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Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Come evolverà il Coronavirus? Per gli esperti, ipotesi diverse

C'è però condivisione sulla "fase 2" di riapertura prudente e controllata

Per uscire dalla situazione di emergenza della Covid - 19 e passare alla fase di riapertura, scienziati e medici esperti, concordano su scelte dettate dalla prudenza e attentamente controllate. "Anche se la situazione epidemiologica mostra evidenti miglioramenti a livello nazionale, alcune Regioni stanno ancora soffrendo ed alcuni parametri  giornalieri indicano che la pandemia non è ancora risolta".

Messaggi in tale senso provengono dal professor Fabrizio Pregliasco, virologo dell'Università di Milano, dal professor Massimo Galli, Infettivologo dell'Ospedale L. Sacco di Milano e dal professor Pier Luigi Lo Palco, Epidemiologo dell'Università di Siena.

Ancora più esplicito nel richiedere attenzione sulle scelte riabilitative di fase 2 è il professor Andrea Crisanti, virologo, ricercatore dell'Università di Padova e Direttore del Laboratorio di Microbiologia e virologia dell'Azienda Sanitaria: "Occorre considerare le differenze regionali a livello epidemiologico e sociale, perchè il rischio è diverso,  per non vanificare i sacrifici degli italiani".

Più possibilista, ma sempre con equilibrio, il professor Matteo Bassetti, Infettivologo dell'Ospedale San Martino di Genova che considera non obbligatorio l'uso della mascherina, quando è chiaramente evidente il distanziamento sociale.

Il professor Giuseppe Ippolito direttore scientifico dell'Istituto per le malattie Infettive L. Spallanzani di Roma, ha invitato ad essere vigili per controllare la diffusione della pandemia ed eventualmente a mitigare gli effetti sulla popolazione, specialmente le fasce più avanzate di età che, come si è visto, sono quelle più esposte.

Molti ricercatori sono convinti che l'attività del Coronavirus Sars - CoV-2 possa rallentare per l'arrivo del caldo e perdere la carica virale a seguito del lockdown.

Il famoso virologo Luc Montagnier, premio Nobel per la medicina 2008, scopritore del virus HIV, ha previsto l'estinzione del virus per via naturale.

Per il professor Anthony Fauci, immunologo statunitense, l'infezione non si spegnerà, se non con l'intervento di un vaccino, già in fase di sperimentazione sull'uomo.

Uno studio recente della Università di Harvard sostiene che per  il virus della Covid -19  sia difficile prevedere come si comporterà, essendo nuovo, anche se, lo stesso,  condivide con la prima Sars, circa l'86% del genoma; dopo la sua diffusione in Asia nel 2003, infettò circa 8.000 persone,  provocò 750 decessi e terminò la sua corsa, lasciando spazio al Sars - 2.

Il virologo Roberto Burioni, professore dell'Università San Raffaele di Milano, ha prospettato che potrebbe succedere come nel 1955, quando il virologo statunitense Jonas Salk trovò il vaccino contro la poliomielite e la malattia fu vinta.

"Grazie al lockdown, il Coronavirus potrà spegnersi automaticamente" - ne è convinto l'immunologo Francesco La Foche, professore dell'Università Umberto I di Roma.

Alcuni scienziati sono più pessimisti e pensano ad una evoluzione simile alla influenza Spagnola, che si sviluppò in tre ondate, tra il 1918 e il 1919 e portò a quasi 100 milioni di decessi.

Il professor Davide Zella, collaboratore del professor Roberto Gallo, virologi  della Università del Maryland, a Baltimore (Usa), ha spiegato che: "Anche la Sars proveniva dai pipistrelli e le misure di contenimento funzionarono subito, ma la trasmissibilità era minore e non c'erano asintomatici e paucisintomatici (scarsi sintomi) che accrescono la possibilità di contagio, in quanto non vengono intercettati.

Teoricamente, però - ha precisato il professor Zella - come è simile  l'Rna, anche  il comportamento  del Sars - CoV - 2  potrebbe essere analogo a quello della prima Sars ed estinguersi  da solo, magari con  il caldo, perchè, diversamente  dalla  Mers - CoV (sindrome respiratoria medio-orientale) non sopporta le alte temperature.

Nei soggetti sani - prosegue il professor Zella - la risposta immunitaria contrasta la replicazione virale, ma anche quando la situazione sembra arrestarsi, il virus continua a replicare il proprio Dna o Rna nell'ospite, portando l'organismo ad una fase infiammatoria che può risultare letale. Il modo in cui il virus cerca di sopravvivere è una serie continua di mutazioni con cui tenta di sfuggire al sistema immunitario. La "polimerasi" enzima che si occupa di replicare il genoma virale è intrinsecamente portata ad introdurre degli errori nella sequenza che possono generare un virus più o meno capace di replicarsi e con caratteristiche di letalità più o meno accentuate".

Meno letale per mutazione e meno contagioso per pressione esterna, dopo una prima fase virulenta, il virus è portato ad indebolirsi, come rivela uno studio del professor Massimo Ciccozzi, epidemiologo Università "Campus Bio-Medico" di Roma e del professor Roberto Cauda, Infettivologo "Policlinico Gemelli" di Roma e altri. Questi ricercatori hanno analizzato 351 sequenze del genoma di Sars - CoV - 2, provenienti da tutto il mondo, con l'obiettivo di mappare le variazioni strutturali e i modelli di selezione ed è stata riscontrata la presenza di due mutazioni che potrebbero conferire una stabilità inferiore delle strutture proteiche del virus. "I nostri risultati - hanno dichiarato i ricercatori italiani - mostrano la presenza di mutazioni, probabilmente, sviluppate all'interno del genoma virale durante la sua diffusione, una delle quali potrebbe influenzare la sopravvivenza intracellulare del virus e modificare significativamente la patogenicità, in modo rapido e determinare una diminuzione della curva dei contagi".

TEST ANTICORPALI DI "SIERO-NEUTRALIZZAZIONE"

E' stato annunciato, recentemente, dal  noto Istituto Pasteur di Parigi, la produzione di test sierologici capaci, non solo di rilevare la presenza degli anticorpi sviluppati contro il coronavirus, ma anche il grado di immunità dei singoli individui. I Ricercatori hanno messo a punto un test di "siero- neutralizzazione" che rileva gli anticorpi, ma soprattutto misura la capacità di  inibire l'entrata del virus nella cellula. "Questo test - ha spiegato il virologo Pierre Charneau, Direttore del Laboratorio di virologia e di vaccinazione molecolare dell'Istituto Pasteur e fondatore della Azienda Thera Vectys - è in grado di riconoscere tre gradi di difesa immunitaria: "fortemente neutralizzante" "debole" e "non neutralizzante". Uno dei difetti dei test sierologici, attualmente in uso, è la possibilità di dare esiti "falsi positivi", ma nella pratica di migliaia, al momento, non abbiamo avuto un falso positivo ed il tasso di errore è molto debole". Il test attende il via libera della Haute  Autoritè de Santè, organismo che vigila sulla  commercializzazione dei prodotti in campo sanitario. Lo strumento è il primo che consente di misurare l'efficacia delle difese immunitarie e potrebbe dare un contributo per lo sviluppo di esami diagnostici e terapie.

Come evolverà il Coronavirus? Per gli esperti, ipotesi diverse

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