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Libertà di pensiero

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A cura di Carmelo Sciascia

Le forme del bello: un lessico sull’estetica

Ricordando un incontro con Remo Bodei, il filosofo nato a Cagliari si è spento a Pisa il 7 novembre 2019

Non mi è mai capitato di scrivere un “coccodrillo”. Nel gergo giornalistico si sa che il coccodrillo è un pezzo preconfezionato sulla scomparsa di qualche personaggio pubblico che la redazione del giornale tiene in un cassetto per non trovarsi impreparata nel darne notizia, con maggior particolari possibili, spesso con allegato aneddoto.

Vorrei non poterne scrivere mai, perché ai personaggi pubblici ci si affeziona e non se ne vorrebbe perdere memoria. E memoria infine credo non se ne perda mai anche se, malgrado loro (e malgrado noi), hanno lasciato questo pianeta. Qualcosa del pensiero e del modo di essere delle persone che abbiamo apprezzato e conosciuto rimane sempre. Il concetto che, attraverso i testi letterari, si pone rimedio alla limitatezza della propria esistenza era stato bene espresso in un articolo apparso sul Corriere della sera del 2009 proprio da Remo Bodei.  Sul filosofo Bodei si può dire tantissimo per la vita intensa di intellettuale cosmopolita che è stato, per le sedi prestigiose cui ha insegnato, per gli studi ed i numerosi libri scritti. Perciò di tutto questo cioè dei suoi studi più noti, come delle università cui ha insegnato così come sulle note biografiche, non scriverò nulla, tutto può essere letto nelle riviste più o meno specializzate.

Dirò soltanto di un incontro avvenuto guarda caso proprio a Piacenza. Un incontro casuale (nel 2011?), casuale come spesso sono gli incontri più importanti della nostra vita: Durante lo svolgimento del Festival del Diritto che già da qualche anno, si teneva in città nel mese di Settembre. Il solo evento culturale che aveva dato a Piacenza una grande visibilità nazionale e non solo, dopo, cronologicamente parlando, la kermesse di Carovane.

Un libro che avevo appena comprato incontrava il suo autore.  Il libro era: “Le forme del bello, un lessico dell’estetica” (Il Mulino -1995), l’autore: Remo Bodei. L’incontro è andato molto al di là di qualsiasi formalismo. Passando subito a confidenze personali, complice probabilmente la comune origine isolana: la Sardegna e la Sicilia, due isole, così diverse e così uguali da caratterizzare in modo indelebile il DNA di chi vi è nato.

Conseguenza di quell’immediata empatia è stata la lettura e la rilettura di quel testo, a tal punto che ho tenuto, in anni successivi, qualche incontro sull’estetica basandomi proprio su quel saggio. Come tutti i libri a carattere filosofico, anche questo, non è sempre lineare nell’esposizione, motivo per cui ho cercato una personale esposizione per rendere il senso degli argomenti in modo più divulgativo, intercalando solo qualche considerazione personale, sperando non me ne abbia voluto in vita e tantomeno me ne voglia adesso il Filosofo.

«Malgrado i ripetuti annunci è certo che la filosofia, al pari dell'arte, non è affatto «morta». Essa rivive anzi a ogni stagione perché corrisponde a bisogni di senso che vengono continuamente - e spesso inconsapevolmente - riformulati. A tali domande, mute o esplicite, la filosofia cerca risposte, misurando ed esplorando la deriva, la conformazione e le faglie di quei continenti simbolici su cui poggia il nostro comune pensare e sentire». (Remo Bodei - La filosofia del novecento, 1997).

Questa frase dava inizio al mio incontro sull’estetica. Di seguito si riportava qualche riflessione dello stesso Bodei per meglio comprendere il concetto del bello nell’arte. Nel libro “Le forme del bello” si sostiene la tesi che fino a duecento anni fa, intrinsecamente bella veniva considerata soltanto la natura, il prodotto artistico lo diventava unicamente in quanto ne partecipava.

Il concetto del bello viene conseguentemente accomunato ad altri valori quali il buono ed il vero. Il contadino diceva dell’aratro essere bello in quanto utile per l’uso che ne faceva, quindi buono.

La bellezza era quindi funzionale, cioè finalizzata ad uno scopo preciso, che poteva essere pedagogico, morale, ideologico o altro. Il bello ed il suo contrario il brutto, rimanevano connessi alla dimensione dell’esperienza sensibile. Molti sono, nel libro di Bodei, i riferimenti al pensiero dei classici, da profondo conoscitore della filosofia idealista tedesca non ha potuto fare a meno di citare il pensiero che Hegel aveva in illo tempore esposto nella sua Estetica: “Non si può raffigurare nelle forme della bellezza greca Cristo flagellato, coronato di spine, trascinante la croce fino al luogo del supplizio, crocifisso, agonizzante nei tormenti di una lunga e martoriata agonia”. Come non ricordare un celebre quadro di Bosch sulla Passione conservato a Gand dove appaiono carnefici orrendi, che farebbero impazzire di invidia certi cantanti rock: uno con un doppio piercing al mento con il volto trafitto con vari ammennicoli metallici. È come ci dice Umberto Eco a proposito di questo quadro una sorta di epifania della malvagità. Come non ricordare a questo punto la contemporanea Body Art? le ferite inflitte al proprio corpo da artiste come la francese Gina Pane (le spine di rose che trafiggono il braccio) o, l’artista slava Marina Abramovic che si incide con la lametta l’addome per disegnare una stella, simbolo dell’oppressione comunista). O, ancora, non ricordare il film di Meil Gibson: Passion!

 Ed è così che il concetto di brutto acquista la stessa dignità del bello, anzi spesso resta indistinguibile. Non a caso, come sostiene Apollinaire: “Oggi amiamo la bellezza quanto la bruttezza”.  E lo stesso William Shakespeare   nell’opera Macbeth fa dire alle streghe: “il bello è brutto, il brutto è bello”. Eccoci così, lungo tutta la storia della filosofia, presi quasi per mano, arrivare al concetto moderno del bello, un concetto universale e soggettivo, soggettivo ed universale. Universale proprio perché soggettivo, come il dubbio degli scettici!

Il metodo appena accennato è la dimostrazione del procedere del Nostro nel campo dell’Estetica. Tanto altro ancora ci ha lasciato in eredità Remo Bodei: tante certezze ma anche tanti dubbi; ma non dovrebbe essere proprio questo il compito specifico di ogni filosofo? Ho accennato ad una sola sua opera, una tra le meno note, per dimostrare come sia stato profondo nel riassumerci, con solo alcuni passaggi concettuali, una varietà di concezioni, anche contrapposte tra loro. Tutto ciò ha avuto una finalità ben precisa: farci comprendere meglio la realtà, varia e confusa, che circonda l’uomo contemporaneo.

Le forme del bello: un lessico sull’estetica

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