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Cronaca Vigolzone

Addio all'artista e scultore Paolo Perotti, Antonino d’oro nel 2010

Scomparso il noto artista che ha arricchito d’arte tante chiese, ma che preferiva non firmare le sue opere. I funerali avranno luogo giovedì alle 11 nella basilica di Sant’Antonino

E’ deceduto lo scultore piacentino Paolo Perotti, autore di innumerevoli lavori importanti collocati nelle chiese di Piacenza, in Provincia e in altre numerose città italiane e straniere. Ha eseguito molti monumenti di pubblico dominio, fra cui quello di Cristoforo Colombo a Los Angeles. Per anni è stato anche fattivo collaboratore degli organismi diocesani che operano nell'ambito dell'arte sacra. I funerali avranno luogo giovedì alle 11 nella basilica di Sant’Antonino. Mercoledì nella parrocchiale di Vigolzone alle 20,30 la recita del Santo Rosario.

I Canonici del Capitolo della Basilica di Sant'Antonino gli avevano conferito l’Antonino d'oro 2010, il riconoscimento istituito nel 1986 e attribuito a personalità laiche o religiose che si sono distinte in vari ambiti: da quello religioso a quello artistico, scientifico, culturale e educativo.  Gli organizzatori del premio, pur conoscendo la ritrosia di Paolo Perotti a mettersi  in mostra, avevano valutato opportuno chiedere allo scultore di accettare tale onorificenza, come doveroso tributo alla sua persona e alla sua opera artistica.

Nelle motivazioni del riconoscimento si legge “Vive con mitezza, passione, genio e coerenza il suo percorso umano e artistico. Con la scultura ha saputo e continua tuttora con singolare creatività, a evocare il mistero della fede, coniugando il linguaggio dell'arte contemporanea, spesso ostico e duro agli occhi dei non iniziati, e le esigenze di rinnovamento di una Chiesa impegnata nella lettura dei segni dei tempi.

Paolo Perotti era nato a Piacenza nel 1928. Dopo aver frequentato l'Istituto Gazzola (1940-1946) e l'Istituto d'Arte Toschi di Parma (1943-1946), dove ha conseguito il diploma di decorazione, è stato allievo di Marino Marini (1947-1952) all'Accademia di Brera, a Milano. Ha partecipato per invito a importanti rassegne, come la Biennale d'Arte Sacra di Bologna, la Quadriennale di Roma, la Biennale Internazionale di Scultura Contemporanea di Anversa. Tra le affermazioni più significative il «Primo Premio di scultura» alla Mostra Nazionale d'Arte Giovanile di Roma nel 1958. Si è presentato con mostre personali a Piacenza e Milano e in collettive anche a Torino, Roma, Parma e Cremona.

Addio allo scultore Paolo Perotti ©Oreste Grana/IlPiacenza

UNA SUA TESTIMONIANZA

Figlio d’arte, dall’anno 2000 si era trasferito a Vigolzone dove in una intervista ci aveva raccontato di suo padre Giuseppe che nelle sue sculture guardava ai greci ed ai romani ed usava esclusivamente marmo o bronzo. “Io mi sono divertito a sperimentare diversi materiali, in particolare il legno. Mi è sempre piaciuto disegnare. Non avevo ancora finito la quinta elementare, ma ero già iscritto al primo anno dell'Istituto Gazzola. I miei genitori, vista la passione, mi mandarono  studiare a Parma: al Toschi. Mi piaceva molto. Basti pensare che, negli anni di guerra, andavo in bicicletta a dare gli esami. Poi l'Accademia di Brera ed il passaggio di testimone della ditta di papà a me e a mio fratello Francesco, più giovane, che nella sostanza ha compiuto i miei stessi studi. Francesco era molto bravo e innovativo. In Santa Brigida a Piacenza abbiamo fatto insieme l'altare e il Fonte Battesimale una delle prime opere in stile neoromanico, ma la sua passione artistica è stata compressa dal lavoro commerciale e amministrativo della ditta. Io ho così potuto dedicarmi completamente alla scultura. Ho lavorato in collaborazione con architetti, ma i disegni erano miei. Così risolvevo i progetti a favore della scultura. Nelle vecchie chiese è difficile inserire un pezzo moderno, ma se è una scultura funziona. L'importante è che sia bella. Certo, non ho sempre fatto cose interessanti; sono consapevole di aver prodotto anche opere minori, ma ciò è dovuto alla fretta ed ai mezzi del committente. Alcune cose quindi non mi soddisfano, ma in generale sono contento. Trovo azzeccate, tra le altre, le soluzioni adottate in San Sepolcro e in San Sisto. Le chiese moderne, invece, le ho fatte quasi tutte io: Nostra Signora di Lourdes, Preziosissimo Sangue, San Corrado; un pensiero lo riservo anche per l’angelo san Raffaele che svetta sul monte Crociglia in Alta Val Nure”.

LE OPERE NELLA CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DI LOURDES

Abbiamo una sua seconda testimonianza sulle opere nella chiesa di Nostra Signora di Lourdes dove, ha scritto Fausto Fiorentini, “Perotti si era trovato di fronte ad un contesto diametralmente opposto a quello in cui solitamente aveva operato: normalmente la priorità del suo intervento era volta a non alterare o disturbare l’antica bellezza esistente, qui al contrario, si era trovato in una struttura spoglia, segnata da volumi eccessivi”. Perotti ci aveva confidato di avere avuto molta libertà di azione, ma questo non significava l’assenza della committenza. In questa chiesa lo scultore ha maturato un progetto nel quale il filo conduttore del ciclo scultoreo che andava a realizzare doveva essere la vita di Cristo; ne ha illustrate le linee essenziali, poi si è mosso sul piano operativo lavorando sulle proporzioni, sull’equilibrio dei volumi negli spazi. Circa la scelta del materiale, la commissione della Diocesi avrebbe preferito il marmo perché più solenne, ma Perotti insistette per il legno “per non aggiungere altra pietra; legno però molto vecchio perché non si muove più e poi i segni del tempo hanno un fascino tutto particolare”. La prima opera è stata il grande crocifisso dell’abside. E’ in legno di olmo, misura cm 280x250. “Il mio Cristo, sottolinea Perotti, anche se in croce è vivo, perchè dobbiamo sentirne la presenza”.

Il ciclo scultoreo prosegue con il tabernacolo il cui nucleo centrale è costituito da un cesto con il pane dell’Eucaristia. Un’immagine segnata da una forza centrifuga in cui il colore oro richiama il sole, fonte di luce. All’altare maggiore è sintetizzata la vita di Gesù Cristo dalla nascita alla resurrezione: al centro la Madonna e la discesa dello Spirito Santo, sopra gli apostoli riuniti nel cenacolo. A destra dell’area presbiterale, il fonte battesimale con incise le acque in cui nuotano i pesci, e sulla sinistra la colomba, simbolo dello Spirito Santo. Poi l’Ambone con al centro un lettore davanti al Libro; ai lati l’assemblea dei fedeli il portacero pasquale derivato da un albero di ulivo con due rami, uno troncato ed uno germinato, rappresentanti la morte e la rinascita. Sulle pareti laterali della chiesa la Via Crucis, realizzata nel 1989: sei pannelli oltre a quello dedicato alla Resurrezione, bassorilievi che uniscono, come in una serie di fotogrammi, gli eventi narrati dai Vangeli. Da ultimo i due confessionali realizzati nel 1992 con pannelli dalle figure in bassorilievo. Quello di destra ha scolpito il sacrificio di Isacco, il figliol prodigo, la Crocifissione il pastore con le pecorelle; in quello di sinistra campeggia l’Agnello pasquale.

Rispondendo alla domanda “Perché firma raramente le opere?”. “Lo faccio quando lo chiede il committente, ma in genere la firma mi sembra quasi un atto di superbia. Il mio maestro mi diceva che, quando l’arte è vera, è universale, non è più nemmeno dello stesso autore. E poi gli antichi non firmavano. Inoltre, l’anonimato, aumenta il mistero”.

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