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Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

Porta Galera e paraggi negli anni '20 e '30: tante attività economiche, ancora diversi personaggi

Se all’incremento demografico di Piacenza negli anni '20 faceva riscontro l’esplosione di nuove energie imprenditoriali, ciò non bastò subito ad eliminare le vecchie “sacche” di depressione economica che permanevano nei “rioni-ghetto” soffocati dall’impatto con la cinta bastionata

Nel 1924 Piacenza contava circa 42mila abitanti, saliti in quello stesso anno a circa 60mila con l’annessione al capoluogo municipale dei comuni contermini di San Lazzaro, Mortizza, Sant’Antonio: lo storico locale Leopoldo Cerri annotava:” è ciò che serve a darle un’importanza rurale che prima, stante i suoi ristretti confini, le era totalmente inibita”. Se all’incremento demografico faceva riscontro l’esplosione di nuove energie imprenditoriali, ciò non bastò subito ad eliminare, le vecchie “sacche” di depressione economica che permanevano nei “rioni-ghetto” soffocati dall’impatto con la cinta bastionata. Essi restarono tali (Torricella, Cantone del Pozzo, Cantone delle Stalle, Piazzetta Barrozzieri) ad onta del sensibile decollo industriale.

Porta Galera continuò a vivere per un po’ la sua dimensione di fatalistica inerzia, ma pian piano le sacche del sottoproletariato cominciarono in parte a scomparire, sostituite da un giovane proletariato che si modellò sui ritmi della crescita. Abbattuta la cancellata daziaria di Porta Cavallotti, ai Molini degli Orti (come abbiamo già ricordato) sorsero e fiorirono attività medio- piccole in campo industriale, artigianale e commerciale. I maggiori stabilimenti del capoluogo si formarono fuori Porta Cavallotti e di fianco alle stazioni ferroviaria e tranviaria e costituivano una piccola città che viveva a sé. galera4GnagnaCristalli-2

Lo Zuccherificio (attuale Caorsana) occupava 850 operai con produzione annua di 90.000 quintali. I Molini Rebora (dove si trova ora il Grattacielo) producevano, unitamente ai Molini Fioruzzi della Galleana, 1200 quintali di farina al giorno. Numerose le industrie del laterizio tra cui a San Lazzaro c’era quella di “Felisari e Percivalle”, mentre la Cementi Rossi (ne tratteremo) sorse nel 1923. Ed ai Molini, ricordiamo di nuovo “l’arte bodoniana” di Lorenzo Rinfreschi che stampava i più celebri autori e filosofi italiani.

Nel settore dei materiali edilizi si ricordano le ditte “Paolo Ferrari”, “Casana e Ghizzoni”, “Emilio Micheli”. Industrie importanti furono le “Officine meccaniche piacentine”, la fonderia “Mazzoni” in zona Torricella; nel capoluogo c’erano ben otto bottonifici. In via Cavallotti avevano sede l’Agenzia della imposte, l’Ufficio ipoteche, quello del Registro e bollo.

Ma era sempre anche la Piacenza delle “macchiette” che popolavano i rioni, i vicoli, le contrade, con ruoli di inconfondibile farsa. Si ricordano nomi “significativi”: Mezabarba, Vigòta, Giucund, Sargint magiur, Spùsu, Sera un occ, Tacnèi, Barber dal diavul, Gigiòn ta spuss, Marlota, Vampiru Benzina, Pirelo, Vagabond, Sablon (i nomi andrebbero scritti in modo diverso perché sulle normali tastiere molti caratteri non sono presenti). Potevano essere considerati precursori di quello che sarà poi, con Ciotti, l’ultimo atto della commedia di strada.

Insomma ci vorrebbe un voluminoso elenco anagrafico per citarli tutti; si sono persi nella memoria popolare, ma di molti si è riuscito a catturarne almeno il nomignolo. Di altri più corposi dettagli. Per esempio di Ciro, un “posgatt” per eccellenza. Conduceva vita agra, randagia. Non avendo dimora, la notte dormiva dove gli capitava, spesso accasciandosi ubriaco nei portonacci di stallaggi che gremivano la zona. Era molto chiacchierato perché gli mancava un dente canino, se non due, essendo stato colpito da un “bucal” (pitale), scagliatogli in faccia da una suora all’ospedale, come reazione alle sue troppo spinte galanterie erotiche. artebodonianaRinfreschi-3

Altra figura pittoresca, ma di completamente diverso stampo esistenziale, fu “Poldo” Rossi, statura da gigante dotato di forza erculea che incuteva un diffuso complesso di inferiorità fisica tra tutti i residenti. Fu probabilmente un facchino della stazione ferroviaria, analogo mestiere esercitato dal “Gnana” (Salvatore) Cristalli che abitava con la moglie Gemma Pezza in Piazzetta Barrozzieri. Celeberrima la sua “battuta” satirica alla maestra che gli chiedeva sovente cosa avesse mangiato. Lui invariabilmente rispondeva “polenta”. Venuta a conoscenza di queste domande, la madre, gli consigliò allora di variare, anche per darsi un tono diverso, e gli consigliò di dire “tortelli”. Così rispose alla maestra alla consueta domanda e lei di rimando gli chiese quanti ne avesse mangiati; e lui, tra lo spasso della scolaresca: “tre fette, signora maestra!”.

Altro Cristalli fu Giovanni, uno dei più vecchi spurgatori di chiaviche e pozzi neri operanti nei primi del secolo. Abitava in Cantone delle Stalle. Altra famiglia conosciutissima della zona fu quella dei Levoni che abitava all’angolo con via Tibini. Il padre Celso, di autentica schiatta proletaria, fu provetto caposquadra del reparto falegnameria presso le prestigiose Officine meccaniche insediate fuori Porta S. Lazzaro specializzate, tra l’altro, nella costruzione di vagoni e motrici ferroviarie tra cui  la popolarissima “Littorina” (Titina in gergo popolaresco) della linea Piacenza- Bettola. Levoni restò tragicamente ustionato nei primi di agosto del ’32 per lo scoppiò di una caldaia sprovvista di valvola di sicurezza. La sua morte ebbe drammatiche conseguenze  sociali sul nucleo familiare composto da cinque figli  in tenera età: Enrico, Ester, Gianni, Pino, Luisa. Quella sciagura  suscitò largo e commosso cordoglio tra gli abitanti della borgata ed un enorme corteo si formò per i funerali. portagalera8Levoni-2

Riprendendo ora il nostro itinerario ricordiamo che dirimpetto alla cartoleria Lommi, c’era la rinomata macelleria equina gestita da Sante Reboli (Santòn). Nei pressi la bottega- laboratorio dei fratelli Lucchini ideatori dell’omonima marca di biciclette costruite pezzo per pezzo con metodi di scrupolosa ingegnosità artigianale. Trasferirono successivamente la loro attività in zona detta “Pista della polvere” fuori barriera San Raimondo. Citiamo infine, per questa puntata, in zona San Savino, l’antico albergo Corona, sicuramente posta dei cavalli all’epoca delle diligenze, come si poteva evincere dalla struttura che lo caratterizzava.  In zona abitava anche una popolarissima ostetrica, certa Fanti che si distinse per le aggiornate capacità professionali e le squisite doti di signorile civismo sociale, sempre a disposizione di tutti, quando ancora si nasceva nelle case. Centinaia di bambini della zona trassero i loro primi vagiti nelle sue abili mani di levatrice.

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Porta Galera e paraggi negli anni '20 e '30: tante attività economiche, ancora diversi personaggi

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