Agostino Bigoni, "Pulèi" mangiafuoco
Agostino Bigoni detto “Pulèi” risiedeva a pochi passi dall’antica strada della Dogana (via Giordano Bruno) in un rustico caseggiato d’angolo
" Ho dedicato, anni fa, lunghi periodi di studio e di lavoro, per fissare sulla carta la Piacenza popolaresca delle vecchie borgate. Mesi e mesi chiuso in biblioteca ed altri nelle osterie, in circoli ed associazioni, per farmi narrare dagli anziani personaggi ed avvenimenti di un mondo già svanito. Nei loro racconti tutta la ritrosia, quasi pudicizia, nel parlare di una società reietta, di estrema povertà, di uomini duri, quasi scolpiti nella roccia che il tempo inclemente aveva sgretolato, ma di cui permaneva ancora il ricordo, nel loro cuore. Oggi, di fronte alla proposta di raccontare di questa Piacenza completamente svanita nell'oblio del tempo, sono stato inizialmente restio, perché mi rendo conto, passeggiando nelle vie, che nulla è rimasto, se non i fantasmi dei ricordi trasmessi o appena afferrati, nella mia fanciullezza, mentre già stavano svanendo. Ma poi ho riflettuto ricordando il giorno in cui ho condotto mio figlio in giro per quelle vecchie borgate, ritrovando il gusto di consegnargli il ricordo (se lo accetterà) di una realtà che non trovavo giusto svanisse completamente; soprattutto quei valori di probità e solidarietà in cui credeva questa gente rude e resa aspra dalla vita. Così, con nuovi e diversi strumenti di comunicazione, on line, proverò a raccontare di nuovo Piacenza com'era una volta, il suo vero humus popolare. Ma so già che mi rimarrà di tutto questo, inevitabilmente, parafrasando il poeta… ""la rimembranza acerba!"" "
Agostino Bigoni detto “Pulèi” risiedeva a pochi passi dall’antica strada della Dogana (via Giordano Bruno) in un rustico caseggiato d’angolo
Per questa circostanza il ricordo è riservato a due personaggi un po’ particolari, non appartenenti al sottoproletariato della Piacenza che fu: un insegnante laureato e un poeta
Se c’era un prete vicino ai poveri ed ai diseredati, questi fu certamente don Paolo Veneziani, anzi monsignor Veneziani, anche se lui, dopo la nomina, riferendosi ai colori dell’abito talare che indicavano la nuova dignità, disse: “an pёr da ess un cunfanòn”
Per un inizio d’anno un po’ spumeggiante, tra il serio ed il faceto, riprendendo il nostro blog che tratta della Piacenza che fu, torniamo a trattare di alcune macchiette locali, il cui ritratto ci ha in buona parte trasmesso, in diversi scritti su riviste e periodici locali, Umberto Rebecchi
La Festa tradizionale ci parlava di Natività, Gesù bambino, il presepe. Chi non ricorda le poesie (quella più “gettonata” era “La notte santa” di Guido Gozzano) che si imparavano a memoria alle elementari?
Non rimane che affidarsi stavolta ai ricordi, perché la ricorrenza di Santa Lucia, il 13 di dicembre, è rimasta praticamente inalterata, nella sua liturgia, per oltre sessant’anni, prima che il consumismo dei primi anni ’70, ne minasse inesorabilmente le fondamenta, facendo subentrare la più nordica figura di Babbo Natale