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Martedì, 16 Aprile 2024
Piacenza, una storia per volta

Piacenza, una storia per volta

A cura di Giuseppe Romagnoli

San Raimondo e l’ort d’Malciòd

San Raimondo di cui nella prima puntata abbiamo tratteggiato alcune peculiarità storiche collegate alle barriere, può essere visto anche come modello di formazione, crescita, affermazione di genuine forze sociali che fecero della strada la loro palestra di vita

Attorno vi crescevano i “vartìs”, gli asparagi selvatici; la povera Isabella, madre di Augusto Martini, capotreno della ferrovia Piacenza-Bettola, la Marietta pettinatrice, la povera Teresina sarta, me li pagavano un soldo al mazzo che spendevo dalla bottegaia all’angolo di Cantone Maddalena con viale Beverora, la signora Rosina”.

Viale Beverora era il discreto retroterra orto-botanico di San Raimondo. Quello che il candido lirismo dell’Anguissola ha consegnato ad un’ideale antologia degli affetti, dei sentimenti perduti. Ma dietro quello scenario tra poesia e cronaca, c’era tutta una folta schiera di famiglia Malchiodi Orto Beverora-2personaggi: i ragazzi del “Durè” (oggetto della prossima puntata), quelli sopravvissuti alla tragedia di due guerre che hanno ora le chiome candite come i biancospini della siepe dell’orto dei Malchiodi a primavera.

L’Ort ‘d Malciòd, un eden fruttifero da defraudare, forse più per fame, rammentavano i protagonisti, che per ghiottoneria fanciullesca. Era la condizione di tutti. La razza del “Durè” ha dei nomi precisi: I Malchiodi,gli Ziliani, i Malvezzi, i Cavatorta, i Boledi, gli Sperzagni (tra cui il giornalista e poeta Enrico), i Viani, i Campolonghi, i Mandelli, i Sidoli, i Maccagni, i federici, gli Schiavi, i Cassinari, i Pantaleoni. Era la razza dei “self made man”, di quelli che si sono fatti da soli, alla scuola della vita. Gente che di quei ricordi si cibava, vivendone il fascino immaginoso del passato, nella luce estatica della giovinezza.

Quando la Giana era Giannina e abitava in via Maddalena, sempre sotto la parrocchia di S. Giovanni (davanti alla casa di Arisi il nostro grande critico d’arte), Viale Beverora era tutt’altro viale e si chiamava Stradella. Allora da una parte all’altra del viale alto, si stendevano in basso due larghi favolosi orti: quelli dei Malchiodi appunto, sempre insidiati nei loro freschi prodotti di frutta, legumi e fiori, dalla banda dei ragazzi del Piazzale. Questo il vasto regno della Giannina e di tutti i ragazzi del Casone scomparso, anch’esso con la latteria della signora Pina.

Ma torniamo a bomba.” San Giuvàn” non può considerarsi come una sorta di appendice di viale Beverora, ma parte integrante della estesa e spaziosa contrada che all’incrocio fra via Venturini e l’attuale viale Malta (già Castello) assumeva la conformazione di una i genitori dell' arcivescovo Malchiodi-2verdissima galleria d’alberi giustificando così la primitiva qualifica di viale. A parte la questione toponomastica, di cui non ci cale più di tanto, questa fascia viaria presentava particolari articolazioni a cominciare dal tratto detto “dal signur mort” in su, snodandosi a ventaglio in Molineria S. Giovanni, Cantone Coglialegna, Cantone Asse, Cantone dei Montani.

Lo stesso ampio e sottostante sagrato della basilica gotica la cui costruzione risale attorno al primo trentennio del XIII° secolo, altro non è che lo sbocco tentacolare in Cantone Croce, legato alle vicende del nostro (e non dantesco) “bel S. Giovanni” per via di quella famosa croce in ferro battuto che fin da epoca remota campeggiava nei pressi della fiancata sinistra del tempio a segnacolo socio-religioso della comunità la quale ebbe nel popolare Oratorio il fulcro di vita formativa di cui fu primo animatore il giovane pretino don Torta per incarico avuto dal vescovo Scalabrini. Tutte zone oggetto della nostra prossima puntata.

San Raimondo e l’ort d’Malciòd

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