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Effetto Vertigo

Effetto Vertigo

A cura di Diego Monfredini

Da Enea a Pentesilea. L’Amore che rima in Orrore

La sperimentale produzione del Teatro Lenz firmata da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto ci conduce in un doppio straordinario viaggio: nella drammaturgia romantica del controverso genio di Heinrich von Kleist e negli ultimi canti dell' Eneide, a completamento di un progetto visuale e performativo biennale composto da dodici episodi installato sul monumento epico virgiliano

La sperimentale produzione del Teatro Lenz firmata da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto ci conduce in un doppio straordinario viaggio: nella drammaturgia romantica del controverso genio di Heinrich von Kleist e negli ultimi canti dell’ Eneide, a completamento di un progetto visuale e performativo biennale composto da dodici episodi installato sul monumento epico virgiliano.

Pentesilea

Portato in scena proprio nei giorni delle ricorrenze per le battaglie delle Donne, il soggetto non poteva che riguardare il personaggio più discusso dellla produzione del letterato tedesco (1808): Pentesilea, la bella e terribile regina delle Amazzoni, popolo di libere guerriere consacrato a Diana e Marte.

Il dna della tragedia interessa una tematizzazione non convenzionale del rapporto tra i sessi e dell’identificazione dei generi. Per potersi riprodurre infatti il popolo amazzonico conduce infatti delle lotte rituali con i popoli vicini che culminano nella cosiddetta “festa delle rose”, ovvero nell’accoppiamento con i maschi fatti prigionieri tra le fila avversarie. Tuttavia la predilezione del partner sessuale non è ammessa: le Amazzoni possono conquistare il loro sposo solamente in duello.  Si tratta di un’ideale rinuncia al sentimento individuale in nome della ragion di Stato.  Sempre per questo motivo ogni cittadina è chiamata per esempio a compiere la barbarica autoamputazione del seno destro per essere considerata parte della comunità. Questo sentimento di avversione e automortificazione scaturisce dal peccato originale di Pentesilea, colpevole in adolescenza dell’assassinio della sorella e condannata dalla maledizione di subire violenza da tutti gli uomini che l’avrebbero vista.  La scelta di vestire un’armatura corrisponderà dunque ad un meccanismo di difesa equivalente ad una cintura di castità.

Quando Priamo, re dei Troiani, chiamerà le Amazzoni a soccorso del suo popolo come vero e proprio “corpo speciale” dopo la morte di Ettore, la banda di Pentesilea dimostrerà il proprio ardore in battaglia mietendo enormi perdite tra le fila degli Achei cappeggiati da Achille.

Contrariamente alla tradizione classica, che voleva Pentesilea ferita a morte dall’eroe dell’Iliade, innamorato di lei, nella versione romantica di Kleist è Pentesilea a uccidere Achille, il quale ricambia il suo amore.

Qui si gioca la tragedia. Secondo infatti la legge delle Amazzoni le donne non possono scegliersi l’uomo che vogliono: devono avere colui che sconfiggeranno in battaglia e renderanno schiavo. Pentesilea, invece, compie un secondo peccato contro la sua “nuova” comunità. Il peccato di “scegliere”: lei “vuole” a tutti i costi Achille: se ne innamora non appena lo vede sul campo di battaglia contravvenendo alla legge e all’ethos amazzonico.

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Lo cerca, lo brama, lo insegue, però sarà lei a venir sconfitta.  A causa di ciò Achille la sfiderà di nuovo, folle d’amore, deciso in cuor suo a metter da parte l’orgoglio, si farà sconfiggere da Pentesilea per poterla avere. Ma la guerriera non comprende il gioco di Achille, il trasporto passionale la conduce alla pazzia: in un duello personale con l’eroe greco, Pentesilea, in un accesso di rabbia ferina, arriva ad uccidere l’amante, poi ne profana il cadavere smembrandolo a morsi, insieme alle sue cagne, cagna lei stessa.

In seguito, a completare il destino tragico della protagonista in stato confusionale, saranno le compagne Amazzoni a dirle del suo folle gesto di cui non ricorderà nulla. Maria Federica Maestri e Francesco Pititto ci raccontano proprio questa Αναγνώριση, questa fase di autoriconoscimento di una solitaria amazzone senza più arco: la “Pentesilea” interpretata con austera e matura presenza scenica da Sandra Soncini procede per strappi e pulsioni di collera, tenerezze, turbamenti improvvisi. E’ una donna che si guarda allo “specchio” di “photo boot”, un software  comune agli abituali utenti mac. Attraverso una serie di autoscatti compie una radiografia dell’altalena degli impeti che la divorano mentre scopre di aver ucciso con il troppo amore colui che amava. Perché la sua bocca è una rosa piena di spine.

La scena si divarica pertanto tra una realtà virtuale proiettata “a tutto schermo”, in cui fluiscono i suoi monologhi interiori, la sua coscienza, le altre Amazzoni, e una realtà fattuale: in un angolo ad un tavolo avviene l’interazione della Soncini con il proprio computer portatile.  Ancora una volta nelle produzioni Lenz è centrale l’aspetto “imagoturgico” delle visioni, metamorfosi, epifanie, trasfigurazioni, documenti della rappresentazione. Con-fusi vita e scena. Gli attimi si sovrappongono e si uniscono per poi dividersi, allontanarsi dalla scena della vita. “Quel che è stato e quel che è. Non-cinema, non documentario, tanto meno fiction ma solo immagine. L’immagine come la messa in scena di se stessa”.

Aeneis.

Aeneis in Italia (ph F.Pititto)-2

Ma questa valenza imagoturgica è davvero traboccante nella messa in scena dell’Aeneis in Italia. Le pareti del recinto scenico sono decorate dai fregi visivi delle sequenze filmiche: a definire la volumetria scenica è uno spazio senza luce, un covo segreto, un nascondiglio clandestino. Una camera oscura abitata da 3 anime, 3 figure embrionali dalla testa calva, due uomini (Roberto Riseri, Pierluigi Tedeschi) e una donna (Valentina Barbarini).

Nessuna cerimonia del ricordo, l’arrivo di Enea in Italia sembra segnare l’inizio di un epos tragico per la storia del nostro paese, il quale atto fondativo è rappresentato dunque da una guerra senza eroi, una violenza senza soggetto. Il lavoro del Teatro Lenz sul testo mescola poi le carte e rende la suggestione di una visione metastorica del conflitto originario in cui l’occupazione del Lazio da parte del “pius” Enea e la ribellione del giovane Turno disobbediente al nuovo ordine, si trasfigurano in un passato prossimo, il buio degli Anni di Piombo.

L’aspetto che mi ha suggestionato maggiormente è l’integrità dell’involucro audiovisivo in cui è incastonata la scena. I rumori e i suoni di soundtrack sono mixati live da un musicista sperimentatore di elaborazioni e composizioni elettroniche, Andrea Azzali, la cui resa si dimostra in piena coerenza col lavoro di indagine sul linguaggio contemporaneo da parte del Lenz.

Purtroppo non posso dilungarmi troppo, e mancherò di descrivere alcuni tratti salienti dell' Aeneis che andrebbero assolutamente rimarcati (su tutti la gestione dei corpi e della nudità). Insomma, nell’attesa del nuovo fantastico e monumentale  progetto incentrato sui Promessi Sposi ideato da Maria Federica Maestri e Francesco Pititto che vedrà protagonisti le star di Hamlet, gli ex pazienti dell’ospedale psichiatrico di Colorno, il Teatro Lenz ha regalato in questa settimana la possibilità di godere di due spettacoli decisamente interessanti, forse anche complementari.

Le repliche proseguiranno ancora giovedì e venerdì. Per informazioni e prenotazioni biglietti: Lenz Teatro, Via Pasubio 3/e, Tel. 0521.270141 - www.lenzrifrazioni.it

Aeneis in Italia_10-2

Da Enea a Pentesilea. L’Amore che rima in Orrore

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