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Piacenza Nostra

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A cura di Cesare Zilocchi

Il Carmine attende una sua destinazione dopo 124 anni

Da qualche tempo si torna a parlare del Carmine con la lodevole intenzione di recuperare finalmente a nuove funzioni l’antica chiesa e annesso chiostro. Riassumiamone la storia recente

Da qualche tempo si torna a parlare del Carmine con la lodevole intenzione di recuperare finalmente a nuove funzioni l’antica chiesa e annesso chiostro. Riassumiamone la storia recente. Il complesso conventuale fu espropriato da Napoleone nel 1805. L’anno successivo venne istituita la mairie di Piacenza e il prefetto Nardon, con disposizione del 15 febbraio 1807, decise di fare del Carmine l’ammazzatoio civico. Vale a dire il macello comunale.  Tale rimase fino al 1894, quando entrò in funzione il nuovo macello pubblico di strada San Salvatore, ora via Scalabrini, nelle vicinanze di Sant’Anna. Opera, questa, imposta dalla legislazione italiana (legge 1988, regolamento 1889, R.D. 1890) che rendeva obbligatori impianti moderni di macellazione nei comuni con popolazione superiore ai 6.000 abitanti. Non solo, il canale detto di San Sisto (sottostante il Carmine, ormai riusciva a derivare dalla Beverora acqua in quantità insufficiente, un calo progressivo dovuto ai crescenti prelievi per uso agricolo. Lo smaltimento dei liquami e dei panzoni diventava di conseguenza sempre più difficile e la zona era tormentata da afrori insopportabili. Al punto che gli uffici della prefettura e della amministrazione provinciale (ubicati in Palazzo Mandelli) dovevano lavorare a finestre sbarrate perfino in piena estate. Del resto, anche un eventuale adattamento del vecchio ammazzatoio francese (ipotesi presa in considerazione) avrebbe richiesto ingenti spese se - già a quel tempo - la stampa cittadina sollecitava il comune ad intraprendervi lavori di manutenzione (segno che il fabbricato era messo male). Sulla chiesa del Carmine scese a quel punto un lunghissimo, scellerato oblio. A volte venne adibito a deposito di materiale edilizio o a ricovero attrezzi, come per esempio durante gli interventi di recupero del Palazzo Farnese.  Lo stato di abbandono del complesso monastico è ben illustrato da un fatto del 2004: un ufficio comunale scoprì come negli archivi dell’ente nessun documento ne attestava la proprietà.  Ergo, il Carmine doveva appartenere allo Stato.  Tesi insostenibile visto che lo stesso comune nel frattempo aveva più volte provveduto al rifacimento dei tetti (ultima l’amministrazione Vaciago nel novembre 1995). La legge finanziaria 2005, ai paragrafi 303-305, prevede la possibilità di dare in concessione a privati i beni culturali bisognosi di restauri, decurtando le spese dal canone stabilito. Ma, passato un altro decennio, i lavori sono sì in corso, ma il Carmine attende ancora - dopo 124 anni -  di svolgere una funzione.

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Il Carmine attende una sua destinazione dopo 124 anni

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