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Venerdì, 19 Aprile 2024
Libertà di pensiero

Libertà di pensiero

A cura di Carmelo Sciascia

Un boss di Cosa Nostra nel cuore dell’Antimafia

La parabola di Antonello Montante nel libro “Il Padrino dell’antimafia” di Attilio Bolzoni. Quando il potere mafioso si insedia nelle istituzioni, a Caltanisetta come a Piacenza

Tutto avrei pensato di incontrare leggendo il libro “Il padrino dell’antimafia” di Attilio Bolzoni, giornalista di Repubblica, tranne un riferimento critico all’opera di Camilleri. Per la verità non di pura critica letteraria si tratta, quanto di testimonianze che lo scrittore ha reso almeno in due interventi sulla rinascita che avrebbe rappresentato la cosiddetta rivoluzione siciliana, portata avanti dalla Confindustria di Antonello Montante, paladino dell’antimafia. Il primo intervento è stato l’avere dato copertura culturale ad un’attività inesistente: il nonno di Antonello Montante, Calogero avrebbe costruito biciclette. Una di queste biciclette sarebbe stata usata dal Camilleri, per recarsi da Serradifalco a Porto Empedocle durante il secondo conflitto mondiale, per cercare il padre di cui la famiglia non aveva più notizie. (Leggasi al riguardo “La volata di Calò” di Gaetano Savatteri). Le stesse biciclette, secondo Montante, sarebbero state fornite alla Reale Arma dei Carabinieri e perfino alle nobili Case Reali.

 Il secondo intervento di Camilleri riguarda la prefazione al libro del giornalista Filippo Astone dal titolo “Senza padrini”: un panegirico al gruppo Montante, Lo Bello, Catanzaro. Ad essere cascato in questa impostura non è stato il solo Camilleri, ma lo stesso Gaetano Savatteri, come anche la direzione di tantissimi aeroporti dove un prototipo di bicicletta Montante veniva orgogliosamente esposta nei saloni d’attesa. Questa operazione ha coinvolto anche il Nord: nello stesso periodo la stessa bicicletta venne regalata ed usata dal Comune di Milano. Biciclette prodotti adesso da Antonello che avrebbero riprodotto quelle del nonno: tutto falso,  le  biciclette del nonno non c’erano mai state! Era una semplice operazione di marketing di Montante per allargare l’area del consenso intorno alla propria rete di relazioni pubbliche e rafforzare quell’aureola d’imprenditore cui amava circondarsi. In questa rete ci sono cascati personaggi di indubbia moralità quale Don Ciotti di Libera o Tano Grasso di Addiopizzo.  Ogni critica ad Antonello Montante, sarebbe stata considerata una calunnia mafiosa, visto che tutte le sue iniziative, dai discorsi nei convegni, alla firma dei tanti protocolli, venivano  vistate con il suo sigillo, un sigillo contenente la garanzia dell’antimafia!

Trovo addirittura, nel libro, un parallelo tra la dialettica hegeliana e la realtà, di come cioè la mafia avesse inglobato l’antimafia: la mafia sarebbe la tesi, l’antimafia l’antitesi, e l’antimafia che viene inglobata e perde la sua libertà, la sintesi. Non stiamo parlando comunque di astratte teorie filosofiche, ma di una realtà amara e difficile da digerire. La mafia, secondo Bolzoni, possiamo dividerla in due tronconi, quella degli individui censurati e quella degli incensurati. Quella dei volti noti, violenti, morti o sepolti in qualche cella, oramai “bruciati” e la mafia di chi, incensurato, veste i panni dell’antimafia per continuare a fare affari, a gestire il potere politico, a organizzare reti di supporto e connivenza, che vanno da un uso strumentale di apparati dello Stato, all’appoggio, più o meno consapevole, delle più alte cariche istituzionali.

Andiamo con ordine e vediamo chi è Antonello Montante il personaggio principale del libro. Calogero Antonio Montante detto Antonello è un “meccanico” di Serradifalco, paese dell’entroterra siciliano in provincia di Caltanisetta. Sciascia nel “Candido” scriveva che Serradifalco è “un luogo da cui spiccar volo, e volo rapace”. Montante è presidente della Camera di Commercio nissena e  Presidente della Confindustria siciliana, succede a Ivan Lo Bello, riesce a “governare”, senza un apparente partito politico, la Sicilia, sia con il centro destra che con il centro sinistra, sia con Raffaele Lombardo che con Rosario Crocetta. Tutti stavano con Montante: pezzi dello Stato, magistrati, stampa, imprenditori, piccoli e grandi comitati antiracket. Perfino Ministri della Repubblica, da Annamaria Cancelleri (Ministro dell’interno con Monti e poi Ministro della Giustizia con Letta: 2011-2014) ad Angelino Alfano (Ministro della Giustizia con il governo Berlusconi IV e poi Ministro dell’Interno con il Governo Letta e Renzi per essere infine Ministro degli Esteri con Gentiloni: 2008-2016). Il governo Renzi nel 2015 nomina Montante nel comitato direttivo dell’Agenzia dei beni confiscati alle mafie:  la Cupola avrebbe gestito i beni sequestrati a se stessa. A seguito di un Comitato nazionale di ordine Pubblico e Sicurezza, per volere del Ministro agrigentino Angelino Alfano, Caltanissetta diventa la capitale antiracket. Montante riceve perfino una onorificenza di Cavaliere del Lavoro, il più giovane d’Italia, consegnatagli del Presidente Giorgio Napolitano. Il Presidente di Confindustria Giorgio Squinzi  gli ha conferito perfino la delega alla “Legalità”. Personaggio di spicco dell’imprenditoria siciliana, Montante raggiunge l’apice della popolarità  come figura nobile dell’antimafia a livello nazionale; viene appoggiato e sostenuto da alti Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri e della Finanza, da Direttori della DIA, da procuratori, da Emma Marcegaglia, dal Ministro Angelino Alfano, dal premier Matteo Renzi che lo avrebbe addirittura voluto  Ministro della Repubblica.

 La fama di Antonello Montante ed il suo  prestigio di uomo dell’antimafia, paladino delle istituzioni democratiche,  è  talmente radicata e capillare che appena saputo delle indagini nei suoi confronti  per concorso esterno in associazione mafiosa, gli giungono valanghe di attestati di stima e solidarietà: Il Presidente nazionale di Confindustria Giorgio Squinzi  si dichiara sorpreso, il Presidente della regione Sicilia Rosario Crocetta lo indica come persona impegnata nella lotta alla mafia, lo stesso fanno tanti sindacalisti, pure Legacoop, il Sindaco di Catania Enzo Bianco, la Federazione antiracket di Tano Grasso. Sono tutti pronti e presenti  nel sostenere Antonello, una solidarietà trasversale senza nessuna  distinzione di colore politico.

Sul caso Montante è chiarificatore l’articolo dello stesso Bolzoni, pubblicato il 30 ottobre 2015, di cui riporto alcuni passaggi: “Sono diventati padroni di tutto. E anche di tutti. Eccola la classe dirigente dell’isola che, dieci anni fa all’incirca, si è presentata all’Italia per fare una “rivoluzione”. Sotto la maschera c’è stata una Cupola che sembrava intoccabile … In Sicilia – con la complicità di un paio fra ministri ed ex ministri, questori, prefetti, funzionari ministeriali, ufficiali della finanza in servizio ed in congedo, colonnelli in forza ai servizi, capi centri DIA – hanno creato un club che ha deciso ogni grande scelta dal 2005 in poi. … promiscuità tra pubblico e privato, commistioni. … imprenditori che hanno militarmente occupato ogni postazione pubblica che poteva vomitare denaro. … E’ una connection fra Roma e Palermo per condizionare ogni attività in società pubbliche e private, camere di commercio,ecc..”

Nell’affaire Montante rientra, ciliegina sulla torta, la trattativa Stato-mafia. Trapela tra le righe che lo stesso Montante possa essere in possesso delle intercettazioni telefoniche tra il Presidente Napolitano e dell’allora Ministro dell’Interno Nicola Mancino, quelle intercettazioni che la Corte Costituzionale aveva decretato di distruggere. L’epilogo, relativo ad Antonello Montante, perché proseguono altri filoni d’indagine, è una condanna a 14 anni di reclusione emessa dal  Gup di Caltanissetta, Graziella Luparello (magistrato di Racalmuto), il 10 maggio 2019. Eventi che si ripetono. A Piacenza, dove il Presidente del Consiglio, massimo organo del Parlamento cittadino, è stato arrestato per fatti di mafia.

Continua…

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