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Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Cos’è oggi la politica? Come si è sviluppato nel tempo il concetto della politica?

Per dare un senso a queste domande, il filosofo Salvatore Natoli non ne formula un’altra domanda (spesso si cerca di soddisfare una domanda, non eludendola ma formulandone un’altra: un vizio dei filosofi!) ma spiega qual è il fine della politica e come nel tempo si sia sviluppato il concetto stesso della politica. “Il fine della politica” (Bollati Boringhieri – 2019, sottotitolato “Dalla teologia del regno al governo della contingenza”) è un libro di difficile comprensione, è un’opera pe addetti ai lavori, cercherò allora di spiegare in modo semplice il percorso di ciò che l’autore (e, con alcuni distinguo, anche noi) intende con la definizione del termine Politica e del fine della stessa.

Il Filosofo ha utilizzato quale premessa teorica per spiegare la nascita e lo sviluppo storico di quel sistema di organizzazione sociale chiamata politica, alcuni termini arcaici, greci per esattezza, quali Eschaton e Telos. Termini che riguardano l’uomo, il modo in cui si è rapportato con il suo essere sociale e con il significato ultimo che ha dato alla sua stessa esistenza.

Il problema escatologico dell’uomo e del suo tempo, il tempo è rappresentato dalle varie epoche che l’uomo ha abitato: il tempo diventa lo spazio dove ci si trova a vivere e ad agire. L’escatologia diventa allora un problema spazio-temporale, il destino dell’uomo come risultato di connesse coordinate date dal luogo e dal periodo in cui si trova a vivere la propria esistenza.

Per i Greci l’ordine sociale era concepito come un continuum invariato: il tempo era ciclico, era il ripetersi della volontà degli dei e dell’ineluttabilità del fato. Per il giudaismo come sarà in seguito per il cristianesimo, il tempo smette di essere ciclico per diventare una promessa, la promessa come attesa della salvezza. Il tempo viene ritualizzato. In tutto il medioevo (inteso come spazio epocale) si davano a tutte le domande esistenziali risposte teologiche. Il potere politico è comunque sempre emanazione della presenza divina, sia esso rappresentato della Chiesa, dal re o dall’imperatore con cui lo Stato si identificava. I sacerdoti ed i sovrani sono state le prime istituzioni che hanno rappresentato la Salvezza, così come lo sarà in seguito lo Stato.

Tutto ciò fintanto che lo Stato moderno si emancipa dal potere religioso e lo sostituisce infatti in Hobbes il Leviatano è Dio in terra.  Il modernismo continua la sua marcia sostituendo all’attesa messianica la progettualità. La politica conosce nuove forme con cui realizzare il paradiso in terra, nel momento in cui la promessa religiosa è diventata meno credibile e si è allontanata, fino alla dimenticanza, ecco nascere le Utopie. Tra queste anche il marxismo, rimasta un’utopia, perché ogni qual volta si è tentata una sua realizzazione statuale si sono viste solo concrete ideologie autoritarie.

Allora la Politica diventa mediazione, il collante tra le angustie del presente e le attese proprie delle utopie. La Rivoluzione illuminista aveva rappresentato il progresso come un percorso rettilineo. La Rivoluzione Francese ha cambiato il mondo della politica perché, sostanzialmente ed in modo definitivo, alle folle ha sostituito le masse. Dall’Ottocento alla prima metà del Novecento compreso, siamo passati dalla tragedia alla prosa, dalle dittature siamo passati ai leaders politici che attraverso i media manipolano eros e thanatos, il piacere e la paura, con conseguenti repentini passaggi dall’edonismo alla paura e viceversa. La politica è diventata soltanto burocratica amministrazione basata sull’interesse del singolo, priva di qualsiasi fine programmatico.

Se alla politica compete il compito di tutelare la vita, allora si potrà dire con Foucalt che la politica è sempre stata biopolitica. Già Boudelaire aveva scritto che la “teoria della vera civiltà… consiste nella dimenticanza del peccato originale”, cosicché “oggi la nostra presunzione di sufficienza ha estinto l’idea del debito”.

Nonostante tutto l’uomo moderno è immerso nel male, da un lato guerre, povertà, stragi, sfruttamento ecc… dall’altro le patologie del benessere: stress, noia e depressione; non rimane allora altro cui votarsi che

La politica ha comunque ancora un suo tempo che non è quello di indicare mete, quanto di fronteggiare emergenze, visto che viviamo un “continuo transitare”. La politica politicante viaggia a vista, è confusa. Il risultato a livello mondiale è il persistere di tante guerre regionali, antidoto (forse?) a guerre di portata mondiale.

La politica dovrebbe operare in vista di un futuro, delle future generazioni. Questo è il dictat che dovrebbe obbligare la politica a fare tra le scelte possibili, le migliori, le migliori per le generazioni dell’avvenire. Si può infatti guardare all’avvenire nel segno della redenzione se la politica riesce ad evitare all’uomo almeno il dolore evitabile, quello che gli uomini reciprocamente si infliggono!

Cos’è oggi la politica? Come si è sviluppato nel tempo il concetto della politica?

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