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Cancellare la cancelliera

Angela Merkel non ha una visione riformista della società. E, diversamente da altri cancellieri tedeschi (del suo stesso partito o della SPD), di certo non passerà alla storia come una grande statista. Speriamo che l'elettorato tedesco provveda a cancellare la sua visione miope della politica economica…

Se non fossero dettate dalla logica elettorale (le elezioni in Germania si avvicinano), il piano della Merkel per uscire dalla crisi rivelerebbe una drammatica non conoscenza dei meccanismi elementari dell’economia. Nulla viene concesso alle politiche di sviluppo, richieste a gran voce dalle parti sociali e da leader di diverso orientamento (recenti sono le prese di posizione comuni di Obama e Hollande). La proposta delle cosiddette “aree speciali” o “zone franche” con sospensione (o limitazione) della tutela dell’ambiente (che cosa diventerebbero le meravigliose isole dell’Egeo se si lasciasse carta bianca a speculatori senza scrupoli?) e limitazioni dei diritti dei lavoratori, oltre ad essere socialmente (e moralmente) inaccettabili e a creare un precedente grave ed inquietante, sembrano fatte apposta per suscitare una dura reazione antieuropeista in Grecia e per mettere in difficoltà altri governi europei che auspicano invece delle chiare e nette politiche di sviluppo (tra questi anche il governo conservatore di Rajoy in Spagna).

Tutto questo in nome di cifre fissate (in modo piuttosto ideologico) dal patto di stabilità: un patto che, creando una moneta unica senza autorità politica, una politica monetaria senza la collegata politica fiscale, ha generato un gigante con i piedi d’argilla. L’esigenza di dare all’Europa istituzioni politiche forti, in grado di decidere su (pochi) punti di politica fiscale comune o “federale”, lasciando ai governi nazionali il grosso delle scelte specifiche è una riforma ormai richiesta da più parti.

Basterebbe poco per cambiare radicalmente lo scenario: se gli “eurobonds” si accollassero a livello federale una parte dei bilanci nazionali (così come la FED statunitense ha incamerato gran parte del rischio generato con la crisi dei subprime estendendo alle obbligazioni private la tipologia dei titoli oggetto di “operazioni di mercato aperto”, ossia di misure di politica monetaria) e si prevedessero immediatamente dei fondi europei di intervento temporanei, il grado di incertezza globale nelle borse europee si ridurrebbe: questo ne ridurrebbe la volatilità, ponendo le basi finanziarie per una ripresa.

L’uscita della Grecia dall’Euro (ormai altamente probabile) avrà un impatto devastante sulle borse. Il rischio di contagio sulle economie spagnola e italiana è molto forte. Il peggioramento della recessione nel Sud Europa avrà ripercussioni negative anche sulla Germania (che già ora ha una crescita stimata del PIL per il 2012 vicina allo 0), poiché dal Sud Europa viene una parte significativa della domanda di prodotti tedeschi.

L’ostilità in Germania verso le politiche di sviluppo è alimentata da quelle fasce di opinione pubblica timorose (fino all’isteria) di versare anche solo un centesimo per politiche di sostegno globale all’Europa, perché nutrono forti pregiudizi verso l’Italia, la Spagna, il Portogallo, la Grecia. Ignorano che il New Deal americano, che salvò il mondo dalla crisi, era anche e soprattutto una scommessa di fiducia reciproca. Un investimento nel futuro. L’economia è fatta di interazioni. La sorte dell’imprenditore è legata a quella dei suoi clienti. Le imprese non possono conseguire grandi profitti se i lavoratori non hanno benessere e reddito da spendere.

Anche la “cattiva sorte” del tuo avversario avrà effetti negativi su di te, poiché l’economia lega la sorte delle controparti. Forse per questi motivi gli economisti hanno una visione riformista della società. Angela Merkel invece non ha una visione riformista della società. E, diversamente da altri cancellieri tedeschi (del suo stesso partito o della SPD), di certo non passerà alla storia come una grande statista. Speriamo che l’elettorato tedesco provveda a cancellare la sua visione miope della politica economica…

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