rotate-mobile

L’importanza dei ‘No’ nella crescita del bambino

Attraverso le regole e i “no” il bambino sperimenta la frustrazione, ed è fondamentale che essa sia presente, se mancasse il piccolo non potrebbe giungere a sperimentare l’attesa, la gioia, l’appagamento. Un adulto sempre accondiscendente mette il bambino in una posizione a dir poco pericolosa perché la mancanza di “no” lo farà sentire più potente da un lato e terribilmente indifeso dall’altro

I cambiamenti intervenuti negli ultimi anni all’interno dei modelli educativi della famiglia, il passaggio da una “famiglia etica ed autoritaria” ad una “famiglia affettiva”, e la graduale scomparsa dell’autoritarismo nella società, hanno attenuato la rigidità dei limiti imposti al bambino.

Negli ultimi decenni si è verificato un passaggio dalla famiglia etica, che aveva il mandato di trasmettere valori ed un sistema di regole certe e condivise, alla famiglia affettiva, con la funzione di trasmettere affetto, più che regole, valori e principi condivisi, lo scopo è far crescere figli a tutti i costi felici, abbassando il tasso di dolore. In questo modo però, con una limitata esperienza di dolore e di frustrazione alle spalle, insorgono difficoltà nel gestire in modo costruttivo i conflitti tipici dell’età infantile ed adolescenziale. Conflitti che sono considerati fisiologici e necessari per l’autodeterminazione del soggetto, la cui soluzione dipende in larga parte dallo stile di vita familiare e dal tipo di comunicazione presente nella famiglia stessa. 

Uno dei grandi difetti della genitorialità contemporanea è legato al rischio di proporre nella comunicazione con i figli elementi subdoli per raggiungere l’obiettivo. Ad esempio, non sono infrequenti le situazioni nelle quali il genitore, chiede al figlio cosa vuol fare rispetto a scelte che lo riguardano direttamente, scuola, sport, amicizie, ma in realtà la richiesta sottintende una manovra sotterranea con la quale il genitore vuol portare il figlio a prendere la decisione che il egli stesso vorrebbe ma non ha il coraggio di imporre.

Questo atteggiamento è legato all’ansia del genitore all’interno della famiglia affettiva, in quanto culturalmente i nuovi genitori si sono imposti di non imporre ed ora però non riescono più a direzionare la vita del figlio come accadeva in epoche precedenti con famiglie di tipo normativo. Se vogliamo accennare ad uno dei principali cambiamenti nello stile educativo genitoriale odierno esso ha a che fare con l'impiego del "no". Il timore di vedere il proprio figlio piangere per una decisione che contrasta i suoi desideri manda in confusione l'adulto. Accade che i genitori confessino la paura di veder diminuito l'amore del proprio figlio a seguito di decisioni ferme e ciò li spinge a rimodulare le loro posizioni in termini permissivi.
 

L’aumento dell’ansia, è probabilmente dovuta alla presa di coscienza della difficoltà del ruolo, poiché nella famiglia affettiva non si può imporre come accadeva nella famiglia di qualche tempo fa, e questo rende più evidente la difficoltà di ex-ducere, ossia tirar fuori, il potenziale dei figli. L’ansia è prodotta anche dal fatto che, per molti, il primo figlio rappresenta, oltre che una trasformazione dello stile di vita, anche il primo neonato che la coppia si trova di fronte, mentre nelle famiglie normative spesso un cugino, un fratello, un nipote rappresentavano un’ottima palestra alla genitorialità.

Nella crescita e nello sviluppo del bambino è importante saperlo contenere, per contenimento si intende la capacità di arginare gli scoppi emotivi ed impulsivi mettendo in atto comportamenti autorevoli necessari per evitare che il piccolo si faccia del male o ne faccia agli altri.

Per  svolgere questo il genitore deve mettere delle regole, dei paletti fissi, deve saper dire no alle eccessive pretese e nei momenti critici in cui il bambino si agita, piange, urla e aggredisce verbalmente e/o fisicamente.

L’utilità del definire i confini è fondamentale, perché questi segnano l’importanza del ruolo genitoriale: il genitore impone le regole e guida l’agire del figlio, certamente spiegando e condividendo le motivazioni.

Insito nella natura del bambino è l’opporsi alle regole poiché attraverso questa opposizione il bambino cerca di affermare la propria identità, innescando un processo di separazione-individuazione necessario per la sua crescita. Tale processo ha inizio intorno al primo anno di vita, con la “fase del no”, in cui compare una rigida opposizione alle imposizioni dell’adulto per trovare una propria individualità/autonomia differenziata dalla dipendenza familiare. Quest’opposizione poi si riproporrà con nuova forza nel periodo adolescenziale.

I genitori non possono e non devono essere amici dei figli, dovrebbero far loro da guida: l’amico cammina al fianco e condivide i dubbi, l’adulto dovrebbe camminare loro davanti e dare l’esempio, controllare e dare regole. Regole che sicuramente i giovani tenteranno di infrangere, perché devono sperimentare e sperimentarsi, devono capire fin dove possono spingersi, cosa possono fare, ma con la consapevolezza che ci sono dei limiti oltre i quali non possono andare perché superandoli potrebbero ledere se stessi o gli altri. I genitori agiscono prima di tutto attraverso il loro comportamento, fungono da modello, in tal senso i genitori rappresentano una palestra educativa dove apprendere il ruolo di adulto del loro domani.

Attraverso le regole e i no il bambino sperimenta la frustrazione, ed è fondamentale che essa sia presente, se mancasse il piccolo non potrebbe giungere a sperimentare l’attesa, la gioia, l’appagamento; se tutti i suoi bisogni fossero subito compensati, rimarrebbe in una fase narcisistica dove le uniche cose veramente importanti sarebbero i suoi bisogni, i suoi desideri, le sue voglie.

Non è facile per un bambino accettare un no, questo è naturale ed ha a che fare con l’opposizione necessaria per lo sviluppo dell’identità, ma anche per il bambino una negazione può venire compresa molto meglio se chiaramente motivata. Molti credono che relazionandosi con un bambino sia in parte inutile fornirgli delle spiegazioni perché “è piccolo e quindi non capisce”, nulla di più sbagliato, il bambino apprende e assorbe tutto, assimila gli stati d’animo dei genitori e dell’ambiente circostante, impara a relazionarsi come loro, impara ad agire come loro.

La riluttanza a dire no e a comportarsi con fermezza possono dare origine a difficoltà importanti nel bambino perché non sarà mai in grado di controllare l’aggressività e le emozioni negative se non ha imparato a farlo sperimentandole in prima persona. Soltanto provandole sulla propria pelle egli potrà valutarle e trovare in sé le soluzioni e le risorse per utilizzare tali emozioni per scopi vantaggiosi e in questo senso i limiti imposti dai genitori, pur facendolo infuriare, sono delle barriere che lo proteggono e lo fanno sentire al sicuro.

Un adulto sempre accondiscendente mette il bambino in una posizione a dir poco pericolosa perché la mancanza di “no” lo farà sentire più potente da un lato e  terribilmente indifeso dall’altro, come potrebbe sentirsi protetto se si sente più potente di chi si prende cura di lui.

Così il genitore che risparmia al figlio qualunque sofferenza, non distinguendo il bisogno dal capriccio, lo priva del privilegio di sviluppare in modo creativo ed unico gli strumenti necessari ad affrontare le inevitabili difficoltà della vita.

Si parla di

L’importanza dei ‘No’ nella crescita del bambino

IlPiacenza è in caricamento