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Esse come sicurezza

Esse come sicurezza

A cura di Siap (Sindacato italiano appartenenti polizia) di Piacenza

Le piaghe di un lavoro dedito ai bisogni degli altri

In questi giorni, in occasione del processo che si sta svolgendo sul cosiddetto "Delitto del Trolley", si sono narrati i fatti avvenuti attraverso i protagonisti che hanno partecipato e hanno contribuito alla svolta delle indagini. Su tutti, l’equipaggio delle Volanti composto dagli agenti Stasi e Capicciola. A noi del Siap, oltre a difendere chi veramente ha i meriti e contro eventuali protagonismi inutili e a volte raccapriccianti, viene da riflettere su alcune questioni di assoluta importanza, già da tempo evidenziate e che - visto finalmente l’avvio delle nuove direttive sulla valutazione rischio stress - riteniamo vadano risollevate con la speranza che si possa riflettere e agire.

Ci chiediamo se l’amministrazione, tanto attenta a talune inutili pratiche del comprimere l’essere umano, pericolose anche nei confronti dei cittadini qualora l’operatore di polizia, per imitazione, assuma gli stessi atteggiamenti che subisce nel suo interno lavorativo, abbia pensato e pensi, in occasioni del genere, attraverso i propri dirigenti a volte solo attenti ai comunicati stampa dove apparire anche quando sono assenti, se tutti coloro che hanno partecipato ad azioni del genere, che hanno vissuto o visto scene disumane e vissuto le sofferenze che comportano le violenze delle donne e dei bambini, gli incidenti mortali, la disperazione e chi ne ha più ne metta, da sommare a tutto quello che viviamo quotidianamente attraverso quello che la vita ogni giorno ci riserva, si degni di chiedersi se questi colleghi, questi esseri umani, hanno bisogno che qualcuno li aiuti a sopportare ciò che queste ferite comportano.  

Già prima della presa di coscienza delle nuove esigenze di “rasserenazione” della collettività, l’operatore della sicurezza subiva le caratteristiche di un’attività sovraccaricata di variabili, che oscure resistenze non riconoscono con decisione usurante. Al poliziotto, al carabiniere al finanziere si chiede di essere caldo e accogliente ma anche duro e affilato, si chiede di essere testimone dell'omicidio di un bambino, esposizione alle sofferenze umane, depravazione e brutture dell'umanità, e ci si aspetta che non sia psicologicamente influenzato senza avere davvero a disposizione un psicologo negli uffici di Polizia, si chiede di percorrere le montagne russe di un lavoro pieno di situazioni di emergenza, di rispettare orari di lavoro irregolari. Si chiede di svolgere un’indispensabile opera sopportando le preoccupazioni per malattie, che potenzialmente possono essere contratte per motivi di servizio, e l’incertezza economica dovuta ad una pessima politica che ha sempre più inciso negativamente su chi già da sempre è malpagato ma che a rischio della sua serenità personale e famigliare continua il suo lavoro pensando più al prossimo che a se stesso.

Bisognerà prestare maggiore sensibilità a questo concentrato di “fattori stressanti” e di “incidenti critici”  che accompagnano tutto il corso della vita professionale di un operatore di polizia.  E per fare ciò non solo ci vogliono regole certe, ma si necessita sempre più di sanzioni a chi queste norme contrattuali le viola spensieratamente grazie a sistemi che vanno sempre a vantaggio dei forti e a svantaggio dei deboli sempre più sacrificati da logiche antidemocratiche. Ma soprattutto, atteso che i reati sono sempre più efferati e violenti e le condizioni lavorative sempre più pessime, è ora che si pensi seriamente ad un psicologo in ogni ufficio di Polizia che valuti e osservi in modo indipendente e senza influenze gerarchie ciò che si consuma nei nostri uffici attraverso le gestioni e le insidie lavorative.

Le piaghe di un lavoro dedito ai bisogni degli altri

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