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Venerdì, 19 Aprile 2024
Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

L'irraggiamento solare utile nella prevenzione del Covid-19

Esperimenti positivi di Immunologi e Astrofisici della Università degli Studi di Milano. All'aumentare dell'irraggiamento solare diminuisce il numero di nuovi contagi

Esperimenti di Immunologi e Astrofisici della Università degli Studi di Milano hanno permesso di dimostrare che l'irraggiamento solare ha la capacità di neutralizzare il coronavirus nelle goccioline di saliva, i cosiddetti droplets che diffondono il contagio.

Ai due studi, pubblicati in preprint sull'archivio internazionale medrxiv, nella sezione dedicata alla Covid 19, se ne sta aggiungendo un terzo e tutti sono frutto del lavoro di ricercatori dell'IRCCS Fondazione Don Gnocchi di Milano, dell'Università degli studi di Milano, dell'Istituto Nazionale di Astrofisica e dell'Istituto Nazionale dei Tumori. "Il Sole invia sulla Terra i fotoni sotto tre lunghezze d'onda di raggi ultravioletti: Uv-A, Uv-B, Uv-C. - ha spiegato il professor Mario Clerici, docente di Immunologia all'Università di Milano e Direttore scientifico del Presidio IRCCS Fondazione Don Gnocchi. Gli Uv - C sono bloccati dall'ozono nell'atmosfera e non arrivano sulla Terra. Vengono usati, per esempio, dalle lampade per la igienizzazione degli acquari perché è noto il loro potere sterilizzante su virus e batteri.

Ci siamo chiesti, quindi - ha proseguito il professore - se gli ultravioletti C fossero stati capaci di inattivare il virus Sars- CoV -2 nelle goccioline di saliva che trasmettono il contagio. L'esperimento adottato è consistito nel far crescere il virus e diffonderlo in goccioline acquee in sospensione, poi esposte a diverse dosi di Uv-C.

L'esito è stato positivo: abbiamo riscontrato che basta una tenue dose di  Uv-C, pari a 3,4 millijoule per centimetro quadrato, per inattivare completamente il virus, anche alle dosi più alte. Basta una esposizione minore di quella irraggiata dalle lampade usate per disinfettare gli acquari. E' la prima dimostrazione che i raggi ultravioletti funzionano e che la quantità che serve è minima. Poi abbiamo ripetuto l'esperimento con gli Uv-A e gli Uv -B che invece raggiungono la Terra ed il risultato è stato lo stesso. Questo potrebbe giustificare il fatto che la pandemia adesso appare più controllata nei Paesi del nostro emisfero, mentre sta crescendo in quello australe (per esempio il Brasile) che sta andando incontro all'inverno. 

Il confronto è avvenuto tra i dati dell'irraggiamento solare in 246 Paesi del mondo, tra il 15 gennaio ed il 30 maggio, raccolti dalla Agenzia Temis e quelli della prevalenza di infezione da Sars - CoV-2 diffusi dalla Organizzazione Mondiale della Sanità. Si è visto che c'è una relazione quasi perfetta tra i due dati: all'aumentare dell'irraggiamento solare, diminuisce il  numero di nuovi contagi. Ovviamente, importanti ad incidere sono le misure di contenimento adottate (distanziamento fisico, mascherine etc.), ma gli astrofisici hanno rilevato che il fattore che fa veramente la differenza è la quantità di raggi solari che arrivano sulla Terra.

Sul futuro - ha puntualizzato il professor Clerici - non siamo in grado di dire se il virus tornerà o meno. La SARS -1 è scomparsa, mentre la MERS è rimasta, perciò è possibile che in autunno aumentino i casi, ma siamo preparati ad affrontare eventuali  contagi. 

Un confronto con l'influenza: ogni anno, il virus influenzale, che ha un genoma a RNA, subisce una mutazione genetica minima, che non consente una immunizzazione permanente. Una nostra terza ricerca, in via di pubblicazione, rileva che negli ultimi 120 anni l'andamento epidemico della influenza è inversamente proporzionale all'irraggiamento solare".

L'irraggiamento solare utile nella prevenzione del Covid-19

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