rotate-mobile
Effetto Vertigo

Effetto Vertigo

A cura di Diego Monfredini

Detachment, il distacco

"Non mi sono mai sentito così profondamente distaccato da me stesso e al contempo così presente nel mondo", Albert Camus

Martedì, ore 02:05. 

L’impatto più forte che ho subito al cinema quest’anno. Il film che ho appena visto si è chiuso su La Caduta della Casa degli Usher: in un finale rarefatto, Adrien Brody, supplente in un disastrato istituto pubblico americano, legge sommesso le prime righe del testo di Edgar A. Poe inondando di disincanto i corridoi abbandonati, terremotati di pagine e foglie, con le sedie e i tavoli rovesciati senza una via di uscita. 

Il cineasta britannico Tony Kaye (quello di American History X tanto per intendersi) combina un mosaico di vinti e di eroi solitari, e di personaggi che Eliot chiamerebbe “uomini vuoti (…) uomini impagliati/ che appoggiano l'un l'altro/la testa piena di paglia”..

Il distacco è la storia di un uomo che ha trovato nel suo romitaggio e nell’isolamento affettivo l'unico modo per convogliare ed esorcizzare un passato di sofferenze e di traumi. Assegnato presso una degradata scuola pubblica di periferia, Henry Barthes troverà però insufficiente la sua politica di sopravvivenza. L’incontro che destabilizzerà il suo collaudato meccanismo di difesa avverrà con una giovanissima prostituta che il professore accoglierà nella sua grigia casa per cercare di salvarla dalla strada, un po’ come nel sogno di redenzione del Travis Bickle di Taxi Driver.

Se il vissuto del professore lo distanzia dalla realtà al punto da fargli preferire la via della sua invisibilità di fronte al mondo, la sete e la brama di una qualche via d’uscita, di un solo motivo di speranza costituiranno la sua rabbia di concretezza, cioè l’assunto di un vivere inteso come lasciare un segno, come la forza di mutare le traiettorie del destino che ci paiono inesorabili.  Come la sorte amara di una ragazza di colore frustrata dalla obesità, come le storie di ordinaria follìa quotidiana dietro i banchi tra violenza incontrollata, bullismo e un disgustoso senso della dignità sessuale nella più totale mancanza di figure adulte di riferimento.  

Se sei una particella “visibile” allora puoi “rimbalzare” le altre. Per accompagnare l’anziano nonno verso la fine della sua lungodegenza, il personaggio di Adrien Brody sarà dunque costretto ad un drammatico percorso di rielaborazione della sua tragedia infantile legata al suicidio materno ed a una storia di abusi.

Il merito di Kaye è la sobrietà con cui ci risparmia pietose e melense scelte rassicuranti, imprigionandoci in un’atmosfera di nichilismo e disperazione, in cui gli unici indizi di speranza sopravvivono nell’eroica vocazione di alcuni professori. 

Detachment è un film di valore assoluto, non mi dilungherò nel rischio di banalizzarlo.

Schermata 06-2456105 alle 16.29.43-2

Si parla di

Detachment, il distacco

IlPiacenza è in caricamento