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Effetto Vertigo

Effetto Vertigo

A cura di Diego Monfredini

Una sconfinata giovinezza di Avati, il buco nero della memoria

"C'è un bambino che scappa e la sua mamma si dispera perché non riesce più a trovarlo. Dove vanno tutti i bambini che scappano? Perché è così segreto e irraggiungibile quel luogo? Perché le loro mamme non sanno trovarlo?"

L'ultimo lavoro di Avati è incentrato su una tematica quanto mai rara sul grande schermo, la regressione mentale irreversibile all'età infantile conseguente alla diagnosi del morbo di Alzheimer. La descrizione drammatica dell'impotenza di fronte a eventi che non si possono controllare, l'improvvisa consapevolezza dell'irreversibilità del tempo e della malattia, e che alcune cose che si rompono non si possono più aggiustare.

Lino Settembre, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, è giornalista\opinionista sportivo. E' lui che che "ritornerà bambino". Francesca Neri, Chicca, docente universitaria e sua moglie. Non sono mai riusciti in 25 anni insieme ad avere figli, ma questo limite ha rafforzato la loro unione. Finché un'ombra non comincia ad offuscare la mente di Lino.

La prima fase della malattia dipinta da Avati è quella che si manifesta con disturbi alla memoria prospettica. Lino sta progressivamente dimenticando, gli appuntamenti, i nomi dei cibi, e delle persone. La situazione sul lavoro precipita e la redazione gli "regala" la pensione. La malattia infatti comincia a lapidare la memoria semantica, cioè il nucleo delle conoscenze acquisite: non solo Lino impiega molto tempo per scrivere ma i suoi articoli sono pure impubblicabili. Lino deve ad esempio descrivere con un pezzo un evento calcistico e finisce con la cronaca di un proprio vissuto, una corsa campestre che ha vinto da ragazzo. Centrali cominciano a diventare i ricordi legati alla sua permanenza giovanile nelle valli bolognesi di Case Mazzetti, presso gli zii materni, in seguito all'incidente in cui i suoi genitori persero la vita.



Nel decorso della malattia il presente e il passato sono due binari che tendono a fondersi, non solo sul terreno della memoria e della coscienza ma anche a livello prosodico e comportamentale: i suoi atteggiamenti cominciano a regredire, come gli sguardi, le movenze, le attitudini che sono sempre più bambineschi.

L'intensità di questa pellicola sta allora qua: quando l'amore di Chicca di una donna verso il proprio uomo, se vuole sopravvivere, deve subire una radicale trasformazione e virare verso un carattere filiale: Chicca perde il suo ruolo di moglie e sceglie di vestire finchè è possibile i panni della madre. Madre del bambino che non aveva mai avuto. Finisce in sostanza un amore, comincia un nuovo amore, d'altra sorta, ma della stessa forza.
E Lino piano piano regredisce nelle sabbie mobili della sua sconfinata giovinezza, sprofonda in un buco nero, una nebbia che lo porterà "magicamente" a scomparire, a fondersi con quel ragazzino che rincorreva il suo tesoro, il suo cane, per i boschi e i prati di Case Mazzetti, tra le cipolle del padre, le preghiere della madre e le coscie di una bambina.

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