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Piacenza Nostra

Piacenza Nostra

A cura di Cesare Zilocchi

Il Comune ripulisca le memorie patrie

Un commento scritto ben sei anni fa: fa male al cuore considerare come le cose siano addirittura peggiorate in città da allora

Il Presidente della Repubblica è stato a Reggio e a Ravenna nell’ambito delle celebrazioni per i 150 dell’unità italiane. Per fortuna non ha fatto sosta a Piacenza. Dove l’avremmo accompagnato? Nella loggia della biblioteca civica il monumento di Pietro Gioia, padre della Primogenita è alterato  da una coltre  polverosa. Peggio ancora  Felice Cavallotti, che si affaccia su via Roma. Di Romagnosi, che guarda sconsolato la piazza non si legge neppure l’erma. Ai giardini Margherita, un vero disastro. Il  busto  di Mazzini non c’è  da ormai vent’anni. Fu tolto perché imbrattato dai moderni  vandali.  Ci vollero quindici anni per la  ricollocazione, ma durò niente perché fu  nuovamente assalito  dagli idioti  con lo spray.  Sappiamo che la direttrice dei musei farnesiani, Antonella Gigli,  proponeva  di  collocare il monumento originale – opera in bronzo di Enrico Astorri -  in sede protetta e mettere al suo posto una copia fatta con  materiale  di più  facile ripulitura. Ma cinque anni sono passati e non se ne è fatto nulla. Del resto, anche il tempietto della montagnola è in una stato pietoso, coperto di multicolori scritte volgari. All’interno, l’erma orba del busto fa tristezza in mezzo a rifiuti e  vuoti di  bottiglie.  Senza dire  dei versi carducciani scolpiti sulle pietre  d’intorno. Che un tempo c’erano lo sanno solo i piacentini avanti cogli anni. Ora  sono cancellate  dalle micidiali bombolette colorate e comunque ricoperte  da strati di edera  incolta. Per i pochi a cui può interessare ricordiamo cosa dicevano quei versi: 1) Esule antico, al ciel mite e severo / leva ora il volto che giammai non rise / tu sol – pensando – o ideal, sei vero; 2) Ei vide nel ciel crepuscolare / col cuor di Gracco ed il pensier di Dante / la terza Italia; 3) E un popol morto, dietro a lui si mise.   

Più sotto, verso il cosiddetto grattacielo, il monumento a Francesco Giarelli mostra i segni dell’incuria. Il naso è smozzicato e un  muschio verdognolo ne ricopre il volto e il busto. Di fronte Angelo Genocchi non occhieggia. Non può farlo dato che le foglie dell’arbusto sempreverde che dovrebbe ornarlo, ormai lo avvolge.  

Possiamo comprendere come il nostro signor  sindaco sia preso da grandi problemi e  progetti per il suo futuro; gli ricordiamo tuttavia che in occasione della inaugurazione del busto di Mazzini ricollocato (giugno 2005), egli parlò di evento che “aiuta a valorizzare il senso profondo dell’unità nazionale, dell’amor di patria” eccetera. Magari, ricordarsene nel 150esimo della Patria Unita non sarebbe male.  

(9 gennaio 2011)

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Il Comune ripulisca le memorie patrie

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