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Fioristi o Fiorai?

Fioristi o Fiorai?

A cura di KaDò Flowerdesign

Rimbocchiamoci le maniche: due soluzioni alla crisi

La nostra generazione si trova di fronte ad una "crisi". Ecco come noi piccoli imprenditori possiamo guardarla con occhi nuovi

In data 15 settembre affrontammo una disanima dei problemi che noi giovani piccoli imprenditori dobbiamo affrontare oggigiorno, dal titolo "Non è tutto oro quel che luccica". A questo articolo le reazioni furono tante: chi ci criticò perché "fuori luogo", chi invece ci appoggiò perché magari nella nostra stessa situazione. In ogni caso non lasciò affatto indifferenti e registrò un picco negli accessi al blog. Fu uno sfogo amaro in cui una cocente delusione trapelava dalle nostre parole. Concludemmo con delle domande aperte "cosa c'è che non va? … cosa non funziona?“. Oggi pensiamo di aver trovato a queste domande alcune risposte plausibili e vogliamo condividerle con voi.

Innanzitutto possiamo identificarci con un ampio gruppo di persone, tutte solitamente intorno ai trenta, quarant'anni, normalmente laureati in diverse facoltà, sia umanistiche che scientifiche, che hanno deciso di lavorare in proprio, di solito non nel campo in cui si sono formati. Siamo abituati ad un percorso non lineare, in cui la carriera lavorativa non prosegue necessariamente sui binari della formazione universitaria, anzi vede dei salti "nel vuoto" in cui ci si reinventa totalmente: architetti che si dedicano alla fotografia, ingegneri che si dedicano ai fiori e alle piante, avvocati che diventano agricoltori. La lista è lunga e abbiamo tantissimi amici che condividono questo percorso anche definito dai sociologi... "liquido". 

La nostra è la generazione Y o generazione dei "millenials", quelli nati tra il 1980 e il 1995. Gli autori che hanno tentato di analizzare e descrivere la nostra generazione, sono diversi e non tutti concordano su tutti gli aspetti. Ma quello che a noi interessa è che tutti concordano sul fatto che siamo quasi "predestinati" all'insoddisfazione. L'analisi di Simon Sinek è diventata addirittura virale tramite un video della puntata di TED Talks. Lo scrittore accusa educazione famigliare e tecnologia che ci avrebbe abituati ad una gratificazione istantanea e all'illusione che possiamo avere tutto e subito, basta volerlo. In sostanza non è colpa nostra, siamo solo sfortunati, ma la nostra infelicità è dettata dalla diffusione dei social network e allo scontro con il contesto reale al quale non siamo preparati. 

Molti di noi stanno affrontando la crescente difficoltà di proseguire un percorso di piccola imprenditoria. Le soluzioni a questa oggettiva difficoltà sono su due livelli, una dentro di noi, l'altra fuori. La prima è legata alla nostra forma mentis, quella della generazione "millenials", l'altra invece in un cambio di paradigma auspicabile nel sistema economico e sociale contemporaneo. Forse dovremmo prendere consapevolezza della nostra impreparazione al mondo reale e conoscerne le cause. E' vero che non ne abbiamo colpa ma se è la nostra formazione a farci soffrire, dobbiamo impegnarci per cambiarla. Siamo stati abituati ad avere gratificazioni veloci ma questo non è reale. Dobbiamo prenderne atto e coltivare la pazienza. Ricominciare ad imparare da capo che i risultati e le grandi soddisfazioni non si ottengono con un clic, non si ottengono in un giorno e nemmeno in qualche anno (per la nostra azienda 5 anni per l'esattezza) ma anzi si ottengono con sacrifici anche lunghi decenni, come hanno fatto i nostri genitori e i nostri nonni e bisnonni.

Questa è la via da percorrere attinente la nostra sfera mentale del tutto personale, ma come dicevamo esiste anche un grande cambiamento auspicabile fuori di noi: quella che è stata definita "decrescita felice". Un altro mito a cui siamo assuefatti è che le performance aziendali si misurano con il segno più davanti all'aumento di fatturato annuo. Questo modo di pensare è coerente con l'abitudine di valutare la salute di un sistema economico nazionale attraverso il solo indicatore del PIL. Ma esattamente come il PIL non è indice di benessere (ad esempio anche la ricostruzione dopo disastri ambientali naturali o antropici fa crescere il PIL così come gli sprechi energetici o il consumismo sfrenato) anche la crescita economica aziendale fine a se stessa non è di per sé indice di benessere per noi imprenditori. A volte l'aumento del fatturato porta con sé aumento del carico di lavoro, dello stress, la descrescita del tempo libero, l'aumento del carico fiscale e degli sprechi indotti, l'aumento dei costi di gestione e di conseguenza non significa per forza aumento del ricavato utile. E' quindi bene imparare ad applicare i principi della descrescita felice anche all'analisi delle nostre piccole attività imprenditoriali e smetterla di valutarle solo dalla crescita del fatturato. Anche questo approccio radicalmente nuovo nel guardare al sistema economico e sociale contemporaneo ci indica una via per la nostra felicità e soddisfazione.

Noi non ci sentiamo più soli. Ad affrontare i nostri stessi problemi sono in tanti e in campi anche diversissimi dal nostro. Perciò troviamo coraggio e forza per proseguire mettendoci la pazienza che forse fino ad ora non abbiamo saputo mettere. Sapremo attendere e vivere serenamente gli sforzi necessari consapevoli del fatto che a renderci felici non sarà il fatturato in crescita ma il fatto che siamo tra i privilegiati a fare della loro passione un lavoro.

A presto, i ragazzi di KaDò Flowerdesign

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