempo distrugge ma anche salva. Distrugge l’errore ma anche in parte lo dimentica e così facendo si affievolisce il ricordo delle cose cattive e nello stesso tempo non si butta al macero quelle che un tempo erano considerate buone. Almeno fin tanto che una nuova visione dei fatti storici non li affossi nel cimitero dove sono stoccate, sotto forma di ricordi visivi, le innumerevoli avventure umane. Insomma se allargassimo il discorso si dovrebbe parlare di verità, ma questo è un tema di difficile soluzione, in quanto se mai la verità esiste, questa rinasce e muore in ogni tempo al pari dell’araba fenice. Ho comunque parlato di cimitero e non a sproposito. Statue e lapidi in quel luogo raccontano in chiave sempre elogiativa tutti coloro che sono diventati buoni dopo essere stati ricoperti di terra. E non importa se questa terra l’hanno ai loro tempi calpestata e tradita. E’ evidente che in questo caso soccorre spesso la pietà cristiana , ma al di là di quello che sarà il giudizio religioso, ogni cosa si porta dietro quello che un tempo è stato consegnato e contrassegnato dai giudizi umani. Dunque succede che se questi giudizi cambiano è perché nel tempo commettiamo errori di valutazione. Così le persone considerati un tempo sante o eroiche, ora non lo sono più e viceversa. Ma che importa. L’importante è rivedere i giudizi, ma lasciare stare sia i santi che i fanti. Insomma lapidi e statue vanno lasciate al loro posto. Sia che esprimano un esempio condivisibile, sia che rappresentino un esempio diventato nefasto dopo l’esaltazione iniziale. Capita ad esempio con gli Stalin, con i Lenin e con tutti i loro seguaci un tempo considerati vati da seguire e le cui lapidi, le vie intitolate e ancora qualche statua residua dimostrano quanto su di loro sia cambiato il giudizio. Ciononostante inutile prendersela con loro, sono lì e ci stiano. Semmai bisogna prendersela con le loro ideologie e con tutti quelli che seguendole, pensando forse di fare bene, si sono invece macchiati di crimini contro l’umanità. Insomma anche se certe statue danno fastidio, e lo danno, lasciamole al loro posto perché diventino esempi negativi al fine di capire il livello di idiozia del tempo in cui sono state erette. Fatte queste premesse entriamo nella realtà che interessa una grande democrazia, quella Usa. Oggi ossessionata dal desiderio, al pari di civiltà molto discutibili dal punto di vista democratico, quali quelle islamiche causa il loro livello di fanatismo, di rompere con il passato. Di stracciare la storia e contrapporne un’altra, quella oggi definita, come fosse un mantra, dal politicamente corretto. Dunque seguendo l’esempio dell’Ucraina, la prima in corsa in questa nuova moda e che non ha perso tempo ad abbattere la statua di Lenin, anche negli Stati Uniti la febbre del revisionismo sta diventando dilagante. Cosicché in un clima di sostegno delle rivendicazioni dei deboli e dei popoli storicamente emarginati, ci si impanca su questo buonismo tanto che chiunque non lo rappresenti al meglio, deve essere buttarlo via dagli occhi per poi essere cancellato anche dal cuore. La revisione storica è una malattia contagiosa e quelli presi di mira sono i simboli dei suprematisti bianchi considerati anche razzisti. E così, a colpi di martello si demolisce la statua del soldato confederato nel Nord Carolina e poi a seguirne l’esempio, le statue dei generali confederati scalzati dal basamento per contorcersi a terra come ferri vecchi. Mi riferisco al generale Robert. E. Lee e al pari grado Thomas S. Jackson, nella città Baltimora. Ma ogni malattia contagiosa si diffonde oltre le frontiere e non può interessare solo la gente del posto. Anche noi italiani, secondo il revisionismo dilagante, qualcosa da vergognarci dobbiamo avere. E’ questo il caso del grande trasvolatore atlantico Italo Balbo, cui la città di New York, negli anni trenta del secolo scorso, aveva attribuito i massimi onori con parate trionfali. Ebbene la sua statua oggi dà fastidio. Rivela un passato che non c’è più e ciononostante suscita sdegno ( chissa perché). La proposta è dunque di abbatterne il monumento e poiché il contagio è arrivato al suo punto estremo, da Balbo passare a Cristoforo Colombo, lo scopritore dell’America cui tutti gli americani dovrebbero essergli grati, il passo è breve. In effetti la riconoscenza verso il grande navigatore, si manifestava con il Columbus Day, da sempre avvenuto il secondo lunedì di ottobre. Quando la città di New York si barda(va) a festa per sfilare nella quinta strada al fine di rendere i massimi onori al suo scopritore. Ma sono brutti tempi questi, perché anche Colombo sembra avere i giorni contati. Ad abolirne il ricordo ed i festeggiamenti si è messa in prima fila la città di Los Angeles che ha deliberato in consiglio comunale a maggioranza schiacciante (quasi assoluta) l’incompatibilità di considerare un eroe chi si è macchiato di crimini nei confronti degli indigeni locali. Di fronte a questi fatti, tutto il bene della sua scoperta non vale un fico secco. Dunque abbasso Colombo e tutti i suoi seguaci, rappresentati soprattutto dagli italo -americani. Ma Colombo interessa non solo l’America, ma anche casa nostra. Intendo Bettola, il nostro ameno paese della media val Nure, dove alla fine del secolo diciannovesimo è stata eretta una statua al grande compaesano sulla piazza che guarda caso prende il suo nome. Ma c’è di più. A pochi chilometri di distanza dal paese, nella frazione di Pradello è stata scoperta e poi sistemata una vecchia casa, chiamata appunto torre Colombo. In quanto la storia o la leggenda locale narra come in quella vecchia dimora, siano nati il nonno e il padre di quello da tutti conosciuto come lo scopritore dell’America. Non è qui il caso di voler dimostrare se i fatti danno ragione a questa visione delle cose. Se non altro perché di fatti certi non ne esistono. E poiché anche le poche carte e testimonianze apportano più dubbi che certezze, ognuno è autorizzato a pensarla liberamente nel rivendicarne le origini. Ci si è messa Genova, Cogoleto e Terrarossa ed altri luoghi a vantarne i natali ,ma come prima dicevo, non è il caso di addentarci in questo ginepraio di interpretazioni. Sta di fatto che Bettola ha eretto la statua a Colombo, rappresentato mentre guarda con cipiglio serioso e un po’ invasato, non in direzione di Piacenza ma verso una meta lontana. Oltre gli appennini e dunque verso il mare, che dalla vicina Liguria lo porterà prima in terra di Spagna e poi a scoprire il nuovo mondo, dimentico della sua nascita, al punto che morendo a Valladolid scelse il nome di Cristobal Colon. Quasi a voler dimenticare le sue origini bettolesi, forse troppo modeste dopo gli onori e la fama da lui universalmente conquistate. Ecco allora la domanda: che anche a Bettola, la malattia contagiante del revisionismo possa attecchire? Chissà. Per ora non si riscontrano segni di contagio ed ogni bettolese è ben lieto di ammirare la statua del suo conterraneo più famoso, ma poiché Il tempo e la storia producono cambiamenti insospettabili, non si sa mai. Il dubbio è lecito anche se Bettola intitolando una sua piazza a Bartolomeo Perestrello, suocero di Colombo ha già voluto dimostrare la sua ferma convinzione di immunizzarsi contro il gran male del revisionismo. Crediamoci, ma se qualcuno nutrisse ancora incertezze, lo dica prima di tutto a Betty Bisagni, l’artista bettolese diventato famoso in Francia ed autore del suggestivo e molto realistico monumento all’emigrante che si osserva entrando in paese. Il quale Bisagni in caso di sortita notturna contro la statua da parte di qualche sconsiderato, sarebbe in grado di approntarne un’altra. Sicuramente ancora più bella e soprattutto ancora più bettolese. 

Si faccia avanti chi vuole abbattere il monumento di Colombo a Bettola

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