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Salute e medicina on line

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A cura di dottoressa Rosanna Cesena

Le epidemie sono sempre esistite e hanno lasciato una scia di decessi

Nella storia, le epidemie sono sempre esistite, e in epoche in cui la medicina non disponeva delle risorse attuali, sono state devastanti.  Oggi, il rischio maggiore di incorrere in una pandemia è dovuto alle connessioni tra i continenti, la cosiddetta globalizzazione. Nella attuale Covid - 19 per impedire i contagi, servono le regole semplicissime che ben conosciamo: evitare luoghi chiusi sovraffollati, raccomandato il distanziamento sociale, le mascherine che proteggono il naso e la bocca dal droplets, lavarsi spesso le mani e l'igiene degli ambienti. Misure che dovranno essere osservate scrupolosamente sino al termine della pandemia, non ancora risolta. A queste si aggiunge "quarantena" basata sulla fiducia che le persone rispettino l'invito a stare a casa, sia perché contagiate o sospette; è uno strumento  efficace e necessario che la medicina ha utilizzato spesso per combattere la diffusione dei virus.

LE PANDEMIE DEL PASSATO

Il vaiolo si ritiene sia emerso nella popolazione umana nel II millennio a.C. e la prova fisica si può far risalire al rash pustoloso rilevato sulla mummia del faraone Ramses V.

Il "vaccino" deve il nome ai primi esperimenti che furono compiuti alla fine del XVIII secolo per contenere la diffusione del vaiolo. Il medico inglese Edward Jenner, notava che le persone che venivano a contatto con le mucche erano colpite dalla malattia in forma leggera. La variante diffusa tra i bovini "il vaiolo vaccino" garantiva una forma di immunità naturale che si poteva ottenere inoculando negli esseri umani piccole dosi di materiale infetto preso dalle mucche e così il vaiolo cominciò ad essere sconfitto.

La vaccinazione antivaiolosa costituita da virus vivo attenuato, garantisce una elevata immunità contro il vaiolo per 3 - 5 anni, dopo il livello di protezione diminuisce. Si è provata l'efficacia nel prevenire l'infezione da vaiolo del 95% delle persone vaccinate.

Il virus del vaiolo si trasmette per via aerea mediante l'inalazione di goccioline contenenti particelle del virus, i virioni, da una persona all'altra, soprattutto per contatto diretto, ma anche con oggetti contaminati.

Si localizza a livello della piccola circolazione della cute, del cavo orale e della faringe; a livello cutaneo si manifesta con una eruzione maculo papulare e successivamente con vescicole sollevate ripiene di liquido. Le forme gravi sono caratterizzate da una letalità del 30-35%. Le complicanze a lungo termine includono cicatrici, soprattutto al volto, nel 65-85% di coloro che sopravvivono e sono anche responsabili di 1/3 di tutti i casi di cecità. Il vaiolo fu la causa di 300-500 milioni di decessi durante il XX secolo. Dopo una importante campagna di vaccinazione tra il 1957-1977, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato, nel 1979 la malattia eradicata.

LA PESTE. L'agente eziologico della peste è il bacillo Yersinia pestis che viene trasmesso dai ratti all'uomo attraverso le pulci. Il microrganismo, penetrato attraverso la cute, raggiunge i linfonodi ingrossandoli e causando i caratteristici "bubboni", riuscendo a raggiungere talvolta i polmoni dando origine a forme ancora più letali. Detta la peste o "morte nera", per molti secoli è stata la più pericolosa malattia infettiva contagiosa. Omero ne parla nell'Iliade, nel V secolo a.C. quando la peste devastò Atene. Quando la pestilenza arrivò a Roma nel 590, la tradizione vuole che venne fermata grazie ad una processione penitenziale voluta da Papa Gregorio Magno. A Milano tra il 1566 e il 1567 e di nuovo nel 1630, l'epidemia fu descritta da Alessandro Manzoni ne "I Promessi Sposi". A Marsiglia, in Francia, si manifestò per l'ultima volta nel 1720, due secoli fa.

L'ondata peggiore della peste si verificava verso la fine del Medioevo, intorno al 1347 ed il 1352 ed uccise un terzo della popolazione europea. La "morte nera" come fu chiamata all'epoca, causò circa 20 milioni di vittime e portò alla decisione della "quarantena" (contumacia); quando la malattia arrivò a Venezia, le Autorità sanitarie si resero conto di come si trasmetteva il contagio e decisero che i passeggeri in arrivo con le navi potevano sbarcare solo dopo 40 giorni. Cinque secoli più tardi, venne scoperta la sua origine animale e il collegamento con i ratti che durante il Medioevo convivevano nelle grandi città con le persone e si spostavano con gli stessi mezzi di trasporto, le navi, portando con sé l'infezione.

IL COLERA si manifesta con una grave tossinfezione dell'intestino tenue, il cui sintomo classico è la diarrea profusa, spesso complicata da acidosi, ipokaliemia, crampi muscolari e vomito. La diarrea  può essere così grave da portare a morte il paziente in poche ore per disidratazione e squilibrio elettrolitico. Fattori di rischio per la malattia comprendono scarse misure igieniche ed una insufficiente disponibilità di acqua potabile. Alcune descrizioni storiche del colera si trovano già a partire dal V secolo a.C. Nei primi decenni del XIX secolo, la malattia si verificò in modo imponente in Europa, non sapendo come avvenisse il contagio. Molti medici erano convinti che la malattia circolasse nell'aria, ma il medico inglese John Snow, studiando la mappa dei quartieri di Londra più interessati dalla epidemia, scoprì che si ammalavano più di frequente le persone che attingevano a determinate fontane pubbliche. Ancora oggi diffusa, ma con conseguenze meno drammatiche che in passato, colpisce da 3 a 5 milioni di persone in tutto il mondo e nel 2010 aveva causato circa 130.000 decessi. I bambini sono più soggetti a contrarre l'infezione. Le aree che hanno un rischio permanente di malattia sono l'Africa e l'Asia sud-orientale. La mortalità può arrivare al 50% in alcuni gruppi che non hanno accesso alle cure e all'acqua potabile. Il batterio è stato identificato nel 1854 dall'anatomista italiano Filippo Pacini e studiato dettagliatamente nel 1884 dal medico tedesco Robert Koch e le ricerche portarono alla scoperta dell'agente eziologico: il vibrione colerico (o bacillo a virgola).

LA SPAGNOLA. La fotografia, conservata nell’archivio Giampietro Comolli, risale al 1920, circa.  Ritrae una o più famiglie piacentine con il volto protetto dalla mascherina, a difesa dell’epidemia di influenza "Spagnola". Questa forma, particolarmente aggressiva, si calcola abbia provocato 50 milioni di vittime in tutto il mondo. In Italia, la febbre spagnola arrivò nel 1920 ed i morti furono circa 650.000, cifra altissima per un Paese già in guerra. La Spagna fu la nazione a rendere pubblica la notizia da qui il nome della epidemia. Gli studiosi sono certi che fosse la variante di una influenza aviaria, ossia presente negli uccelli e contagiosa per l'uomo, le cui origini, si ipotizza arrivino dall'Asia. Ancora oggi parlare della Spagnola suscita l'immagine di una tragedia che ha attraversato il mondo intero. Come una guerra che in poco tempo arrivò a contagiare un miliardo di persone. Dopo aver colpito duramente gli Stati Uniti ed il resto dell'Europa, arriva in Italia nel Settembre 1918. Il tasso di mortalità porta a ritenere che tra il 10 e 20% dei contagiati non sia sopravvissuto. Tra i primi ad essere colpiti  furono i soldati americani che partivano per i campi di battaglia europei. Le cattive condizioni igieniche, il sovraffollamento degli accampamenti e le scarse conoscenze sulla trasmissione aumentarono le possibilità di contagio. La mortalità poteva arrivare fino al 70%, in maggioranza persone giovani e si pensa che il loro organismo reagisse in modo violento alla infezione che di norma si sviluppava a partire dai polmoni e si trasmetteva attraverso starnuti e colpi di tosse. Venivano usati rimedi tradizionali, tra i quali l'aspirina. La Spagnola viene ricordata come la più grave pandemia di cui sia stata vittima l'umanità. Sicuramente, la Spagnola rese più debole e più povera l'intera Europa.

L'INFLUENZA ASIATICA si verificò per la prima volta ad Yunnan in Cina, il virus influenzale A (H2N2), di origine aviaria è comparso nel 1957.  In meno di un anno, la malattia si diffuse in tutto il mondo, causando un milione di morti. 

L'INFLUENZA DI HONG KONG appare in Asia, una variazione del virus influenzale A (H3N2). Fu registrata in questa città nel 1968 e si diffuse negli Stati Uniti. Era una influenza aviaria.

Le stime sulla perdita di vite umane sono più di un milione di persone. La malattia fu portata in occidente dai soldati che combattevano in Vietnam, tra il 1968 e il 1970.  In Italia, la H3N2 soprannominata "influenza spaziale" (in omaggio ai viaggi sulla Luna), ha colpito 13 milioni  di persone e causato  circa 20.000 decessi, Milano la città più colpita.

La pandemia si verificò in due ondate e nella maggior parte dei Paesi colpiti  dalla seconda fase, causò un numero maggiore di decessi. Non vennero adottate  misure di quarantena.

Secondo gli scienziati, il motivo principale per cui la Cina, con tutto il resto del Sud Est Asiatico è un luogo  particolarmente favorevole ai virus, è lo stretto  contatto  tra uomo e animali e la commistione  tra animali domestici e selvatici.  

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