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La terapia dietetica nel trattamento dell'ipertensione

La domanda dei pazienti su questo tema, cosa deve o non deve mangiare chi soffre di ipertensione arteriosa, è ricorrente ma è rimasta forse in ombra per i successi ottenuti con i farmaci anti-ipertensivi

Il medico ha oggi a disposizione un gran numero di farmaci capaci di ridurre efficacemente la pressione arteriosa, sia quando essa è elevata acutamente e in modo transitorio sia quando essa permane elevata in modo cronico. Nondimeno accanto alla terapia farmacologia viene consigliato un corretto stile di vita e una dieta adeguata. Infatti la domanda dei pazienti su questo tema, cosa deve o non deve mangiare chi soffre di ipertensione arteriosa, è ricorrente ma è rimasta forse in ombra per i successi ottenuti con i farmaci anti-ipertensivi.

Questo non ha impedito che i medici del Dipartimento della Nutrizione della Harvard Shcool of Medicine abbiano ripreso l’argomento e abbiano comunicato il loro punto di vista con un articolo comparso sul New England Journal. Scorrendo il lavoro,dobbiamo però obbiettare che non ci sono novità sconvolgenti che ci dicano che la dieta sia la soluzione del problema, tuttavia essa si offre come mezzo per ridurre la pressione di qualche punto, come massimo di circa cinque  per la sistolica  ed un po’ meno per la diastolica.

La dieta si è dimostrata senz’altro più importante per prevenire il danno d’organo a livello cardiaco, cerebrale, renale, arterioso e per impedire gli eventi patologici che ne possono derivare come l’infarto miocardico,l’ictus, l’insufficienza renale , le arteriopatie obliteranti e gli aneurismi. Il dato più certo e rilevante è che una eccessiva introduzione di sodio con l’alimentazione attraverso, i salumi, il sale da cucina, gli insaccati e i dadi da brodo è strettamente correlato con un peggioramento dello stato ipertensivo.

Infatti nell’ipertensione è compromesso uno dei meccanismi di mantenimento dei valori normali pressori, quello dell’ eliminazione del sodio attraverso il rene. I cibi che contengono molto sodio, specie certi conservanti,sono un fattore di rischio per la pressione perché aumentano la quantità di liquidi trattenuti che sovraccaricano la circolazione e conseguentemente fanno salire  la pressione. E’ stato calcolato che il 75-80% del sale che introduciamo proviene dai cibi già confezionati e solo il 20-25% dall’aggiunta durante la loro preparazione in cucina. Il Departments of Agricolture and Health and Human Services raccomanda  un consumo giornaliero di sei grammi di sale anziché gli 11consumati in media negli Stati Uniti. In tal modo si abbasserebbe la pressione, solo con questo minimo sacrificio, di 2-8mmdi Hg.

Un gruppo si studio dell’Università della California a San Francisco ha recentemente  proposto un modello di elaborazione computerizzata per conoscere  quali risultati  relativi alla mortalità e  alla incidenza di malattie  si realizzerebbero riducendo il consumo di  sale a soli 3 grammi al giorno. Secondo questa indagine si otterrebbe  per ogni anno una riduzione dai 60 mila ai 120 mila casi di cardiopatia coronarica e dai 32 ai 62 mila casi di infarto miocardico . Gli stessi ricercatori hanno precisato che perfino la diminuzione di un grammo, rispetto all’attuale consumo, sarebbe capace di dare un sostanziale beneficio. Si è però constatato anche che vi sono soggetti più sensibili di altri all’azione del sale .

Un altro meccanismo è certamente  coinvolto nella genesi della ipertensione arteriosa quello della produzione di un ormone, l’angiotensina che determina un restringimento funzionale delle piccole arterie con conseguente innalzamento dei valori della pressione. Questo meccanismo può essere potenziato sia dall’aumento di peso che dall’invecchiamento due condizioni che assai frequentemente viaggiano insieme. Sulla base di queste premesse risulta facile tracciare le principali direttive per un intervento dietoterapico. Anzitutto ridurre il consumo di sale senza abolirlo e ridurre il peso ove questo fosse aumentato per moderare l’azione dell’angiotensina. Accanto a questi provvedimenti va posta una accurata scelta degli alimenti; vanno preferiti frutta, vegetali in genere, latticini a basso contenuto di grassi, pollame, pesce e olio di oliva.

E’ bene  invece ridurre le carni rosse, i grassi animali, i dolci e  le bevande zuccherate secondo i principi della dieta mediterranea. Questo tipo di alimentazione ha dimostrato di determinare, nelle popolazioni che la seguono, una maggior longevità e un minor rischio di insorgenza di importanti patologie come  le malattie cardiovascolari e i tumori. Una dieta di questo tipo sulla falsa riga di quanto sopra riferito è di grande utilità nei pazienti detti “pre-ipertesi” o con “ pressione normale-alta”, ossia quei pazienti che hanno valori pressori di sistolica(massima) tra 120-140 mmHg e di diastolica (minima) tra 80 e 90. Altresì la dietoterapia va indicata come primo intervento negli ipertesi lievi e moderati che non abbiano danni d’organo. Una osservazione di 3 mesi in terapia dietetica servirà a stabilire se ci troviamo di fronte un paziente che va trattato o meno con farmaci.

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