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Le ferite sono ancora aperte: la sicurezza del territorio deve rimanere una priorità

Fa effetto ritornare a parlare dell’alluvione del 2015 dopo un’estate così arida di piogge. L’acqua in questi mesi è sparita dai fiumi e dai torrenti del Piacentino. Eppure quel giorno l'acqua portò morte e distruzione

Fa effetto ritornare a parlare dell’alluvione del 2015 dopo un’estate così arida di piogge. L’acqua in questi mesi è sparita dai fiumi e dai torrenti del Piacentino. Gli agricoltori l’hanno invocata e reclamata, i cittadini l’hanno dovuta utilizzare solo in certi orari della giornata. Eppure quel giorno di due anni fa l’acqua portò dolore, distrusse case, trascinò via oggetti e, soprattutto, causò la morte. Quell’acqua, nella notte del 14 settembre, mise infatti fine alla vita di Luigi Albertelli, Filippo e Luigi Agnelli. Tre valnuresi inghiottiti dalla furia del torrente Nure.

Ci ha ripensato quanto successo a Livorno a riportare al centro dell’agenda pubblica del Paese – per qualche giorno, poi si tornerà a parlare delle leadership di centrosinistra, centrodestra e Movimento 5 Stelle alle prossime Elezioni Politiche – temi come il clima e il dissesto idrogeologico del territorio. L’alluvione di due anni fa ci ha insegnato tanto. Piacenza si è dotata di rapidi sistemi di allerta della popolazione (quel 14 settembre a valle nessuno sapeva di quanto stava succedendo a monte) e ha accelerato le comunicazioni tra enti (che prima si parlavano soprattutto per fax e poste certificate). Sul territorio sono arrivati tanti milioni di euro per tamponare le situazioni difficili.

Rimane però da capire perché si tende a non investire sulla prevenzione. Come ha fatto notare “La Repubblica”, i soldi per mettere mano all’Italia che si allaga, frana e uccide, ci sono. E quindi ci sono anche per la zona sicuramente più in difficoltà della penisola: l’Appennino, il nostro Appennino, dimenticato dalla politica e vittima di continue frane. In teoria, secondo il piano “Italiasicura” del 2014 avremmo a disposizione 7,7 miliardi di euro da utilizzare entro il 2023 per sistemare argini e creare casse di espansione. Si può anche investire nella propria sicurezza prevenendo i problemi, senza dover "tirare su" un orrendo muro alto cinque metri per proteggere un bellissimo paese come Farini. Peccato che di questi 7,7 miliardi ne siano stati sfruttati solamente 114,4 milioni di euro: poco più dell’un per cento.

A Livorno il bilancio umano è stato anche più grave (quasi come l'uragano "Irma" negli Stati Uniti, il che dovrebbe far riflettere) stando alla conta delle vittime. Il rimpallo delle responsabilità è ovviamente già in corso. L'allerta meteo era solamente "arancione", così come si sono verificati problemi di previsione della consistenza delle piogge e dei rischi nelle ore precedenti a quel maledetto 14 settembre piacentino. Alle redazioni dei giornali (e, ovviamenti agli enti locali) ora si ricevono decine di “allerte meteo” al mese dalla protezione civile. Qualcosa che ancora non funziona c'è: le segnalazioni si assomigliano un po' tutte. Poi piene improvvise non annunciate devastano intere vallate. Il monitoraggio è da perfezionare. Ma non dimentichiamoci soprattutto di curare il nostro territorio e di non sottovalutare la natura. La sua spropositata forza, unita all'impreparazione e alle mancanze dell'uomo, due anni fa - proprio in queste ore - causarono tanto dolore. E le ferite sono ancora aperte. 

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