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Giovedì, 25 Aprile 2024
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Processo Grilli, sette ore di udienza. Si va verso la sentenza

Lungo dibattimento in aula davanti al collegio. Hanno parlato in tanti come testimoni tra cui cinque giudici di pace, il comandante della polizia municipale, ispettori e agenti

Il processo potrebbe terminare il 12 luglio, quando ci sarà la requisitoria del pm Antonio Colonna, l’arringa del difensore Domenico Chindamo e, forse, la sentenza del collegio dei giudici presieduto da Italo Ghitti, a latere Maurizio Boselli ed Elena Stoppini. Oggi 5 giugno, in sette ore di udienza, sono stati sentiti moltissimi testimoni, tra cui cinque giudici di pace, il comandante della polizia municipale, ispettori e agenti.

E’ stata l’ultima udienza del processo che vede imputata Carla Grilli, vice comandante della Polizia municipale (tuttora in aspettativa) per alcuni reati di falso. Secondo la procura, Grilli avrebbe favorito l’accoglimento di alcuni ricorsi, contro le multe, al Giudice di pace.

Se la polizia municipale ha sostenuto di nuovo l’esistenza di due differenti giudizi sui contenziosi presentati da Grilli (nel verbale depositato al Comando un ricorso veniva dichiarato inammissibile, mentre al Giudice di pace diventava potenzialmente accoglibile), la difesa ha potuto beneficiare delle dichiarazioni che descrivevano il caos nel deposito cartaceo di via Farnesiana, dove era difficile rintracciare alcuni documenti. E la difesa ha anche sollevato dubbi sull’esistenza dei requisiti sulla nota di autotutela avanzati da Elsa Boemi.

«Inoltre - ha affermato Chindamo - non si capisce chi abbia materialmente redatto e portato la corposa nota sull’indagine svolta dalla stessa polizia municipale». Boemi ha detto di no e l’ispettore sentito, Bartolomeo Gulieri, ha detto di essere stato solo un estensore.  L’indagine era nata da una costola sui falsi permessi agli invalidi. Indagando sui verbali erano emerse anomalie che aveva portato gli inquirenti a sospettare di Carla Grilli e di alcuni ricorsi, risalenti al 2005-2006, persi davanti al Giudice di pace. 

IL COMANDANTE. La mattinata è stata dedicata a Boemi e Gulieri. Tra il 2006 e il 2009, ha chiarito Boemi, sono stati presentati circa 6500 ricorsi, tra prefettura (il 40 per cento) e Giudice di Pace (circa il 30). L’ispettore Daniele Mingardi, tra gli altri, ha sostenuto che le vittorie del Comune, secondo una statistica interna, arrivavano al 95%. Boemi ha raccontato, rispondendo al pm Colonna, di come Zucconi (passato dalla civica Per Piacenza con Reggi prima a Piacenza Tutta) abbia chiesto un incontro per sapere qualcosa sull’indagine in corso.

Zucconi, secondo Boemi, era amico di Grilli e sapeva che lei era preoccupata per l’indagine sui vecchi ricorsi. Tempestata di domande dall’avvocato Chindamo, la comandante ha affermato di essere a conoscenza delle verifiche su Grilli, ma di non aver mai visto gli atti né di essere intervenuta né di aver mai agito sui ricorsi.

Anche le “famose” costituzioni redatte da Grilli erano sconosciute a Boemi che ha ricordato di averne viste solo due.Gulieri, invece, ha svolto l’indagine analizzando i vecchi verbali e confrontando le copie depositate al Comando e al Giudice di pace. «Le costituzioni in giudizio - ha risposto l’ispettore - erano uguali, tranne che nel finale: nella copia al Comando il ricorso era dato per inammissibile, quello al Giudice di pace invece poteva essere accolto».

In una dura “schermaglia” tra pm, difesa e giudice Ghitti - più volte intervenuto prendendo in mano le redini del dbattimento - son stati analizzati I ricorsi nel dettaglio: dalle copie da presentare, alle motivazioni, ai timbri messi al Giudice di pace, al modo in cui si formavano i fascicoli dei vari ricorsi. In un episodio, è stato evidenziato come un ricorso fosse stato accolto perché mancavano quattro notifiche. In altri casi, invece, venivano accolti ricorsi per l’ingresso nella Ztl.

Il proprietario dell’auto aveva il permesso, ma era scaduto. Lui, dal Giudice, però, dichiarava di averlo e vinceva il ricorso, arrivando a pagare solo le spese di notifica e non la sanzione. E le udienze davanti alle toghe di Roma sono state ricordate con le testimonianze degli stessi 5 giudici sentiti: l’ex coordinatore Luigi Cutaia, il nuovo Stefano Cilli, Lidja Bruno, Angelo Santacroce e Riccardo Lignola.

I GIUDICI DI PACE. I giudici di pace hanno detto che nelle udienze ci si fidava sui funzionari pubblici (se mancava una notifica o se una multa era stata pagata), ma se la prova mancava, allora veniva chiesta. E il pm Colonna ha chiesto a tutti se avessero avuto contatti con Grlli. Unanime la risposta: ci ha contattati per dirci che saremmo stati chiamati a testimoniare al processo.In genere, secondo i Giudici di pace, se c’erano casi dubbi si propendeva per dare ragione al cittadino ma solo nel merito.

In caso di una cartella esattoriale, le toghe hanno detto che l’unico caso per contestare l’opposizione era la mancanza di notifica.Una mancanza che spesso era dovuta al caos del sistema del Comune negli anni precedenti. Come spiegato anche dagli stessi vigili era difficile recuperare vecchi documenti negli scatoloni ammassati in via Farnesiana, oppure dire a un cittadino se aveva pagato o meno una multa (molti hanno portato la ricevuta delle poste, ma altri non hanno più trovato le ricevute rendendo così complesse le udienze). In un caso, il giudice Santacroce, ha ricordato di aver verbalizzato che il cittadino aveva mostrato una ricevuta anche se il pezzo di carta non si trovava: “Se l’ho scritto vuol dire che l’ho visto” ha risposto il giudice di pace.

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